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a cura di Michele Pintaudi

Editor

Ci sono opere che, dopo aver lasciato un segno indelebile nella storia del loro medium di appartenenza, finiscono purtroppo in un limbo apparentemente infinito prima di sparire. Una fine che molto spesso abbiamo visto fare a tanti videogiochi del passato: capolavori che hanno scritto pagine importanti di un’intera industria relegati in un dimenticatoio dal quale, spesso, non fanno più ritorno.

Fortunatamente non va sempre così, anzi. Quello di cui vogliamo parlarvi oggi è proprio questo: il fenomeno di quelli che noi abbiamo voluto chiamare “redivivi”, ovvero di tutti quei titoli che riescono a riemergere da questo baratro per poi tornare in grande stile agli occhi del grande pubblico. Di esempi ce ne sarebbero davvero moltissimi, così come esistono molti titoli di cui ancora aspettiamo (e speriamo) di ricevere notizie incoraggianti in questo senso. Oggi parleremo di quelli che sono per noi i casi più significativi, invitandovi sin da subito a pensare a quali sono per voi i ritorni dei grandi videogiochi del passato che più avete apprezzato o che tuttora state aspettando.

I videogiochi del passato? Sì, con un occhio al futuro!

Partiamo subito con un salto indietro di ben ventisei anni, esattamente fino al 29 settembre 1995. Una data che nell’immediato potrebbe non dirvi molto, ma che rappresenta un crocevia fondamentale nella storia dei videogiochi: si tratta infatti dell’arrivo della prima PlayStation sul mercato europeo, ovvero dell’inizio di un fenomeno che ancora oggi continua a cambiare e sconvolgere il mondo del videogioco.

L’impatto di Sony sul mercato fu davvero incredibile, sia per la grande innovazione della console in sé che per tutti i prodotti che ne derivarono in quegli anni. Titoli capaci di restare incastonati nella storia, e che col tempo sono divenuti delle vere e proprie icone anche all’infuori del proprio settore di appartenenza. Un esempio? Crash Bandicoot, il cui primo capitolo risale ormai al novembre 1996. Il gioco fu un successo, di quelli in grado di segnare davvero un’intera generazione e non solo. Nei tre anni seguenti Naughty Dog diede vita ad altri tre episodi della serie, che con Crash Team Racing (1999) concluse il suo corso sulla prima PlayStation. Crash era diventato un simbolo, una vera e propria mascotte che ancora oggi tutti associano immediatamente a quel periodo così bello e, diciamocelo, carico di nostalgia come gli anni Novanta.

Con l’avvento di PlayStation 2, però, qualcosa cambiò. Il brand passò di mano: da Naughty Dog a Traveller’s Tales passando per Vicarious Visions con risultati non all’altezza di quanto si era visto fino a quel momento. I fan risposero di conseguenza, con l’interesse per la serie a scemare sempre di più anche a causa di titoli poco più che mediocri come Crash Twinsanity e i diversi spin-off che quasi tutti abbiamo dimenticato. Negli anni seguenti i fan continuavano a sperare in un grande ritorno, ma senza successo: la generazione PlayStation 3 riservò a Crash una semplice comparata nella serie Skylanders, cosa che non fece che sconsolare ulteriormente i milioni di fan di tutto il mondo. Crash apparteneva ormai al passato, punto e basta.

