Horizon Forbidden West è il poema epico di Aloy | Recensione
Horizon Forbidden West è l'attesissimo sequel di una delle esclusive di punta di casa Sony PlayStation, ma avrebbe battuto le sue premesse?
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a cura di Ecletogiuseppe Mucciacciuoli
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Dopo ottanta ore di cacce e scorribande nell’Ovest Proibito di Horizon Forbidden West, sono dunque pronto a far scivolare la penna nei meandri di una delle esclusive più attese di casa Sony PlayStation. Quasi cinque lunghi anni separano il primo capitolo, Horizon Zero Dawn, dall’atteso sequel di Guerrilla Games e molteplici sono gli appassionati che lo ricordano con grande affetto ancora oggi. Perché l’IP Horizon è incastonata tra nostalgia e amore nei ricordi di tante persone? Lo merita tutto questo supporto?
All’apparenza l’esclusiva Sony si presentò con un open world alla portata di tutti, che grondava epicità e curiosità per essere una finestra genuina su un possibile futuro dell’umanità. Ciò che desiderava il team di sviluppo era scrostare le bugie e le insicurezze del nostro mondo, romanzandole in contesti distanti dal nostro, ma in fondo a pochi passi dalla quotidianità che respiriamo.
L’ineluttabile orizzonte tecnologico che ci attende è sempre più opprimente, nel bene e nel male. L’evoluzione è inevitabile e con essa le scoperte che possono cambiare volto al mondo. L’arte di Horizon è nel saper dialogare con giocatori, utilizzando la distopia come iperbole, raccontagli che non importa dei passi avanti e di quanto potremmo perfezionare la qualità della nostra vita, i desideri rimangono gli stessi. Ciò che sgretola gli imperi, rade al suolo continenti e squarcia la terra rimane l’ambizione e la sete di conoscenza dell’uomo. Sta a noi decidere se usare le nostre innate passioni a fin di bene, o immolare l’etica per l’egoismo. Oltre alla morale, però, la retro ingegneria è l’aspetto ludico-tecnico che detiene il posto sul trono: il vero e tangibile punto di forza della saga Horizon.
NOTA DELLA REDAZIONE PER I LETTORI DI GAMEDIVISION
Ecleto Mucciacciuoli ha un rapporto di collaborazione con Sony PlayStation Italia per quanto riguarda la produzione di contenuti social sulla piattaforma TikTok. Nonostante questo abbiamo scelto, comunque, di affidare la copertura del gioco al nostro redattore, assumendocene tutte le responsabilità del caso. Il nostro collega è una persona altamente preparata e professionale che ci ha già ampiamente dimostrato la sua obbiettività, nonché la sua conoscenza sulla serie Horizon. Qualità ottimali per coprire il suddetto titolo. Siamo convinti che questa lunga analisi che ha redatto, confermerà anche a voi i motivi dietro alla nostra decisione.Il motivo di questa parentesi iniziale è dettata dalla nostra volontà di far crescere questa sezione con la massima trasparenza, e autorevolezza, possibile, sia nei confronti dei lettori che di ogni membro della redazione. Continueremo a lavorare affinché i nostri lettori si trovino sempre dinanzi a contenuti qualitativamente di livello e il più oggettivi possibili. Premesso tutto questo, vi auguriamo una buona lettura.
Andrea Riviera - Managing Editor GameDivision (Tom's Hardware)
Le macchine assemblate e forgiate nelle fucine della Guerrilla Games sono tra le creazioni più affascinanti e terribilmente geniali mai apparse nel settore videoludico. Ispirate a comportamenti di animali - esistenti o istinti - pascolano indisturbate sulla Terra, imponendo con le loro fattezze un certo timore. Come mai sono lì? Beh, non vi toglierò certamente io il piacere di rispolverare il primo capitolo. La storia, anche nel sequel che andrò ad analizzare, ha come protagonista l’ormai icona PlayStation, Aloy: la temeraria selvaggia dai capelli rossi.
Un passato complicato, un’infanzia strappata via e un fardello che a mala pena riesce a condividere sono le sue croci, eppure il suo spirito di nobili intendi ha catturato un po’ tutti noi. Dove si sarà spinta questa volta la reietta divenuta eroina? Vi ricordo che l’uscita di Horizon Forbidden West è fissata per il 18 febbraio 2022 su PlayStation 4 e PlayStation 5.
