Come molti di voi sapranno, qualche giorno fa Rockstar Games è stata oggetto di un attacco hacker, talmente dirompente da arrivare ad accedere ai dati meglio protetti: tra essi, quelli inerenti allo sviluppo di GTA VI. Decine di file, tra video e immagini, sono stati spiattellati un po' ovunque, dai forum ai siti d'informazione videoludica, con la concreta possibilità che altri sarebbero seguiti.
Stando alle informazioni trapelate nelle ore successive, infatti, il gruppo di hacker responsabile dell'attacco si sarebbe messo in contatto con Rockstar e avrebbe chiesto un riscatto, per evitare che ulteriore materiale fosse dato in pasto a stampa e giocatori. Evidentemente il team di sviluppo deve aver risposto picche, perché non solo non ci sono stati ulteriori leak, ma è seguito l'arresto, a Londra, di un diciassettene, tra i principali sospettati dell'operazione. Notizia delle ultime ore, altri ulteriori fermi sarebbero in arrivo.
A operare l'attacco sarebbe stato il gruppo di hacker noto con il nome di Lapsus$. Fosse confermato, quella a opera di Rockstar sarebbe solo l'ultima di una lunga serie di operazioni attraverso le quali membri del gruppo hanno avuto accesso ai dati sensibili di aziende operanti nel settore tecnologico. Microsoft, Cisco, Samsung, Nvidia, Okta, Uber e altre ancora sono già state oggetto di attacchi analoghi, volti a creare un profitto illegale per i loro autori, sulle cui tracce si sono messi l'FBI e il Dipartimento di Giustizia americano. La caccia è globale: a marzo 2022, sempre nel Regno Unito, sono stati arrestati sette hacker, presumibilmente appartenenti a Lapsus$: non è chiaro se tra di loro ci fosse anche uno particolarmente popolare tra i colleghi, perché capace di ammassare grazie a furti di dati e ricatti qualcosa come 14 milioni di dollari.
Simili cifre sono la risposta immediata a una semplicissima domanda: “perché gli hacker prendono di mira le grandi compagnie tecnologiche?” Nonostante, come al solito, qualche cretino da tastiera si sia immediatamente precipitato di fronte al proprio PC per scrivere nefandezze come “Rockstar se lo merita, così impara ad aspettare così tanto per svelare GTA VI” l'obiettivo degli hacker non è la condivisione dei segreti dietro uno dei giochi più attesi di sempre; non si tratta propriamente di paladini dell'arte e della cultura, che vogliono rendere accessibile ciò che è secretato, ma di criminali, che agiscono per un preciso tornaconto personale: quello economico. Sembrerà anche superfluo ribadirlo, ma di esternazioni come quella appena citata se ne sono lette, ennesima dimostrazione di come una delle parti più rumorose dell'utenza videoludica sia composta prevalentemente da emeriti imbecilli.
Sgombrato necessariamente il campo da questo equivoco, fermiamoci un attimo a riflettere riguardo il valore di questo leak, effettivamente a un primo impatto colossale, visto che, come detto in apertura, consta di quasi cento brevi video e numerose immagini tratti da una versione preliminare del gioco (molto preliminare, ma ci torneremo). Personalmente non ho una grande considerazione dei leak: raramente me ne curo e, se un gioco mi interessa, li evito direttamente. Il perché è facile immaginarlo: mi piace che le cose vengano presentate nel giusto tempo e nella maniera più adatta, e ciò pertiene solo ed esclusivamente a sviluppatori e publisher. Ho poi scarsissima stima dei cosiddetti leaker, coloro che quelle informazioni e quel materiale danno in pasto: quale sarebbe il loro valore, su quali qualità si fonderebbe il loro lavoro? Sul conoscere qualcuno dentro un'azienda? O, nel caso degli hacker, sul saper bucare le difese informatiche?
Ma proviamo a inventarci una prospettiva diversa, proviamo a immaginare invece che i leak siano uno strumento atto a scardinare le dinamiche di un ambiente chiuso e controllato. Perché in realtà tale è il contesto nel quale opera l'informazione videoludica. Non ci troviamo in un contesto aperto nel quale accadono cose e queste vengono riportate, se non in rarissimi casi. Le informazioni e i materiali arrivano alla stampa da sviluppatori e publisher, sono quindi controllati (nell'accezione più neutrale del termine); ed è ciò che riempie le sezioni “News” di qualunque sito. Proviamo quindi ad affidare ai leak un ruolo quasi romantico, di ribellione, di rottura.
Non funziona, nemmeno così. Sviluppare è compito lungo e improbo, ed è solo alla fine di un viaggio durato anni che tale sforzo si concretizza in un'opera compiuta. Il leak dall'ipotetico sapore romantico dovrebbe essere una finestra su qualcosa di bellissimo, un'anteprima dell'azione, delle avventure o dei sogni che si vivranno; nella realtà è invece qualcosa di più simile a un buco nella recinzione di un anonimo cantiere, e ciò non è mai stato così vero come nel caso di GTA VI. Ci avessero almeno fatto vedere anche solo una piccola parte del grande open world che diventerà per milioni di giocatori una seconda casa; avessimo potuto farci un'idea riguardo qualche interessante evoluzione, magari legata all'intelligenza artificiale o alle conseguenze delle proprie azioni. Macché. Mega e mega di filmati di una pre pre pre (e mettetene altri ancora) alpha, per nulla rifinita persino nelle più basilari meccaniche di gioco e tecnicamente modestissima. Il leak avrebbe potuto benissimo riguardare GTA V, e non il sesto capitolo: nessuno si sarebbe accorto della differenza. Altro che “il più grande leak di sempre”: è il più brutto, il più inutile.
A chi dovrebbe interessare una roba così? Sicuramente non a noi giocatori, che vogliamo esperienze sempre più belle, immersive, coinvolgenti. La risposta giusta di fronte al leak di GTA VI, a questo leak, operato solo per il criminale tornaconto di qualcuno, dovrebbe essere, da parte nostra, una sola: “embè?”. Per gli sviluppatori è diverso? Chiaro, ovvio. Ma per loro devono valere le parole di Neil Druckmann, la cui Naughty Dog subì qualcosa di simile per The Last of Us Parte II: “Un giorno ci divertiremo con il vostro gioco, apprezzeremo il lavoro che state facendo e tutto ciò che sta accadendo adesso con questi leak verrà relegato in una nota a margine di una pagina di Wikipedia.”