La generazione seguente portò però qualche sorpresa inaspettata, inizialmente con una serie di rumor che volevano Sony fermamente intenzionata a resuscitare un brand che aveva ancora tanto, tantissimo da dare. Quando Naughty Dog inserisce in Uncharted 4 una sequenza in cui vediamo Nathan Drake giocare al primo Crash beh… I fan non fecero che sperare ancora di più, e stavolta furono accontentati: all’E3 2016 ecco annunciata Crash Bandicoot: N. Sane Trilogy, una collezione contenente i remake dei primi tre capitoli della serie in una veste completamente rinnovata. Il pubblico ne fu entusiasta. L’operazione mostrò quanto gli appassionati di tutto il mondo volevano ancora bene a Crash: stiamo parlando, cifre alla mano, di ben 10 milioni di copie vendute. Nel 2019 ecco un altro remake, stavolta di Crash Team Racing, a raccogliere nuovamente il plauso di pubblico e critica: la serie era tornata davvero, e poco dopo arrivò puntale anche l’annuncio di un titolo tutto nuovo (It’s About Time) sequel del tanto amato Crash Bandicoot 3: Warped uscito nel 1998.

Crash è dunque uno degli esempi più lampanti di come un titolo, grazie all’affetto incondizionato dei videogiocatori, possa davvero risorgere dalle proprie ceneri e tornare alla grande nell’olimpo dei grandi di questo settore. E noi non potremmo esserne più felici. L’ingrediente che fa funzionare il tutto è sì rievocare il passato, ma con un occhio al futuro: l’obiettivo è insomma dare vita a prodotti che rispettino quanto costruito negli anni precedenti riuscendo, allo stesso tempo, a ritagliarsi una nuova fetta di appassionati. Giocatori che hanno ora, finalmente, la possibilità di scoprire e vivere un’esperienza così importante per la storia dell’intero medium videoludico.

Un altro esempio che è doveroso citare riguarda un’altra icona, forse ancor più riconoscibile dello stesso Crash: Lara Croft, con tutta probabilità uno dei personaggi femminili più iconici della storia dei videogiochi. Dopo un debutto di altissimo livello con il primo Tomb Raider, anch’esso datato 1996, e diversi capitoli ancora oggi molto apprezzati dal pubblico qualcosa cambiò. Lara Croft era diventata un simbolo anche nel mondo del cinema, trascendendo quindi il “semplice” videogioco… Ma a che prezzo? Nel 2003 uscì il sesto capitolo della serie, quel The Angel of Darkness tanto criticato da pubblico e stampa di settore da segnare in maniera indelebile tutto il buono che si era visto fino a quel momento: un titolo oltre la mediocrità, che riuscì ad affossare in maniera definitiva una saga così importante per il mondo dei videogiochi.

A metà anni 2000 ha inizio una trilogia retcon (retroactive continuity, ndr) che, nonostante un buon successo a livello di vendite, non riesce a portare nulla di nuovo alle avventure di Lara Croft: la sensazione era di voler rievocare i fasti del passato senza però riuscire, a conti fatti, a trasmettere la passione che avventure del genere erano in grado di trasmettere. L’acquisto di Eidos da parte di Square Enix cambiò però le carte in tavola: il colosso giapponese era intenzionato a resuscitare davvero il marchio Tomb Raider, ed ecco arrivare nel 2013 un reboot capace finalmente di dare nuova linfa vitale alla serie. Il resto, come si suol dire, è storia: al nuovo capitolo della saga ne sono seguiti altri due, Rise e Shadow of the Tomb Raider, in cui anche le nuove generazioni di videogiocatori hanno potuto conoscere e apprezzare un’icona come Lara Croft. Anche lei, di fatto, una rediviva.

Di ritorno dall’oltretomba…

Un caso forse singolare è quello che vede protagonista Capcom, colosso giapponese che dopo qualche anno di produzioni rivedibili è tornato alla stragrande con una serie di titoli che hanno davvero ribaltato la situazione. Prendiamo ad esempio la saga di Resident Evil, tornando indietro di una decina d’anni: com’era lo scenario? Non proprio roseo, volendo usare un eufemismo. Era poco uscito l’assai discusso Resident Evil 5, tanto atteso dopo il capolavoro fatto da Capcom con il quarto capitolo ma, a conti fatti, di molto inferiore agli standard fissati in precedenza. Da lì la strada sembrava tutta in salita, e l’avvento di titoli come il dimenticabile Operation Raccoon City e Resident Evil 6 non aiutarono certo una serie che aveva assolutamente bisogno di rinnovarsi.