Quando pensi che sia impossibile, guarda oltre
Quando sembra impossibile vincere, guarda oltre Impossibile. Una parola che Aloy ha sentito spesso, ma di cui ha imparato a cogliere solo le opportunità. Un limite divenuto occasione per la nostra beniamina, che si è sempre fatta carico di imprese che vanno ben oltre la forza e la volontà. Nondimeno in Horizon Forbidden West il richiamo di qualcosa di apparentemente inarrestabile e deleterio per l’umanità ha imposto un’ennesima ordalia da affrontare. Prima di raccontarvi però quello che è l’incipit narrativo del titolo, vorrei dirvi che non vi saranno spoiler di alcun genere e cercherò tutt’al più di far luce sulle dinamiche - e il motore immobile - che hanno permesso alla scacchiera di Guerrilla Games di prendere forma. Siamo catapultati nei panni di Aloy dopo la terribile resa finale che ha sancito la fine del primo capitolo. La sua terra natia ora la acclama come paladina, si costruiscono statue in suo onore e ha acquisito una sorta di aura mistica e divina.
La gente la osserva con ammirazione e speranza, proiettando su di lei la necessità di un destino migliore. È chiaro a tutti che è lei la reincarnazione del fato e del desiderio di sopravvivenza dell’umanità. Aloy però è fortemente a disagio in queste circostanze, non che lei abbia un ego da ridimensionare, anzi, ma lo sente come un’ennesima afflizione, oltre alle già gravose verità che gli altri non potrebbero sopportare. In cuor suo sa che la verità farebbe serpeggiare la paura tra la gente e deve stringere i denti per fare ciò che occorre. Potrebbe sembrare banale, ma molti degli eventi ruotano intorno all’impetuoso torrente di informazioni che Aloy fa fatica a condivere.
La sua mente cerca di arginate il problema e offre aiuto a tutti coloro che ne necessitano, eppure la buona volontà non riesce a placare la sua inquietudine. Per la prima volta Aloy è piegata dalle sue afflizioni, barcollante per il fardello che si accinge a trasportare così lontano dalla sua patria. Non si tratta però di orgoglio, ma di apprensione. Aloy desidera accudire e preservare la vita, senza però mai condividerne gli oneri. Ella quindi si ritrova spesso in punta di piedi a compiere azioni che deragliano dal percorso principale, ma il karma - fortunatamente - non si dimentica mai della nostra campionessa cremisi.
Horizon Forbidden West: il fardello di Aloy
Perché ho dovuto sollevare il velo oltre la psiche di Aloy? Perché, per la prima volta, la reietta che tutti ricordiamo dovrà scendere a patti con i sentimenti, e accettare di fare squadra a più riprese. Gli amici più cari, come Varl e Erend, saranno sempre in prima linea con lei nelle missioni più difficili e faranno di tutto per comprendere le tortuose prove che li attendono. Una vera squadra fa scudo intorno all’eroina, permettendole di combattere contro un nemico sfuggente, che a stento riescono a decifrare. Al netto di rilevazioni in grado di scuotere la pacifica esistenza di chiunque, in molti si uniscono alla causa, poiché all’orizzonte qualcosa tenta di spezzare la pace e divorare la natura. La terra oltre i confini di Meridiana si palesa come uno spartiacque. Quella parvenza di pace e civiltà è stata rimpiazzata dall’orgoglio di tribù autoctone belligeranti.
Proprio attraverso i racconti e le dicerie dei pochi che hanno vissuto sulla loro pelle l’Ovest Proibito, comprendiamo che la situazione sta sfuggendo di mano. Diversi clan si contendono alcune delle più famose aree del vecchio mondo, trincerati in territori tutt’altro che semplici da attraversare. Tale divisione però non è solo territoriale. Culturalmente ogni tribù ha un’identità chiusa e ancorata alla proprio tradizioni. Nessuno scende a patti con gli ideali degli altri, mentre la terra piange sangue. La pace, tuttavia, è ricercata affannosamente da quasi tutti, ma c’è anche chi comprende solo la forza come unica virtù. Qui entra in gioco la figura controversa di Regalla: capo di un folto gruppo di ribelli guerrafondai. Cosa c’è di strano? Alla fine si tratta dell’ennesima storia di culture diversa in lotta per la supremazia ideologica.
