Dopo la diffusione della notizia del gaming disorder, soggetto nelle scorse ore anche di un hashtag dedicato, le perplessità e le preoccupazioni delle community stanno prendendo il sopravvento. A tale scopo abbiamo voluto intervistare un esperto in materia, il Dott. Bernardo Paoli, psicologo, psicoterapeuta, docente internazionale di psicoterapia breve, membro di gruppi di ricerca a livello mondiale come il LACT di Parigi, AltraPsicologia e il CICAP.
Visto quanto affermato dall'OMS, è giusto parlare di patologia sull'uso smodato dei videogiochi?
L'OMS ha l'autorità di indicare la presenza di nuove patologie, o di derubricarne altre. Ad esempio ha (finalmente) deciso di togliere dalla lista dei disturbi mentali il transgenderismo (il fatto che una persona percepisce di avere un'identità di genere diversa rispetto a quella attribuita alla nascita, come nel caso di una persona che nasce donna ma si sente uomo) dopo che, anni di ricerca scientifica e di consulenza psicologica, hanno evidenziato che l'identità di genere può avere molte varianti.
Allo stesso modo l'OMS ha dato un riconoscimento al fatto che un comportamento ludico, come quello del videogioco, può evolvere in un vero e proprio disturbo mentale, dato che i comportamenti di videogioco possono diventare persistenti e prendere il sopravvento sugli altri interessi, portando i videogiocatori a problemi nella vita personale, familiare e sociale. Questo - tra l'altro - è il criterio per identificare in generale quando si è in presenza di un disturbo mentale: un comportamento prende il monopolio della tua vita, limitando e compromettendo sensibilmente le altre attività; ad esempio un videogiocatore incallito che abbandona gli studi, non ambisce all'indipendenza economica, e mette in secondo piano la ricerca di un rapporto sentimentale, trascurando in generale le relazioni significative off-line.
Se invece la domanda è se l'uso "importante" dei videogiochi può essere di per sé un problema, la risposta è "No". Finché chi ne usufruisce ha un atteggiamento libero nei confronti del videogioco, non sussistono problemi.
Quando un utilizzo eccessivo può definirsi patologico?
Un disturbo mentale è caratterizzato dal fatto che vorresti compiere un'azione ma non riesci a farlo, oppure che non vorresti compiere un'azione ma non riesci a non farlo. Si è invece in una condizione di equilibrio psicologico se si ha la possibilità di compiere molte azioni nello stesso ambito: la libertà corrispondere al numero di scelte che puoi compiere.
Ad esempio, una persona ha un rapporto equilibrato con il cibo se può decidere liberamente di saltare un pasto, oppure di mangiare tutto ciò che vuole, o se invece è meglio limitarsi ad alcuni cibi e basta... e decide cosa è meglio fare a seconda della situazione. L'equilibrio va di pari passo con l'aumento dei "gradi di libertà". Se invece puoi compiere una sola azione (non puoi non mangiare dolci, oppure non puoi non giocare ai videogiochi tutto il tempo libero) il tuo equilibrio e la tua libertà ne risultano compromessi. Se quindi i lettori riescono tranquillamente a posticipare l'inizio di un videogioco, così come a interromperlo, o a farne a meno di giocarci, possono dormire sonni tranquilli.
Si può assoggettare ad altre patologie simili? (Es. dipendenza droghe, alcol, gioco d'azzardo)
Il videogiocare compulsivamente è assimilabile alle altre compulsioni psicologiche basate sul piacere, come la dipendenza da gioco d'azzardo, il vomito compulsivo o la tricotillomania (la compulsione a strapparsi i capelli). Si tratta sempre di piaceri "perversi", nel senso che da una parte quel comportamento provoca sensazioni piacevoli, ma dall'altra produce danni consistenti. Poi ogni tipo di compulsione psicologica ha le sue specificità: un conto è avere una dipendenza da una sostanza chimica come una droga; un altro conto è avere una dipendenza affettiva, legata a una persona; diverso è avere una compulsione verso il cibo, che di per sé serve al sostentamento dell'organismo; e diverso ancora è la compulsione verso i videogiochi, che sono una forma di intrattenimento. Per ciascuna compulsione l'intervento psicologico ha le sue specificità.
Quali sono le categorie più sensibili a una tale dipendenza?
