È tutta questione di design
Ebbene sì, il solo titolo del paragrafo potrebbe già bastare a spiegare tutto, ad esplicitare il fatto che gridare ai 60fps o più come se fossero uno standard da non violare, è un’enorme sciocchezza. Ogni videogioco viene concepito in modo differente, lavorato con tempi di sviluppo raramente paragonabili e ponendosi sfide ed obiettivi propri. Nel caso specifico di A Plague Tale: Requiem (la nostra recensione a cura di Mario Petillo), un’avventura story-driven che vuole anzitutto raccontare una storia e inscenarla all’interno di location ispirate e dettagliate, non potrebbe in alcun modo permettersi di non sottostare a determinati standard qualitativi; non imposti dal mercato, dalle console in cui arrivano o dai produttori delle stesse, attenzione, ma dal suo stesso design.
Le prime ore di un videogioco, solitamente, non sono che un’esplicita dichiarazione d’intenti nei confronti del giocatore. Iniziando A Plague Tale: Requiem, non ho potuto fare a meno di notare che gli intenti del team fossero, in questo caso, tutti focalizzati sul far notare al giocatore le incredibili conquiste estetiche e tecniche della produzione. Lo si intuisce dal ritmo scelto per le prime battute di gioco, dagli scenari, dall’enorme profondità di campo, e via discorrendo. Come se non bastasse, non facciamo in tempo a leggere a schermo il titolo del gioco e veniamo subito trasportati in un’altra sezione che si pone più o meno gli stessi obiettivi: stupire con una mole esagerata di dettagli, mettendo su schermo un conteggio poligonale non indifferente nemmeno per le schede video più prestanti, figurarsi per le console. Cotanta bellezza arriva sui nostri display, almeno per quanto riguarda Xbox Series X e PlayStation 5, con una risoluzione nativa di 2560x1440p e un frame rate che vuole rimanere ancorato a 30 fotogrammi.
Da quando l’alta definizione è arrivata, e mi riferisco a schermi 4K (la nostra guida sui migliori TV per giocare) e diagonali imponenti, giocare troppo con la risoluzione ed utilizzarla come compromesso principale non è più un’idea sempre vincente, dal momento che gli sviluppatori potrebbero andare a tradire gli stessi obiettivi rigorosamente inseguiti per il design del gioco. Ecco perché A Plague Tale: Requiem non presenta una modalità ad alto frame rate; non a causa del fatto che PlayStation 5 e le due console Series di Xbox non ne sarebbero capaci, ma perché per raggiungerli si dovrebbe scendere troppo a compromessi con la risoluzione, e magari non calcare la mano nemmeno su ombre dettagliate e morbide, sul conteggio poligonale e sulla definizione delle texture. Dunque non è impossibile, ma potrebbe, in alcuni casi, tradire l’idea stessa dietro al gioco (che, come detto, può basarsi sull’impatto tecnico ed estetico) e costringere il team a lavorare per un’altra dozzina di settimane.
È infatti più che probabile che, tra un paio di mesi, possa apparire una modalità performance tra i menu di A Plague Tale: Requiem, ma solo per placare gli animi ed accontentare un consumatore che, nel bene e nel male, anche quando mal interpreta le intenzioni stesse del gioco che va a comprare, ha supportato il team e la produzione.
Gotham Knights: un caso più estremo e discutibile
«So che molti di voi si stanno domandando della disponibilità di una performance mode in Gotham Knights per console. Per via della tipologia di feature che abbiamo nel nostro gioco, come l’esperienza co-op e un open world molto dettagliato, non è una cosa semplice come l’abbassare la risoluzione per avere più FPS»
Ha spiegato così, la producer Fleur Marty, le difficoltà e le scelte a cui il team di sviluppo è andato incontro, inserendosi però - a mio avviso – in un territorio molto più grigio e aperto a diverse interpretazioni. Sul secondo punto, nonostante ai miei occhi Gotham Knights (la nostra recensione a cura di Ecleto Mucciacciuoli) non faccia gridare al miracolo, la spiegazione potrebbe ancora una volta trovarsi in alcune scelte di design legate all’esperienza che si vuole proporre ai giocatori, che non vuole in alcun modo rinunciare ad alcune specifiche tecniche. Il primo punto è il più problematico. Risulta quantomeno difficile, infatti, pensare che la presenza di una modalità cooperativa possa in qualche modo tappare le ali al progetto, impedendo così l’aggiunta di un frame rate più elevato.
Non sono mancate, inoltre, delle accuse rivolte alla piccolina di casa Xbox, quella Serie S che dal lancio ad oggi sta appassionando diverse migliaia di persone. Dal mio punto di vista, più che rappresentare un vero e proprio problema legato allo sviluppo di esperienze next-gen, Serie S altro non è che un enorme peso sulle spalle degli sviluppatori, che possono sì rilasciare i loro giochi sull’hardware Xbox, ma devono spendere risorse ed energie per ottimizzare al meglio il tutto; situazione che ha visto l’uscita di determinate patch (pensate ai 60fps di Cyberpunk 2077) arrivare parecchi mesi dopo il lancio. In definitiva, quindi, il caso Gotham Knights appare più opinabile.
PlayStation vi ha messo la pulce nell’orecchio
Più o meno dal suo effettivo approdo sul mercato, PlayStation 5, forte del supporto di Studios imponenti, ha abituato la propria utenza ad un livello qualitativo e di personalizzazione dell’esperienza davvero complicato da trovare altrove (in ambito console, ovviamente). Sto parlando di diversi giochi rilasciati con il pieno supporto a tecnologie quali VRR, in aggiunta a modalità di rendering pensate per avvantaggiare la risoluzione 4K, i 60fps o, addirittura, i 120fps variabili. Nell’ultimo anno, poi, è persino sbucata fuori un’altra opzione che consente ai giocatori di mantenere dettagli e risoluzione del preset “Qualità” ma a 40fps, in combinazione ad una frequenza di aggiornamento di 120Hz. Un lavoro di ottimizzazione semplicemente spaventoso.
Che l’obiettivo di Sony fosse questo, ossia offrire un’esperienza estremamente personalizzabile secondo la sensibilità del giocatore, si era capito sin dal lancio, da quando, curiosando tra i menu della console, era stata scoperta un’impostazione che permette di pre-configurare alcuni parametri in modo da trovarseli già impostati all’interno dei singoli giochi PS5: voci come sottotitoli, doppiaggio e, udite udite, le modalità di rendering di cui parlavo prima, in questo caso divise in Risoluzione e Performance.
Questo, tuttavia, non deve in alcun modo creare un'attesa prematura dell’inserimento di una modalità performance all’interno dei giochi poiché, come sempre, le situazioni variano da caso a caso e, come spiegato prima, ci sarà sempre qualcuno pronto a preferire a tutti i costi la qualità visiva anche a discapito del frame rate.
Quando i 60fps diventano uno standard irrinunciabile
Sarò breve e diretto: i casi in cui è davvero possibile lamentarsi della mancanza dei 60fps sono quelli in cui entra in gioco la competizione, la visuale in prima persona, i titoli racing, i picchiaduro e, in generale, tutti quei videogiochi contraddistinti da un gameplay incredibilmente frenetico a là Devil May Cry. Quindi sono moltissimi, in realtà, superiori ai casi in cui è possibile "accettare" i 30fps senza andare in guerra con gli sviluppatori.
Adesso la parola è tutta vostra: cosa ne pensate dei giochi che, per un motivo o per un altro, su console vengono limitati a 30fps? Fatecelo sapere nello spazio dedicato ai commenti.