Home Sweet Home, recensione di un Silent Hill tailandese
Dalla Thailandia arriva Home Sweet Home, un survival horror che promette brividi e altrettanti salti dalla sedia per non farvi rimpiangere Silent Hill.
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a cura di Massimo Costante
Senior Editor
In sintesi
Dalla Thailandia arriva Home Sweet Home, un survival horror che promette brividi e altrettanti salti dalla sedia per non farvi rimpiangere Silent Hill.
Il riferimento alla mancata produzione di Silent Hills di Hideo Kojima, divenuto famoso per lo spaventoso P.T. (playable teaser) di alcuni anni fa è davvero dovuto per Home Sweet Home, un nuovo survival horror sviluppato dal team indipendente YGGDrazil Group Co. Si tratta di un titolo che, nonostante la sua natura indie, attinge a piene mani dalle ultime produzioni come Resident Evil 7, Amnesia e il riuscitissimo Outlast, ma pur mantenendo inalterate alcune meccaniche di base, vuole instillare l’orrore introducendo alcune credenze tipiche della cultura tailandese. Ma che fine ha fatto la nostra casa dolce casa? E soprattutto in quale incubo si trova la moglie di Tim?
Lo sviluppo di Home Sweet Home è stato condotto da YGGDrazil Group, un team abbastanza nuovo nel campo dei videogiochi, che ha deciso di investire le proprie risorse nella nostra forma di intrattenimento preferita, con particolare attenzione alla realtà virtuale. Infatti, Home Sweet Home, già disponibile per PC da alcuni mesi, viene distribuito per PS4 dando la possibilità di giocare l’intera avventura con PlayStation VR. Tutti segnali rivelatori che vogliono comunicare subito quali sono quelle leve della paura sollecitate da una produzione del genere.
Nascosti nel buio e in fuga dall’incubo.
Home Sweet Home lavora molto bene sulla psicologia del giocatore, e già dalle prime battute di gioco si occupa di capovolgere il reale introducendo la visione dell’incubo. Il nostro protagonista Tim, si sveglia in un luogo sconosciuto, che non è la sua dolce casa, ma soprattutto sua moglie Jane è sparita. Con un’immersione totale ottenuta prima da una visuale in prima persona e poi da quella offerta dal vostro visore per la VR (il titolo è giocabile anche senza PS VR), saremo prigionieri di un luogo misterioso che cambia di continuo, con porte che spariscono improvvisamente, oggetti che cadono inspiegabilmente e poi c’è lei. Una donna mostruosa in pena che vi darà la caccia armata di un taglierino. Inutile dirvi che il nostro Tim non avrà alcuna arma per difendersi e dopo aver incrociato le mostruosità tipicamente ispirate alla mitologia tailandese, capiremo ben presto che l’unica nostra difesa è nascondersi. Tim può fare luce con la sua torcia per compiere la sua continua ricerca della via di fuga, ma quando incontra la ragazza dal taglierino letale o quei mostri giganti che infrangono le finestre, dovrà trovare subito un armadietto dove nascondersi o un tavolo per coprirsi… a volte basta solamente l’oscurità più totale per renderci invisibili, confermando la natura stealth del titolo.
In una fase ben definita del titolo, Tim si troverà in casa propria, troverà numerosi indizi che rivelano l’intreccio narrativo della storia e alcuni manoscritti della moglie Jane. Una fase esplorativa e investigativa, che spezza un po’ il ritmo di gioco che caratterizza gli altri scenari, ma che comunque non esclude il livello di tensione ottenuto dalle pesanti atmosfere disturbanti del gioco. Troveremo anche alcuni enigmi, chiavi da trovare, combinazioni numeriche di casseforti da ricavare, nulla di particolarmente impegnativo, ma che si coniuga alla perfezione con un gameplay essenziale, anche poco dopo vi sembrerà ripetitivo, e minimalista – come un inventario che di fatto esiste, ma che dopo pochi minuti vi dimenticherete di averlo a disposizione.
