Homeworld 3 | Recensione - Un grande ritorno
Homeworld 3 ritorna, dopo quasi dieci anni dal secondo, bellissimo capitolo e a ben 25 anni dal capostipite, sugli schermi degli appassionati.
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a cura di Lorenzo Quadrini
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Homeworld 3 ritorna, dopo quasi 21 anni dal secondo, bellissimo capitolo e a ben 25 anni dal capostipite, sugli schermi degli appassionati. La sfida odierna è quella di riuscire ad eguagliare e magari superare due dei titoli RTS più belli di sempre.
Per chi non conoscesse la saga, ritengo necessario sottolineare innanzitutto l’aspetto più sorprendente e di rottura, almeno rispetto alla concorrenza, ossia l’elemento tridimensionale. Homeworld 3 è uno strategico in tempo reale con setting fantascientifico, nel quale costruire e gestire una gigantesca flotta spaziale, all’interno di una mappa non isometrica (come la stragrande maggioranza degli RTS), ma sviluppata su tutti e tre gli assi direzionali.
Un altro elemento di interesse, almeno per quanto riguardava Homeworld 1 e 2, era la trama. L’approccio narrativo dei titoli di Relic Entertainment si fregiava di un racconto di ampio respiro, pur se con uno stile minimalista ed asciutto. Il risultato è sempre stato un intrattenimento ludico ben collegato con una trama forse criptica, ma dal sentore di space opera. Homeworld 3 è passato di mano da Relic a Blackbird Interactive, il che non mi aveva preoccupato più di tanto, vista la buona esperienza anche di questo secondo sviluppatore.
Trama che si fa dimenticare
Purtroppo, anche se non indecente, l’elemento narrativo non spicca per questo terzo capitolo, nonostante le buone premesse. La storia segue le vicissitudini della nave madre dei Kushan, collegata neuralmente a Imogen S'jet ed in procinto di dover affrontare una minaccia che potrebbe distruggere l’universo intero. Insomma, degli ingredienti ottimi, inseriti però in uno zuppone che nel corso della campagna si scialacqua un pochino, finendo per perdersi in cutscene poco interessanti ed un’evoluzione di intreccio prevedibile e poco soddisfacente.
Il punto forte rimane, fortunatamente, il gameplay, nel quale Homeworld 3 riesce in maniera brillante, pur senza rivoluzionare la propria core experience. Personalmente ho sempre apprezzato l’approccio completamente mobile di Homeworld, nel quale il fulcro della gestione parte dalla Nave Madre (centro di ricerca, bastione di difesa e produttore di navi), una enorme navicella autonoma che può spostarsi lungo la mappa. Dopodiché il giocatore è chiamato a raccogliere risorse - anche qui, apprezzo molto la scelta di semplificazione con la quale presentare solo una risorsa, per di più limitata all’interno della mappa - con le quali ricercare e costruire la propria flotta. Il vero punto di complessità, al netto di un certo approccio strategico nello scegliere i settori di raccolta più difendibili e nel piazzare difese fisse e sonde in maniera oculata, è chiaramente la gestione della flotta.
Homeworld 3 mette a disposizione decine di modelli, tutti basati sulla modalità che io amo chiamare di “sasso, carta e forbice”: ogni tipologia di nave è forte contro un’altra tipologia e debole contro altre. Un classico di ogni RTS, qui riprodotto in maniera più sfaccettata, grazie alla possibilità di scegliere in maniera più profonda la disposizione e gli spostamenti delle unità, sia per la capacità di approfondire le modalità di combattimento delle navi con alcune ricerche opzionali.
Solidità tecnica
Al netto quindi di questi elementi se vogliamo tradizionali, il grosso dell’esperienza di Homeworld 3, come già accennato, rimane la spazialità tridimensionale. La possibilità di sfruttare anche la verticalità, sia nel movimento difensivo che in quello offensivo, apre scenari strategici che portano come conseguenza forte rigiocabilità e situazioni sempre diverse tra loro, anche magari all’interno dello stesso livello di una campagna.
Molto interessante anche la modalità di war games, nella quale in cooperazione con altri due utenti si dovranno affrontare livelli a difficoltà incrementale, al cui avanzamento è preposto anche lo sblocco di tecnologie e artefatti. Una novità che si sposa bene con il mood della produzione e che pone una sfida intrigante, sia perché l’approccio cooperativo nasconde sfide e strategie diverse dalla campagna, sia perché la crescita graduale stimola la voglia di proseguire nel percorso bellico.
Tecnicamente il gioco si dimostra all’altezza del già elevato livello qualitativo del gameplay. Certo, per la stragrande maggioranza del tempo si è costretti a rimpicciolire la visuale o ad usare la mappa strategica (che tra l’altro, lo dico senza timore, è una delle migliori interfacce “warfare” che abbia mai utilizzato in un RTS), ma quando si decide di zoomare Homeworld 3 è una meraviglia. I modelli delle navicelle sono meticolosi, plausibili - almeno, li ritengo plausibili sulla scorta delle mie buone conoscenze di letteratura fantascientifica - e densi di dettagli. Allo stesso modo le battaglie e gli scontri si risolvono in un tripudio di colori, laser, esplosioni e movimenti in volo che restituiscono un senso di epicità difficile da trovare in qualsiasi altro competitor. Bellissima anche la gestione delle luci e il background spaziale. A braccetto con questo grosso sforzo produttivo arriva anche la colonna sonora di Paul Ruskay. Una gemma dentro la gemma, se vogliamo, che funziona bene e che restituisce quelle vibes molto simili alla recente produzione cinematografica su Dune. Una scelta certo furba, ma sicuramente azzeccata.
Voto Recensione di Homeworld 3
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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Strategia e gestione della flotta appaganti
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Visivamente di impatto
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Le musiche di Paul Ruskay!
Contro
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Trama poco interessante
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Schermaglie potevano avere più scenari