Peccato che Regalla abbia, come solo Aloy poteva, la possibilità di cavalcare macchine. Così, la nostra eroina, non si ritrova solo coinvolta in una burrascosa pagina di storia, ma deve misurarsi con nemici capaci di alcune delle sue straordinarie abilità. La gestione del contesto sociale e culturale dell’Ovest Proibito l’ho trovato di notevole caratura. Ogni tribù non si differenzia dall’altra solo per tatuaggi e uniformi, ma proprio per come sceglie di vivere e accogliere il prossimo. Vi sono alcuni rinchiusi in granitiche roccaforti impenetrabili, ignari dei problemi del mondo esterno, altri che fanno gestire la giustizia da pratiche disumane, ma anche chi trova conforto nell’abbraccio materno della natura, senza osare oltre i propri confini. La mentalità delle realtà è perlopiù chiusa, ma hanno una concezione ben distinta di sacro e profano.
Terraformare la regione del sangue e delle divisioni
Non desiderano mettere in discussione ciò che riescono ad interpretare del nostro mondo, ma riconoscono il valore e la tempra di chi incontrano, anche se diverso. Cosa spinge Aloy a farsi strada in questa aspra regione? Dopo gli accadimenti del primo capitolo, un morbo si sta avvinghiando alla natura: la cosiddetta Piaga Rossa. Lo strano male che ci viene presentato ha reso i campi incoltivabili e l’aria tossica, dilaniando la Terra con tempeste e fenomeni atmosferici fuori controllo. La gente muore di fame ed è sfinita dalla guerra, specialmente nell’Ovest Proibito. La macchine appaiono visibilmente più irrequiete, mentre le intemperie piegano le forme di vita più audaci. Urge regolare e direzionare la mano di madre natura, placando tali catastrofi.
La missione di Aloy è quindi un’odissea volta a ricostruire il globo dalle sue fondamenta, avviando un delicato processo di terraformazione. Le piaghe possono essere imbrigliate e addomesticate, ma serve un’intelligenza artificiale all’altezza di tale compito: una di quelle che possa diventare arbitro e spettatore attivo della natura. L’incipit non è quindi assai complesso, ma ci permette di curiosare nelle varie terre delle tribù per comprendere e attingere dalla loro cultura, mentre cerchiamo di far tornare i parametri del globo alla normalità.
La storia nasconde, inoltre, un messaggio fortemente critico e moderno. Sebbene gli abitanti siano paragonabili agli uomini di qualche migliaia di anni fa, ci viene fatto intendere che la mentalità umana è rimasta invariata e destinata a un eterno ciclo autodistruttivo. Fa riflettere costatare che, mentre Aloy manifesti preoccupazione dinnanzi ai cataclismi, gli umani sembrino ciechi dinnanzi alle loro priorità.
Avidità, potere e ideologia sembrano aver invaso la mente delle tribù, molto più della stessa Piaga Rossa. Le popolazioni dunque sono comunque il ritratto romanzato della nostra odierna divisione, nonché metaforicamente una critica alla nostra incapacità di far fronte a un problema che marcisce proprio sotto il nostro naso. La frustrazione di Aloy è palpabile e siderale, lascia a bocca aperta. La narrazione così appare ammantata da un fitta nube di pessimismo, perfetta - nella sua negatività - nel raccontare le fragilità della nostra natura e l’incapacità - tristemente tramandata - di collaborare.
Il piacere di deragliare dal percorso principale in Horizon Forbidden West
Facendo quindi chiarezza su questi punti che ci illustrano magistralmente il contesto in cui si muove la scacchiera narrativa, possiamo ora discutere dell’andamento degli eventi. Al netto di qualche leggera forzatura, le premesse della storia sono magnetiche e stimolanti. Spingono volentieri il giocatore ad esplorare e curiosare in ogni anfratto dell’Ovest Proibito. C’è una grande attenzione al non lasciare nulla al caso, anche se il vero punto di forza sta nella cornice narrativa. Le sole missioni secondarie sono perlopiù innesti per invogliarci ad approfondire aspetti segreti e nascosti.
Per comporre il mosaico completo degli eventi è però necessario raccogliere con cura anche una serie di missioni secondarie vitali per la conoscenza generale. Questa scelta vive di alti e bassi. Da un lato offre guizzi di genialità, stimolando anche player più pigri, dall’altra risulta eccessivamente frettolosa nella descrizione di alcuni passaggi fondamentali.
