Gunfire Reborn è uno di quei giochi che ti ruba la vita | Recensione
Quando ho avviato Gunfire Reborn per la prima volta, ovvero trenta ore prima di concluderlo, non sapevo affatto cosa avessi di fronte
Advertisement
a cura di Nicholas Mercurio
Quando ho avviato Gunfire Reborn per la prima volta, ovvero trenta ore prima di concluderlo, non sapevo affatto cosa avessi di fronte, né perché mi attirasse così tanto. Non avevo idea di cosa potesse offrirmi, non sapevo cosa avesse da raccontare e, soprattutto, non ne avevo mai sentito parlare. Mi sono informato su Steam, cercando notizie a riguardo, leggendo le recensioni e poi, avviandolo, ho scoperto che non avrei fatto altro per tutta la settimana.
Inizialmente avevo ricercato la spiegazione più semplice, tirando in ballo l’ignoto, l’unica forza capace di offrire felicità e beatitudine, ma non avevo fatto i conti con l’imprevedibilità, che può portare sofferenza e tristezza a dismisura. Nonostante questo, però, Gunfire Reborn è un videogioco che si colloca fortunatamente nel primo caso, come ha fatto Hades a suo tempo, ormai due anni fa. A differenza però del capolavoro di Supergiant Games, Gunfire Reborn è un FPS che unisce non una, non due, ma ben tre anime al suo interno, esaltandole tutte in modo originale e intelligente e scegliendo di conseguenza un approccio ben diverso da tante altre produzioni presenti sul mercato.
Quando si analizza un videogioco, spesso non si parla mai abbastanza della personalità di un’opera, ed è un peccato, perché videogiochi come Borderlands sopravvivono nel mercato odierno specialmente grazie alle loro caratteristiche folli e atipiche. Pubblicato originariamente su PC e mobile, Gunfire Reborn è un videogioco sviluppato da Duoyi Network, un team cinese che nel suo storico vanta un’unica opera che risponde al nome di Eternal Magic, un free-to-play disponibile unicamente su PC che però non ha riscosso successo, non incuriosendo neppure i giocatori appassionati di MMO.
Gunfire Reborn, a differenza di Eternal Magic, è un videogioco ben diverso sotto tutti i punti di vista, nonché notevolmente più ambizioso, ispirato e meglio costruito, perché rientra tra le produzioni di cui nessuno si accorge subito perché oscurate da nomi più illustri. In questo ottobre infuocato, per l’appunto, siamo forse troppo saturi di proposte: se da una parte esce Batora: Lost Haven, dall’altra si presenta Gotham Knights con tutte le sue problematiche. E così via, come è inevitabile, perché i videogiochi non si fermano mai. Gunfire Reborn non ha però niente da narrare, se non quando sia divertente sparare a qualunque cosa cammini e respiri. D’altronde, siamo reduci da DOOM e Halo Infinite, da opere incredibili ma anche da videogiochi che ci hanno deluso e lasciato con l’amaro in bocca.
Prima di provare una produzione, spesso ci si domanda cosa si ha di fronte, ipotizzando magari a quale genere possa appartenere ancora prima di scoprirlo sulla pagina ufficiale dei vari store delle piattaforme. È un comportamento naturale, perché d’altronde avviene con tante altre forme d’arte e con molti altri media. Gunfire Reborn, lo ammetto, pensavo fosse una delle tante produzioni che tenta di uscire dall’ordinario ma che si perde magari per un game design deficitario e poco coinvolgente, che vuole provare a essere diverso e originale ma non ci riesce appieno perché esagera, risultando addirittura stucchevole. E così pensavo finché non l’ho approfondito a dovere.
Nessuna storia, ma un contesto da sogno
Quanti di voi, là fuori, conoscono Kung fu Panda, il celeberrimo film d’animazione prodotto dalla Dreamworks apprezzato da critica e pubblico, da grandi e piccini? Ecco, Gunfire Reborn cattura questa ispirazione proponendo quattro animali antropomorfi come protagonisti, ognuno di essi con una propria caratteristica. Sono personaggi capaci di intendere, di volere e, soprattutto, di trucidare chiunque minacci o tenti di uccidere e prevaricare sul più debole, e non si fanno scrupoli a usare le maniere forte quando necessario.
La nostra avventura, infatti, ha avuto inizio sin da subito. E il videogioco è stato chiaro sin dal principio: non c’è una trama, non c’è alcun genere di racconto e non c’è neppure una lore. C’è solo un contesto unico ispirato alla Cina nel suo periodo di massimo splendore, che ha visto dinastie susseguirsi e nuovi simboli ergersi al di sopra della Grande Muraglia e della Città Imperiale.
