Il lancio di nuove console da gioco marchiate PlayStation e Xbox è sempre molto problematico, almeno a livello di line-up. Tantissimi dei giochi che debuttano nei primi anni di vita dei nuovi hardware sono per forza di cose cross gen e gli sviluppatori devono lavorare affinché il loro nuovo Far Cry, il nuovo Assassin's Creed e tanti altri girino al meglio delle loro possibilità anche sulle piattaforme della scorsa generazione. E da qui sorge una domanda spontanea: il lancio cross-gen ci sta impedendo di godere di veri e propri capolavori?
A gettare ombre e dubbi sulla produzione di giochi cross gen ci pensa un'intervista di Aaryn Flynn, dalle pagine virtuali di USA Today. Flynn è stato il General Manager di BioWare ed ha lavorato a tantissimi giochi, tra cui Dragon Age: Inquisition. Il terzo capitolo del franchise di proprietà di Electronic Arts e del team di sviluppo ha debuttato nel 2014 su tutte le piattaforme, ovvero PS3 e Xbox 360, ma anche PS4 e Xbox One. Secondo Flynn però la lavorazione di un prodotto cross gen come Dragon Age è costato un enorme sacrificio a livello di ambizioni del team.
"Devo dire che i più grandi compromessi in merito sono stati fatti perché il gioco doveva debuttare su PS3 e Xbox 360 nello stesso momento in cui sarebbe stato pubblicato su PS4 e Xbox One. Questo ha mandato in fumo i nostri piani e le nostre ambizioni, perché chiaramente non avevamo la grandezza giusta del team o il tempo per differenziare le varie versioni", le parole di Flynn dichiarate a USA Today. Per sostenere questa teoria, l'ex General Manager di BioWare ha poi parlato dell'ultimo capitolo della saga di The Witcher, che debuttò appena un anno dopo solo ed esclusivamente sulle nuove console di Sony e Microsoft, rivelatosi poi un'esperienza di gioco migliore. "In contrasto, CD Projekt RED non l'ha fatto con The Witcher 3 e penso che il loro gioco fosse migliore proprio per aver escluso il cross play", le parole conclusive di Flynn.
La domanda sorge dunque spontanea: davvero i giochi cross-gen limitano gli sviluppatori? La prima risposta che ci verrebbe in mente, specialmente guardando il caso di Cyberpunk 2077, sarebbe sì. Riuscire però ad eliminare questa caratteristica del mercato è decisamente impossibile. Al lancio delle nuove console, infatti, nessun team di sviluppo potrebbe mai ignorare hardware che hanno probabilmente raggiunto la quota di 100 milioni di pezzi venduti, soprattutto nel contesto storico che stiamo vivendo: la carenza di chip e l'altissima domanda per PS5 e Xbox Series X|S rendono un gioco esclusivamente next gen poco profittevole da un determinato punto di vista, soprattutto se un titolo non è previsto anche PC, che in questo caso potrebbe quasi fungere da contro altare per alcuni studi. Bethesda ne è un caso perfetto: Starfield è un gioco interamente next gen, che però debutterà anche su Steam, rendendolo dunque più accessibile per tantissimi giocatori.
Il fenomeno dei giochi cross gen è ben lontano dal potersi fermare, prevalentemente per i fattori di vendita, costi e ovviamente popolarità della piattaforma. Sicuramente però l'idea che una simile pratica stia limitando gli sviluppatori ci porta a chiederci se davvero, arrivati a questo punto, la strategia di puntare tutto sul cloud (oltre che su PC, come accennavamo poco sopra), anche per giocare ai titoli nuovi su hardware più vecchi, non sia l'unica strada percorribile per evitare che un titolo venga limitato dalle piattaforme delle scorse generazioni. Una soluzione che riuscirebbe a risolvere determinati problemi e da cui anche i giocatori potrebbero trarre giovamento, in attesa di mettere le loro mani su una console nuova di zecca.
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