La sceneggiatura è senza dubbio ispirata, ma subisce il contraccolpo di un andamento altalenante e poco incisivo, soprattutto quando deve sciogliere nodi di trama complicati. La parte finale doveva essere raccontata meglio, così come gli ultimi personaggi introdotti, che meritavano decisamente più spazio. Nel suo complesso però i picchi di interesse non mancano, pertanto si nota uno sforzo, quantomeno nel migliorare una delle fragilità messe a nudo nel primo capitolo. Siamo ora al piatto più sostanzioso della recensione: la mappa di gioco.
Horizon Forbidden West è indubbiamente un open world che dà molto spazio di manovra al giocatore. È facile perdersi nei territori selvaggi dell’Ovest Proibito, così come rimanere ipnotizzati dai panorami mozzafiato che squarciano il cielo. La sensazione che si prova nell'assistere ai primi timidi raggi dell’alba nei panorami desertici o correre nei boschi tra la danza delle lucciole, è davvero piacevole. L’atmosfera è uno dei fattori che contribuisce a rendere un open world vivo e vibrante, perciò è opportuno celebrarla quando questa riesce a armonizzare la natura. La luce, come dicevo, è protagonista indisturbato delle terre selvagge, ma la diversità del clima è il punto forte.
Un microclima come campana di vetro
Credo sia irrilevante discutere del comparto grafico proposto dal team di sviluppo, perché non occorre decantarlo ulteriormente. La qualità estetica del gioco è fuori discussione, poiché riflette i già elevati canoni di bellezza imposti dal settore. Ho ragion di credere che sia dunque superfluo enfatizzare ulteriormente tale aspetto, ma è comunque opportuno ragionare su come la veste grafica esaminata si abbini alle scelte artistiche che si è desiderato mettere sotto i riflettori. Riesce il rinnovato comparto grafico a far percepire come vivo e pulsante il mondo raccontato? La mappa, che ricordo essere divisa da ostacoli naturali, vanta di un microclima unico per ogni area, che a sua volta ospita una tribù locale. Il vasto Ovest Proibito ci propone lande sabbiose, foreste rampanti, pantani melmosi, nude rocce e tempeste di neve. L’alternanza climatica però serve solo a offrire varietà, ma non profondità. Ciò che rende queste terre speciali è il clima cristallizzato in ognuno di esse, patria di fauna e flora ben caratterizzate. È facile imbattersi in una ben variegata vegetazione, palcoscenico in cui si esibiscono decine di specie diverse con comportamenti spontanei e naturali.
Dallo scorpione che si nasconde sotto la sabbia, alle volpi quatte tra i fili d’erba, passando per i banchi di pesci dai colori sgargianti, bisogna fare un plauso alla meticolosità con la quale è stata differenziata la fauna. Tra l’altro, ognuno degli animali è utile per vari materiali, che possono essere impiegati sia nella creazione di specialità locali, sia per migliorare la capienza del proprio inventario. La cura nel dettaglio estetico dei panorami proposti, riesce a far respirare a pieni polmoni il brutale e l'indomito spirito della natura, specialmente nelle sessioni di caccia.
La caccia, infatti, è una dei punti focali per approcciare al meglio il gameplay di Horizon: Forbidden West, che vi assicuro non essere semplicissimo. Negli accampamenti principali delle regioni troverete sempre un cuoco, oltre che ai soliti mercanti da cui rifocillarvi. Ognuno di essi vi permetterà di acquistare armi e prodotti locali esclusivi, tutti propedeutici a gestire al meglio le peripezie che vi aspettano da lì a poco. Il cuoco vi fornirà delle ricette per una serie di pietanze utili a migliorare alcune statistiche, oltre che ad aumentarvi sensibilmente la vita nel prossimo scontro. Ciascun avamposto regala un discreto numero di attività ricreative, che si differenziano in minigiochi e piccole - ma significative - quest. Rimane piacevole passeggiare tra la gente per ascoltare discorsi locali o chiacchiericci esilaranti, soprattutto perché si percepisce il luogo come un vero punto nevralgico di vita e ci si può imbattere in sipari capaci di strappare più di un sorriso.