Proprio come Wo Long Fallen Dynasty, Gunfire Reborn si fa scoprire grazie alla sua fedeltà verso la mitologia cinese, una delle più complesse e difficili al mondo da capire e assorbire. Il suo inserimento è un risultato godibile oltre che azzeccato, perché ha permesso di rivivere situazioni e momenti esaltanti durante la sua scoperta, in particolare durante i primi tre livelli di gioco, che hanno dato modo di comprendere appieno lo spirito dell’opera nella sua interezza. Come accennavo prima, Gunfire Reborn concentra tutto su un contesto che si esplora man mano che si avanza al suo interno, che è impreziosito da un’ottima qualità visiva e da un design particolareggiato dei vari protagonisti. In tal senso, Gunfire Reborn ha dialoghi scritti magistralmente e tradotti in modo consono e azzeccato. Inoltre, nella taverna è possibile sostare, riposare e anche visionare le armi raccolte durante le peripezie in giro per i livelli della produzione.
C’è anche un compendio dedicato a tutte le armi, che non sono superiori quanto quelle presenti in Borderlands 3 ma sono comunque sostanziose sotto diversi punti di vista. Scegliendo dunque un approccio simile, Gunfire Reborn offre un contesto a tutto tondo che rispecchia appieno lo spirito del team, che non ha rinunciato a designare un’opera che non andasse troppo oltre la propria comfort zone ma che fosse al contempo ben strutturato per offrire un immaginario gradevole e godibile. La Cina è da sempre un mistero quanto lo è il Giappone, con la sola differenza che la prima sta diventando di moda soltanto recentemente, e lo si deve soprattutto a Genshin Impact.
Se con Sifu, infatti, il giocatore ha avuto una spolverata di Kung Fu e i classici toni alla Bruce Lee, in Gunfire Reborn si punta sulla tradizione e la mitologia cinese. Gunfire Reborn, approfittando di questo contesto, mette a suo agio il giocatore dandogli modo di vivere un’esperienza fuori dal comune, capace di lasciare di stucco, appassionare e intrattenere dall’inizio alla fine anche grazie al contesto. La produzione Duoyi Network arriva al suo obiettivo con semplicità, e lo fa soprattutto quando l’unica soluzione alla vittoria totale è sparare, sparare e ancora sparare.
Le follie di Gunfire Reborn
Gunfire Reborn, per chi non lo avesse capito, è un fps loot and shooter con elementi roguelite. Il mondo di gioco si estende in stanze da esplorare e liberare dalle orde dei nemici che le occupano, ricercando armi più potenti, oggetti sacri capaci di far vincere e preziose abilità utili per perfezionare al meglio la propria build. Il gameplay di Gunfire Reborn è semplice, essenziale ma realizzato con accuratezza e bravura, perché riesce a incastrare ogni elemento in modo unico e originale, qualcosa che a ben pochi studi è riuscito negli ultimi anni. Le dinamiche roguelite, che rappresentano a pieno titolo la natura stessa dell’opera, sono ben rappresentate e offrono una sfida alza man mano che si avanza di stanza in stanza.
Ognuna, per l’appunto, cambia forma quando si muore. I nemici sono sempre gli stessi, anche se ogni perdita rinforza il nostro personaggio quanto le loro fila. Giunto al quarantesimo grado dopo tanta fatica e molto impegno, sono riuscito a raggiungere il boss finale del gioco armato di tutto punto. Gunfire Reborn, forte di un game design solidissimo, non si accontenta però di poco, ed esagera prendendo ispirazione dal gunplay di Borderlands, riuscendo nel complesso esperimento di unire tutte le sue anime in un videogioco completo, ben realizzato e, soprattutto, piacevole e divertente dall’inizio alla fine.
Complice un’interfaccia chiara e intuitiva, il ritmo degli scontri mantiene sempre un degno livello di spettacolarità, con scontri alle volte caotici, esplosioni e tante morti. Spesso ho bloccato un nemico usando un incantesimo, e in un’altra occasione mi sono servito di granate al veleno per abbassargli i punti vitalità. Ho schivato attacchi, saltando da una parte all’altra, celando la mia posizione con granate fumogene e colpendolo senza pietà, utilizzando le armi casuali che venivano rilasciate dal nemico o che trovavo all’interno delle varie stanze del tesoro.
Al loro interno ho trovato armi come l’Ippopotamo, un’arma che spara raffiche di proiettili per abbassare lo scudo nemico proprio come in Borderlands. Ogni arma ha un suo punto di forza capace di uccidere istantaneamente chi abbiamo di fronte. In ogni livello, poi, sono presenti un artigiano e un mercante: il primo, oltre a dare l’opportunità di forgiare un’arma, può migliorare quelle che si hanno equipaggiate. Il mercante, al contrario, offre armi nuove e più potenti, oltre a proiettili, granate e la possibilità di acquisire dei punti vita per procedere nelle stanze, ognuna procedurale nonché approcciabile a piacimento.