Il folclore tailandese e le entità soprannaturali descritte in alcuni testi trovati forniscono ulteriori informazioni sulla mitologia e raccontano le mostruosità che stiamo affrontando, spiegandoli come spiriti affamati di persone che nella loro vita passata hanno inglobato un cattivo karma. Questi sono i veri punti di forza di questo titolo che riesce a imprimere la paura senza la necessità di dover ricorrere all’uso sfrenato di jump scare – nonostante alcuni di essi siano presenti e ben collocati.
Come finisce la storia?
Tecnicamente siamo di fronte a un titolo decisamente sopra la media, che a giudicare dal buon utilizzo dell’Unreal Engine 3 renderà molto bene anche con l’utilizzo di PS VR. Gli ambienti sono bui e spogli, ma chiariscono il concetto del luogo sconosciuto con la minaccia che potrebbe essere dietro l’angolo, motivo per cui, anche in totale assenza dei nemici, ci si trova a procedere sempre a passo normale – pur avendo la possibilità di correre – e con la torcia sempre accesa. Esattamente come faremmo nella realtà. Obiettivo immersione totale pienamente raggiunto da parte degli sviluppatori.
Con musiche quasi assenti, il sonoro resta comunque protagonista dell’intero titolo, giocando un ruolo fondamentale nell’immersione del giocatore nelle ambientazioni orrorifiche di Home Sweet Home: proprio il primo nemico che incontrerete nel corso del gioco, vi annuncerà la sua presenza con il suo “cric-cric” continuo della lama del taglierino.
Abbiamo concluso Home Sweet Home dopo circa 5 ore di gioco, non tantissime, ma non possiamo dire di aver messo la parola fine alle avventure di Tim. Infatti, decisamente a sorpresa, il titolo finisce lasciando del tutto in sospeso la trama… un espediente che obbliga a giocare una seconda parte complementare (quindi non propriamente un sequel) che evidentemente è già in fase di sviluppo, ma che lascia un po’ di amaro in bocca a chi, legittimamente, si aspettava un titolo completo.
Oltre questo finale-non finale del titolo, Home Sweet Home si colloca in quella schiera di titoli che abbiamo conosciuto negli ultimi anni e che abbiamo citato già all’inizio di questa recensione, confermando un format di gioco consolidato quindi in passato e che non aggiunge nulla di nuovo nel panorama dei survival horror, se non fosse per la visione horror folcloristica della cultura tailandese. Il karma è importante. Tenetelo bene a mente.
Se non avete ancora giocato a Resident Evil 7 è giunto il momento di recuperare qui il miglior survival horror per realtà virtuale!
Voto Recensione di Home Sweet Home
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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- Gli incubi della cultura tailandese meritano di essere vissuti;
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- Atmosfera davvero ben ricreata;
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- Un viaggio interiore che vi farà capire l’importanza del karma.
Contro
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- Il gioco non ha un vero finale. Quando arriverà la seconda parte?
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- Formula di gioco poco originale.
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- Gameplay dopo un po’ ripetitivo.
Commento
Home Sweet Home è un gioco che catturerà l’interesse di tutti gli amanti dei survival horror, restando ancorato a delle meccaniche già consolidate da altri pilastri del genere. Risulta affascinante l’introduzione della mitologia horror del folclore tailandese e la panoramica sull’importanza del karma. Pochi jump scare e ben collocati, enigmi semplici ma d’effetto, un minimalismo generale che lascia spazio al senso di opprimenza e di paura, che potrà essere smorzato solo da una torcia elettrica, l’unica arma che abbiamo a disposizione. La nota dolente è che non dura moltissimo e, soprattutto, sembra sia stato volutamente tagliato sul più bello per farci attendere quella che dovrebbe essere la seconda parte del gioco. Arriverà? Speriamo presto!