L’arte e la cura con cui sono state raffinate le varie regioni si può anche notare nell’approccio che dovremmo valutare per esplorarle appieno. Non si tratta solo si studiare i metodi più efficaci per abbattere le macchine più pericolose che brulicano in quella zona, ma anche di saper valorizzare il proprio arsenale. Come spiegherò meglio tra poco, i danni elementali delle armi, così come l’efficienza di determinate armature, sono da considerare in ogni nuova regione. La capacità di adattarsi al habitat in cui ci troviamo è una necessità più che un consiglio, e devo dire di averlo trovato stimolante come processo. Ad esempio, ho scelto di usare perlopiù trappole nelle zone boschive, perché provviste di appigli adeguati e con una presenza di nemici deboli a questa strategia. Nelle grotte, invece, è da preferire un approccio stealth, anche perché vi è una prolifica presenza di funghi in grado di rilasciare spore, che possono renderci invisibili per qualche secondo.
Insomma, sfruttare ciò che offre l’ambiente e le sue peculiarità naturali rimane la carta vincente per gestire al meglio le missioni più complesse. Oltre alla caccia e al variegato ecosistema che compone la mappa di Horizon Forbidden West, è bene anche mettere l’accento sull’ingegnosità dimostrata nei puzzle ambientali.
Scritture proibite tramandate da antenati..in formati diversi?
L’Ovest Proibito veste ancora il lascito degli antenati che hanno calpestato quel suolo, infatti sono reperibili diversi ruderi e strutture invase dal muschio. In quel panorama, ove il pungente colore della ruggine si sposa con l’imperituro vigore della natura, troviamo sopite alcune architetture del vecchio mondo che potremmo esplorare. Certo, il tempo ha sicuramente danneggiato l’estetica di questi luoghi, ma non mancano manufatti e frammenti della vita di quel periodo. Ho dato un importante peso specifico ai puzzle ambientali nell’opera perché sono sia impegnativi quanto basta ma, soprattutto, ognuno riesce a far rivalutare un elemento di design appreso fino a quel momento. Si scopre il diverso utilizzo di oggetti che pensavano avessero un solo scopo e si riesce efficientemente a diversificare l’area dove si svolge l’enigma di turno.
L’unione di imprevedibilità e sorprese nell’utilizzo di meccaniche che credevamo di aver già spolpato a dovere, rende il processo di apprendimento godibile fino in fondo. Per tutte e 80 - circa - di ore che ho trascorso in Horizon Forbidden West, ho dovuto riadattarmi e imparare particolari sempre nuovi.
Horizon Forbidden West: dondolare tra ruggine e ruderi di hotel
Magari potrà sembrarvi banale, ma basti pensare a uno degli errori più comuni negli open world che puntano alla longevità: lo stantio apprendimento dopo un cerco punto. Tale dilemma è stato invece sapientemente arginato dal team di sviluppo, grazie all’ausilio di un level design intelligente e ben orchestrato, capace di sfruttare ognuno degli accessori base in dotazione. Il rampino è lo strumento più duttile del gameplay, perché si presa a diverse situazioni. Di base è un comodo supporto per agevolare le scalate e per appendersi a sporgenze altrimenti irraggiungibili, ma può che aprire passaggi nella roccia e trainare punti mobili. In pratica, incastonati in alcuni muri potremmo scorgere delle lamiere di metallo a cui agganciare il rampino e così scardinarle.
In certe occasioni si possono trainare o abbassare oggetti per attraversare punti irraggiungibili o per attivare meccanismi insoliti. Tutto ciò che ha un insolito colore blu - e che viene evidenziato dal focus - può essere agguantato con l’artiglio di metallo. Da apprezzare anche le intense sessioni esplorative subacquee, altresì possibili da un un gadget che ci permetterà di spingerci oltre i normali fondali, osando oltre le correnti marine. Quello che mi aspettavo essere un semplice sgusciare tra bolle e alghe, si è rivelato qualcosa di più. Che siano luci naturali o artificiali, i fondali sono un altro esempio dell’esuberante art direction promossa da Guerrillla Games. Ciò che però buca lo schermo più del turbine di colori che irradia l’acqua, è l’elegante connubio tra le strutture immerse del vecchio mondo e la natura che le sovrasta. Qualche brivido lo avvertirete anche voi, ne sono sicuro.
