Sì, indubbiamente lo è. Il punto è che, come avrete capito, probabilmente nel nostro paese c'è un problema di cultura e, se vogliamo, di scolarizzazione, che impedisce al videogame di ascendere ad una consacrazione che, in circoli più piccoli, c'è già stata e che, ne siamo certi, progressivamente arriverà a "convincere" anche chi è al di fuori del circolo degli addetti ai lavori.
Al di la di questo, c'è comunque un problema non da poco che riguarda anche i giocatori, che risiede - forse - nell'incapacità di non sapere sempre cogliere i riferimenti, i dettagli, o anche solo quelle intuizioni che possono rendere qualsiasi videogame un prodotto dell'arte. Si tratta di un problema complesso, che affonda le sue radici in quella che è una errata decodifica del videogame come mezzo artistico. Troppo spesso, infatti tendiamo ad associare un valore artistico al videogioco solo in connessione a quelli che sono i sistemi di codifica provenienti da altri media, come a dire che se un videogame a caso ha una buona regia o, magari, una computer grafica ai limiti del fotorealismo, allora esso è certamente "un'opera d'arte".
Come hanno spiegato praticamente tutti gli artisti coinvolti, ognuno a modo suo, questo è un concetto sostanzialmente errato, perché significa associare il videogame al concetto di arte solo in riferimento ad altri media che si sono già consacrati in quanto arte nell'immaginario collettivo, uno su tutti: il cinema. Occorre invece che noi tutti, videogiocatori, addetti ai lavori, critici e semplici casual gamer, si superi questa sorta di "limite" per guardare oltre, imparando a decodificare in modo naturale quelli che sono i canoni del videogioco in quanto tale, e non per mezzo di più semplici associazioni logiche.
Non solo, forse dovremmo un po' tutti superare quel pregiudizio che non ci permette di apprezzare un'opera appieno, spesso troppo accecati da fattori del tutto superflui, come la velocità di caricamento di un disco o la definizione dell'immagine sulla TV. Al contempo, c'è lì fuori una fetta immensa di pubblico che, pur amando i videogame, non riesce a comprendere (o forse dimentica) che essi sono il frutto di una mole immensa di lavoro, sudore e - spesso - anche lacrime e che, pertanto, anche l'opera più piccola meriterebbe, se non considerazione, quanto meno un po' di rispetto.