I fan sembravano infatti aver perso ogni speranza: il brand stava diventando a poco a poco un semplice marchio commerciale, senza più un briciolo di quell’anima che tanto l’aveva reso celebre appena quindici anni prima. Fino a poco tempo fa. Nel gennaio 2017 arriva il tanto atteso settimo capitolo che, rivedendo completamente gran parte delle meccaniche classiche della saga, riuscì a portare davvero una ventata d’aria fresca nell’intero genere survival horror.

Il gioco fu un successo e, con l’intento di tastare il terreno in vista di sviluppi futuri, Capcom decise di investire nella produzione di due remake: uno del secondo capitolo, uscito nel 2019, e uno del terzo rilasciato lo scorso anno. In questi casi abbiamo potuto assistere non solo al grande ritorno di un brand storico, ma a un processo in cui lo stesso è riuscito ad affermarsi agli occhi di un target più giovane: un pubblico nuovo, che ora può finalmente riscoprire uno dei titoli che più di tutti hanno scritto la storia dei videogiochi. Gli occhi sono ora tutti su Resident Evil Village: quell’ottavo episodio che promette di alzare ulteriormente l’asticella e a cui noi, onestamente, non vediamo l’ora di poter giocare.

Un ritorno dall’oltretomba, o quantomeno da una sorta di limbo, ha visto poi coinvolto un altro brand di casa Capcom: Devil May Cry. Dopo l’exploit avvenuto nel corso degli anni Duemila… Il nulla, o quasi. La saga, anche alla luce di un quarto capitolo che non aveva convinto appieno tutti gli appassionati, aveva bisogno di qualche novità che cambiasse le carte in tavola. Nel 2013 ecco allora DmC: reboot sviluppato da Ninja Theory con l’intento di rilanciare alla grande la serie, riuscendoci però solo in parte. Se il gioco presenta comunque una qualità di fondo notevole - Ninja Theory, del resto, è e rimane un team di livello assoluto - in molto non digerirono il nuovo design di Dante e la piega che questa nuova storia andava a prendere. Per molti, addirittura, era la fine di Devil May Cry.

Quando all’E3 2018 arrivò l’annuncio di un nuovo episodio della serie, il mood degli appassionati cambiò radicalmente: Devil May Cry 5 uscirà nel marzo 2019 e, manco a dirlo, sarà un vero e proprio successo. Pur senza portare eccessive innovazioni, con un titolo che di fatto ricalca i predecessori sia come tono che come gioco in sé e per sé, la nuova avventura di Dante e Nero è riuscita a (ri)conquistare il cuore dei fan di tutto il mondo. Un altro brand rinato dalle proprie ceneri, che ora speriamo di poter ammirare nuovamente nel corso dei prossimi anni.

Questi erano solo alcuni dei grandi ritorno a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi ma, ovviamente, la lista completa potrebbe essere potenzialmente infinita. Il punto è però un altro: la riuscita di operazioni del genere potrebbe, e dovrebbe far riflettere su quanto non si tratti solo di un semplice “effetto nostalgia”. In tutti i casi citati si tratta infatti sì di un ritorno al passato, ma con la ferma volontà di guardare al futuro sempre e comunque. Ben vengano dunque progetti di questo tipo, anche e soprattutto alla luce del gran numero di perle del passato che rischiano purtroppo di finire nel dimenticatoio.

Perle come Silent Hill, Metal Gear Solid, Monkey Island e tante, tantissime altre. Capolavori che hanno dato tanto e che, con i dovuti accorgimenti e sempre rispettando il passato, hanno ancora moltissimo da raccontare. La parola passa ora a voi giocatori: quali sono i grandi ritorni che più avete apprezzato negli ultimi anni? E quali invece quelli a cui non vedete l’ora di assistere?

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