Menzione d’onore anche per la planata in Horizon: Forbidden West, che rende decisamente più scorrevole e piacevole l’avventurarsi su altare pericolanti, per poi librarsi senza preoccupazioni. Un innesto essenziale per garantire la verticalità di gameplay e concedere ancora più libertà. Gli spostamenti sono anch’essi facilitati da alcuni elementi di semplice introduzione. Il viaggio rapido è sfruttabile sin da subito, acquistando un qualsiasi numero di kit da mercanti di fortuna. Fare una scorta di tale consumabile vi darà la possibilità di muovervi in lungo e in largo senza badare troppo alle distanze, una scelta saggia introdurlo subito, considerata la vastità del territorio.
Il piatto forte però rimane la possibilità di montare in sella a diverse macchine, che potremmo domare grazie alla nostra arma principale. Tutti i nemici sono addomesticabili, anche se non tutti cavalcabili. Scorrazzare in sella a qualche poderosa creatura è oltremodo divertente, ma non sempre efficace. Laddove sembra semplice perdersi in vasti panorami sulla schiena di qualche metallico compagno, questo non sempre farà danni sufficienti per assicurarci una posizione di vantaggio durante gli scontri. Ovviamente anche questa sfaccettatura di gameplay è potenziabile nell'albero abilità, quindi la potenza di carica delle cavalcature è migliorabile per poi essere integrata con il giusto vigore negli scontri.
Volare su ali di metallo oltre la nebbia
Incornate e pestoni, non sostituiscono in alcun modo la lancia e l’arco della nostra Aloy, che dovrà sempre essere pronta distruggere i pezzi vulnerabili dei nemici. Cosa dire quindi dell’organizzazione dell’open world? Abbiamo detto che gli strumenti sono propedeutici a una profondità ludica ricercata e che si scivola da una città a un’altra con piacere, ma ci si annoia? La qualità più rilevante di Horizon Forbidden West è la messa in scena dell’Ovest Proibito. Sono presenti un variegato numero di attività secondarie e decine di punti di interesse propedeutici a rendere più piacevole la vostra permanenza. La loro distribuzione è ben calibrata rispetto alla superficie esplorabile e riesce a mantenere alta l’asticella della curiosità, senza forzature o contenuti ridondanti.
Siamo al cospetto di uno degli open world meglio strutturati degli ultimi anni. Le azioni ripetitive sono ridotte all’osso e non ci sono decine di compiti secondari clonati, utili giusto ad allungare di qualche ora la longevità del titolo. L’esperienza ludica è bilanciata per evitare squilibri e azioni vacue richieste . Guerrilla Games ha dimostrato di rispettare il tempo del fruitore, garantendo comunque un mondo vivace e sorprendente, in cui è piacevole perdersi per qualche ora in più. Sottolineo sempre con piacere la qualità di un open world che decide di valorizzare e diversificare, piuttosto che allungare e annacquare. Le musiche, infine, coronano quanto di poetico eretto sul fronte dell’art direction, enfatizzando l’esplorazione e avvolgendo il giocatore durante gli scontri più ardui: sempre azzeccate.
Il cuore pulsante Horizon Forbidden West, così come fu per il primo capitolo, rimane la sua matrice action RPG. Aloy volteggia con la sua solita disinvoltura tra le ruggenti macchine che si palesano sul suo cammino, ma ora vanta di sicurezza e consapevolezza. La sua rinnovata risolutezza si manifesta anche nelle abilità che è in grado di ostentare in battaglia. Il corpo a corpo con la lancia rimane un approccio efficace, specialmente ora che i nemici vantano di una corazza ben più spessa dei predecessori.
Nell’albero delle abilità e dei potenziamenti, potremmo però decidere su cosa puntare, anche in base al nostro stile di lotta. Sebbene siamo presenti bonus che sarebbe opportuno avere a prescindere dal proprio stile, come l’aumento del danno critico o l’amplificazione delle mosse stealth, vi è una scelta adatta a tutti i gusti. Ogni sottoinsieme di bonus e abilità vanta, inoltre, di un potere speciale che può essere sprigionato da Aloy per ottenere vantaggi aggiuntivi: la cosiddetta carica valorosa. Per esempio, attivandola si può migliorare i danni e le prestazioni delle proprie frecce, così da ottimizzare ogni colpo.