I consigli migliori per sopravvivere, d’altronde, sono gli stessi che valevano per Hades: leggere ogni riga di dialogo, ogni oggetto e qualunque arma risulta fondamentale per migliorare, accrescere e conferire alla propria build più forza e protezione. Ho sempre prediletto armi elementali, ad esempio, che si dimostrano utili soprattutto contro i gruppi di nemici più complessi da gestire. Aspettarsi, quindi, un livello di sfida basso è fallace, poiché c’è una difficoltà già prestabilita e non è presente un selettore di difficoltà all’inizio dell’avventura ma solamente a metà, che potrebbe allontanare alcuni giocatori. È un rischio, tuttavia, che vale la pena correre, anche se davanti c’è un muro invalicabile che però va superato con l’applicazione e l’allenamento. Nelle prime due aree ho dovuto adattare le mie build ai nemici e ai boss, capendo in che modo gestire le situazioni per poi dedicarmi a loro in un secondo momento. Non è stato semplice, sia chiaro, ma alla fine ho vinto e sconfitto chiunque mi impedisse di avanzare. Gunfire Reborn, senza troppi giri di parola, potrebbe creare dipendenza: non scherzo, è davvero un videogioco che potrebbe farvi desiderare di non fare altro per quindici, venticinque o trenta ore.
Se giocato in compagnia, diventa un altro videogioco: caotico come Borderlands ma divertente come gli sparatutto multiplayer più blasonati. Il suo comparto multiplayer, raggiunto il grado trentacinque, dà l’opportunità di dedicarsi alle sfide giornaliere, che consentono di affrontare i livelli nuovamente a un livello di difficoltà maggiore. Oltre a essere un’aggiunta che offre un’ottima rigiocabilità dell’esperienza, è sicuramente il modo migliore per godersi l’esperienza di Gunfire Reborn.
Uno stile grafico che non invecchia mai
Proprio come è accaduto per Borderlands di Gearbox Software, Duoyi Network si presenta con una grafica in cel-shading particolareggiata e godibile, proponendo dei design ambientali e dei modelli poligonali di primo ordine, ottimamente implementati all’interno della produzione.
Considerando che il team cinese propone animali antropomorfi come protagonisti delle vicende di Gunfire Reborn, l’opzione migliore non poteva che cadere proprio su uno stile grafico più cartoon. Una scelta che ho apprezzato soprattutto durante la scoperta dell’intera esperienza, che ha presentato luoghi e ambientazioni di impatto. Ho visitato delle tombe, sono stato nel deserto e ho attraversato giungle sperdute, e per tutte le trentacinque ore passate su Gunfire Reborn non ho avvertito momenti di noia, perché tutto è assolutamente gestito per incalzare il giocatore e farlo alzare dalla sedia.
Nonostante i sessanta fotogrammi al secondo su Series X, Gunfire Reborn è vittima di qualche inciampo tecnico, come di texture poco rifinite e compenetrazioni che, per quanto divertenti, potrebbero infastidire i giocatori più esigenti. In definitiva, Gunfire Reborn si propone come un’alternativa ai classici roguelite isometrici presenti sul mercato. Risulta una produzione con uno scopo, che raggiunge a pieni voti e in maniera del tutto soddisfacente. Sparare, infatti, non è mai stato così divertente. Anche contro degli uomini di terracotta. Soprattutto contro di loro. Inoltre, ricordiamo che dal 27 ottobre Gunfire Reborn si aggiungerà al catalogo di Xbox GamePass.
Voto Recensione di Gunfire Reborn - PC
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
-
Un contesto interessante, godibile e sfaccettato della Cina con le sue tradizioni e ispirazioni
-
Un gunplay divertente e accessibile
-
L'intero game design è originale, appassionante e coinvolgente
Contro
-
Qualche inciampo tecnico come alcune compenetrazioni
-
-
Potrebbe creare dipendenza
Commento
Gunfire Reborn è un FPS loot and shooter con elementi roguelite ispirato, godibile, convincente e appassionante. Oltre a offrire ore e ore di divertimento, presenta un game design essenziale quanto ottimamente ben implementato, che intrattiene grazie a un gunplay dinamico, fluido e che non perde mai colpi neanche superate le quindici ore di gioco. Nonostante qualche inciampo tecnico, è un videogioco che si presenta su console in forma smagliante.
Informazioni sul prodotto
Gunfire Reborn - PC