Non ho statistiche a riguardo, solo la mia percezione. Direi che adolescenti e giovani senza lavoro sono le due categorie più a rischio.
Ci sono dei "campanelli d'allarme" che bisogna monitorare?
Come recita un antico detto di Paracelso "è la dose che fa il veleno". L'acqua è buona... ma non sempre. Se bevi dieci litri di acqua al giorno (c'è chi lo fa; è un disturbo denominato potomanìa) l'organismo ne viene compromesso. Un ottimo modo per verificare la propria condizione è tenere, almeno per due settimane, un diario di tutte le attività. Proprio tutte. Può essere così verificato se si rispetta la buona regola secondo cui una vita equilibrata si poggia su tre gambe: un terzo del tempo dedicato al lavoro, un terzo alle relazioni personali, e un terzo dedicato solo a sé. Se le attività sono sbilanciate da una parte o dall'altra, e se non si riesce a porre rimedio in nessun modo a questo sbilanciamento, bisogna iniziare a farsi qualche domanda.
C'è un genere in particolare che può generare una reale dipendenza (non quella utilizzata come slogan da alcuni giochi)? (Per esempio l'avvento delle cd. Battle Royale di Fortnite o PUBG ha generato un fortissimo seguito di utenti perennemente connessi e in gioco in un continuo "tutti contro tutti")
Come accade per il successo di un videogioco, anche l'effetto-dipendenza non è prevedibile. Accade la stessa cosa per un libro: quando una casa editrice mette sul mercato un nuovo testo non ha la più pallida idea se sarà un libro di successo oppure no. Fanno delle previsioni, ma spesso non si realizzano. Posso però provare a dare un'indicazione di buon senso su due elementi che possono sviluppare dipendenza.
Innanzitutto più un videogioco è accessibile, più è facile che crei dipendenza. Gli smartphone, su questo terreno, aiutano molto. Inoltre, i videogiochi-dipendenza non sono né troppo semplici - altrimenti creano noia - né troppo complessi - altrimenti richiedono uno sforzo mentale eccessivo. Si collocano in una perfetta "terra di mezzo". L'ingrediente essenziale è che il videogioco non dia troppo spazio per mettere in discussione ciò che il giocatore sta facendo. Si pensi ad esempio all'effetto prodotto da un canale on line di serie tv che tutti conoscono. Per primo ha introdotto la novità di mettere in rete le serie per intero, e di passare da una puntata a quella successiva senza interruzione. È comune l'esperienza di restare "bolliti" di fronte allo schermo per ore e ore senza accorgersene.
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Secondo lei, si tratta realmente di un fenomeno preoccupante oppure si sta cercando di creare falsi allarmismi?
Bisognerebbe prima definire cosa si intende per "preoccupante". Anche in questo caso è necessario avere a disposizione dei dati certi da mettere poi a confronto con altri fenomeni prima di dare un giudizio. Il fatto che l'OMS abbia deciso di inserire la dipendenza da videogioco come disturbo mentale resta comunque un'ottima occasione per aumentare la consapevolezza dei videogiocatori. E l'autoconsapevolezza è sempre una buona medicina preventiva.
Da buon psicologo-psicoterapeuta (e giocatore) quali sono i consigli che vuole dare ai nostri lettori?
Un unico suggerimento, citando le parole di Jean Jacques Rousseau: "L'arte di dar sapore ai piaceri è l'arte di esserne avari".
Conclusioni
Se siete arrivati fino a questa parte del nostro articolo, in maniera coscienziosa, avrete tratto le nostre stesse conclusioni. Un coltello è uno strumento che può essere utilizzato a tavola per tagliare le vivande o come utensile in alcune professioni; ma può essere anche uno strumento atto ad offendere un altro individuo. Tutto dipende dalla volontà dell'utilizzatore. Ancora, usando un termine di paragone prossimo a quello videoludico, internet e i social network ci offrono la possibilità di una conoscenza pressoché illimitata e una vicinanza con gli altri individui impensabile fino ad alcuni anni fa. Ma non bisogna dimenticare che un utilizzo esagerato di queste risorse, anziché avvicinare, non farebbe altro che alienare le persone.
Come ci ha suggerito il Dott. Paoli, un utilizzo moderato dei videogiochi (ma questo vale anche per qualunque altra attività ricreativa), non può fare altro che giovare alla nostra salute e dare maggior peso alle nostre ore di divertimento.
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