Si può optare per uno strenue utilizzo degli ordigni esplosivi ed elettrici, valorizzando le trappole e ottimizzando il loro tempo di preparazione, oppure è possibile virare sul combattimento fisico per alternare con efficienza lancia e arco: un approccio ibrido è sicuramente consigliato. Ammetto però di aver ceduto al fascino delle frecce, non solo perché trovo che il combattimento a distanza sia il più esaltante, ma anche per la duttilità che offre. Mi spiego meglio. Le macchine in questo gioco sono più agguerrite di quel che ricordiamo e il loro ruggente strapotere, che manifestano con disarmante semplicità, può metterci all'angolo in pochi colpi.
Furia elementale, imbrigliata in un arco
Ognuna di esse può creare problemi in qualunque momento e non importa quale equipaggiamento mostriamo con fierezza. Sono lontani i tempi in cui il Divoratuono era la bestia in cima alla catena alimentare e troneggiava su tutto il resto, che fosse fatto di carne o di metallo. Se nel primo capitolo gli attacchi elementali e i malus che infliggevano alla creature erano utili, ma potevano essere surclassate da altre strategie belliche più performanti, qui ne ho sentito la necessità. Acido, gelo, fuoco e elettricità in primis sono i migliori su cui fare affidamento, poiché riescono ad indolenzire, bloccare o logorare anche i nemici più ardui da atterrare. Il resto del lavoro è nelle mani dell’arco e della vostra accortezza nel rompere quanti più punti deboli possibili nel minor tempo.
Un plauso meritato va anche al ruolo che il DualSense mostra nell’esperienza del tiro con l’arco, riuscendo egregiamente a trasmettere la sensazione della tensione dell’arma. L’ambiente stesso offre, anche in questo capitolo, vantaggi tattici notevoli. Potrete abbassare ponti, innescare trappole attive, far rotolare massi e cadere impalcature per mutilare o abbattere completamente branchi di nemici. Lo strumento che meglio si presta a un gameplay così dinamico è un arco con sia frecce in grado di infliggere danni elementali, sia normali, così da sfruttare la situazione corrente nel miglior modo possibile. L’approccio stealth rimane uno dei punti di forza del brand, poiché vi farà uscire indenni da molte situazioni spiacevoli, ancor prima che queste possano diventare irreversibili.
È bene infatti sottolineare che l’intelligenza artificiale delle macchine è stata modernizzata e raffinata, rendendo i temuti mostri di Horizon Forbidden West delle instancabili macchine da guerra, in gradi di adattare moveset e stile di lotta in base al terreno e alle nostre azioni. Il livello di sfida in loro presenza rimane impegnativo, anche se ben preparati. Se avete apprezzato lo stile di combattimento del primo capitolo e cercate una sfida più intensa, allora troverete decine di nuove creature in attesa di conoscervi. La loro pericolosità è dettata dalla crasi tra l’animale da cui prendono ispirazione e il comparto mosse letali assegnatogli in fase di progettazione. Il team di sviluppo ha plasmato degli esseri imprevedibili e dall’elevata forza fisica, molto più minacciosi e brutali nel complesso, ma anche più ispirati alla loro controparte naturale.
Laddove si sono fatti passi in avanti nella già blasonata retro ingegneria delle macchine e nel loro comportamento, non vi sono notizie entusiasmanti per la IA umana. Horizon Forbidden West sprizza next gen in art direction e level design, ma è impantanata in alcuni dei tristi retaggi della vecchia generazione. Primo tra tutti la formulazione dell’intelligenza nei nemici umani.
I retaggi della old gen
Purtroppo non sono decisamente all’altezza della loro controparte meccanica e finisco per essere loro i più arrugginiti tra i due. Nulla di allarmante sia chiaro, semplicemente sono anni che purtroppo nel campo degli open world si notano appena timidi passi in avanti su questo fronte, quindi non avrà un peso eccessivamente negativo in questa recensione. Vale però la pena fermarsi e riflettere: quando vedremo una IA umana degna di tal nome? Confidiamo che questa generazione possa infrangere dei limiti ormai divenuti artisticamente soffocanti, per ora rasentiamo la sufficienza, in generale. La resa tecnica di Horizon Forbidden West è stranamente altalenante. Vi sono picchi di eccelsa qualità in termine di programmazione e ottimizzazione, ma anche spiacevoli sbavature.
Non ho trovato in 80 ore di gioco bug o errori che potessero minare l’esperienza, ma vi sono delle cadute di stile che mi aspetto si possano risolvere al day one. Nessuna di queste ha in qualche modo contaminato il gameplay o si è mostrata di frequente, ma mi aspetto dei ritocchi ad arte, per un’opera così squisita. Vorrei, infine, fare un plauso alle animazioni, ma non solo quelle in combattimento che si sono dimostrate figlie della baldanza del primo capitolo, anche quelle delle esecuzioni in stealth. Ho contato almeno 10 stili diversi di atterramento mentre si è occultati, ognuno in grado di sfruttare oggetti in scena o armi in dotazioni diverse. Tali scelte hanno decisamente reso più appagante la parsimonia che occorre per rimanere nell'ombra.
Ho anche avuto modo di provare Horizon Forbidden West su PlayStation 4, così da valutare possibili sbalzi qualitativi. L’opera si comporta bene anche sulla vecchia piattaforma Sony e mantiene tutto il fascino che vi ho dipinto con minuzia nei paragrafi precedenti ma, ovviamente, senza troppo sfarzo. Fortunatamente le sbavature tecniche che mi avevano fatto storcere il naso maggiormente sono state limate nella patch pre day one e non ho notato altri errori degni di nota nelle ore di sessione. Non abbiate paura di godervelo anche su old gen.
Voto Recensione di Horizon Forbidden West - PS5
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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- Uno dei migliori open world degli ultimi anni, mai ripetitivo e sempre stimolante
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- Design delle macchine rinnovato con esempi di rara e selvaggia bellezza
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- Stili di combattimenti e abilità adatti a tutti gli approcci perfezionati
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- Direzione artistica da far sgranare gli occhi
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- I nuovi strumenti rendono l'esplorazione più godibile
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- Habitat naturali con fauna e flora ben caratterizzati
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- Una storia con forte identità e un messaggio da tramandare...
Contro
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- Intelligenza artificiale umana ancorata ai limiti della vecchia generazione
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- Sbavature tecniche che fanno storcere il naso, in parte limate con la patch pre day one
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- ...ma che giunge nella seconda parte con affanno e ritmo altalenante
Commento
Horizon Forbidden West riesce a mantenere alte le premesse che ci avevano stuzzicato nel primo capitolo, riformulando e rafforzando alcuni punti deboli. La retro ingegneria delle macchine, così come l'intelligenza artificiale che l'ha rese tanto temibili, rimane sublime sia sul lato tecnico che di design, ampliando il catalogo dei nemici. Al netto di un'IA umana non all'altezza dell'ambizione dell'opera, l'esplorazione risulta una delle più appaganti da vivere sulla console di casa Sony. L'open world, tra puzzle ingegnosi e regioni meticolosamente dipinte dal variopinto microclima che le contraddistingue, è tra i migliori degli ultimi anni. Non ci sono zone vacue e prime di significato: tutto è condensato per offrire un'esperienza mai monotona, che rispetta il tempo del giocatore, senza mai far scemare l'interesse. La storia vive una situazione altalenante. Se da un lato vi sono palpabili guizzi di genialità, che quasi eclissano i problemi di qualità narrativa evidenziati nel primo capitolo, dall'altro si arriva verso il finale con affanno e tante domande. Sebbene siano presenti sbavature tecniche, che però non hanno mai minato l'esperienza di gioco, ottanta ore di gioco scorrono con piacevolezza in uno dei mondi più rievocativi e ispirati mai creati nelle fucine PlayStation. Il tutto è poi impreziosito da una ricercata formula, atta a valorizzare tutti gli stili di combattimento e la vivacità con cui è stata pensata la natura di Horizon. Acqua, terra e aria sono brulicanti di vita, mentre tra il muschio e le piante rampicanti potremmo esplorare giganti di ruggine del passato, osservando la nostra realtà da una nuova prospettiva. L'estetica presentata dal team di sviluppo riesce ad eccellere e a brillare in ogni aspetto durante tutta l'esperienza, regalando momenti di pura goduria visiva. Incastonato sotto i codici di programmazione vi è però un messaggio che dovrebbe essere letto con il cuore, prima che dalla mente. Spero che la scossa morale sollevata nell'opera possa giungere a tutti gli appassionati, confidando che la critica sociale mossa da Aloy possa essere utile ad ispirare anche la nostra generazione. In conclusione, siamo al cospetto di un prodotto must have per tutti coloro che adorano il genere e che possiedono PlayStation 4 o PlayStation 5, ma che avrebbe potuto osare di più per bucare la soglia della memorabilità.