GTFO | Abbiamo provato in anteprima la versione 1.0

Abbiamo avuto il piacere di provare la versione definitiva di GTFO e siamo rimasti piacevolmente sorpresi da quello che abbiamo visto.

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a cura di Andrea Maiellano

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Lo scorso novembre, negli uffici di Unity adornati dalla splendida cornice del centro storico di Copenaghen, abbiamo avuto la possibilità di provare per, circa, 4 ore la versione 1.0 di GTFO, o Get The Fuck Out per gli amici, il mastodontico aggiornamento atto a far uscire, definitivamente, l’opera di 10 Chambers dalla fase di Early Access e a trasformarla in una produzione completa sotto, praticamente, ogni aspetto.

Se non avete la più pallida idea di cosa sia GTFO vi basta sapere che è un horror game cooperativo, erroneamente catalogato come FPS a causa della sua visuale in prima persona, dove la collaborazione fra i giocatori si rivela vitale per raggiungere i vari obbiettivi. Il titolo fu rilasciato il 9 dicembre 2009 su Steam in Early Access e, dal suo esordio a oggi, ha ricevuto numerose valutazioni per lo più positive, grazie alle sue dinamiche complesse, punitive ma mai sbilanciate, e ha creato attorno a se una community di giocatori affiatati e pronti a fornire i feedback necessari agli sviluppatori per rendere migliore la loro opera.

La versione definitiva di GTFO ha fatto il suo debutto ufficiale durante la lunga notte dei The Game Awards 2021, portando con se una serie di modifiche che la community attendeva da tempo e che mostrano la piena maturità del progetto di 10 Chambers. Come vi accennavamo poc’anzi, abbiamo avuto modo di sperimentare a fondo le novità implementate dagli sviluppatori, scoprendo anche qualcosa in più sul futuro del titolo.

Per comprendere GTFO appieno bisogna scinderlo dall’etichetta di “FPS cooperativo” che gli è stata affibbiata frettolosamente. Indubbiamente si spara, e anche tanto in certe situazioni, ma il focus della produzione di 10 Chambers è la cooperazione e la capacità di sopravvivere in gruppo. Il concept è molto semplice, tutti i giocatori impersonano dei prigionieri di una struttura situata sopra al cratere Chicxulub.

Un’entità sconosciuta, nota solo come The Warden, impone a questi prigionieri di discendere nelle profondità di questo cratere per portare a termine delle missioni di carattere diverso. La buona riuscita di queste operazioni garantirà ai prigionieri la sopravvivenza, nessun premio, nessuna possibilità di venire liberati… solo una continua lotta per sopravvivere.

Il cratere Chicxulub è suddiviso in diversi settori, indicati da una lettera per definirne la profondità, e ognuna di queste aree si suddivide in missioni differenti contraddistinte da un numero. Viene da se che più in profondità ci si avventurerà, maggiori saranno le insidie che i prigionieri dovranno affrontare.

All’inizio di ogni partita ci si potrà dedicare alla cura dello stile del nostro avatar. Le opzioni, rispetto alla versione early access di GTFO sono aumentate sensibilmente e lo stile, indubbiamente, non manca. Dopodiché si dovrà scegliere la tripletta di armi da utilizzare durante la spedizione (scelta che definirà se il nostro stile di gioco si baserà su offensive dalla corta, media o lunga distanza) e quale accessorio portare con noi (il quale banalmente definirà il ruolo che sceglieremo di ricoprire nella nostra squadra). Infine ci verrà chiesto di applicare tre buff scelti da un pool che cambia a ogni partita, i quali offriranno dei bonus, e dei malus, che dovranno essere abbinati al nostro equipaggiamento per risultare efficaci.

Questa fase, per quanto sembri analoga a molteplici altre produzioni, in GTFO ha un ruolo fondamentale poiché una squadra mal organizzata, o non in grado di ricoprire ogni ruolo richiesto, farà ben poca strada nei lugubri condotti di Chicxulub. Per questo motivo la comunicazione fra i membri del team ricopre un ruolo fondamentale e fu una delle ragioni che spinse 10 Chambers a non inserire il matchmaking nella versione Early Access del gioco, introducendolo solo ora, affiancato dall’immancabile chat a schermo per comunicazioni rapide.

Una volta formato il quartetto di prigionieri che andrà a spendere qualche allegro quarto d’ora all’interno del ridente cratere, GTFO ci lascia con poche informazioni, vaghe indicazioni su cosa fare e una manciata di proiettili nei nostri caricatori. Ogni spedizione ha un obbiettivo principale che, però, viene svelato mano a mano che si prosegue con la missione. Le informazioni saranno sempre vaghe e richiedono un’attenta esplorazione dell’ambiente e una costante comunicazione per ripartirsi le cose da fare.

Le attività da svolgere all’interno di ogni spedizione sono abbastanza varie: rinvenire oggetti chiave, inserire stringhe di codice in alcuni terminali per sbloccare delle aree specifiche, disattivare rumorosi allarmi che attireranno decine di mostri sulla nostra posizione e così via. Per quanto a livello puramente concettuale non ci troviamo di fronte a chissà quale originalità, le dinamiche di queste attività riescono a convincere appieno, poiché rispecchiano metodologie, e tempistiche, della vita reale, restituendo un maggior senso di tensione mentre si cercherà di svolgerle cercando di evitare di allertare le temibili creature che si annidano nelle oscurità del cratere.

Proprio in merito al bestiario presente in GTFO, ci troviamo di fronte a un nugolo di creature che, stilisticamente parlando, traggono ispirazione dall’immaginario horror videoludico. Per chi ha giocato classici come S.T.A.L.K.E.R., Metro o The Last Of Us, i rimandi saranno molteplici ma mai così marcati da scadere nella copia spudorata. Durante le varie spedizioni si incontreranno diversi tipi di creature che, nella maggior parte dei casi, saranno addormentate e il loro battito cardiaco sarà visibile attraverso una pulsazione luminosa che si può intravvedere attraverso la loro pelle marcescente.

Affrontare queste creature a viso aperto, sparando senza riflettere non appena le si intravede nelle varie stanze, è la peggiore delle scelte che si potrebbe fare. I proiettili sono sempre pochi, e le risorse disponibili all’interno delle varie spedizioni scarseggeranno costantemente, inoltre alcune sezioni richiederanno di affrontare a viso aperto delle piccole orde di creature, ragione per la quale rimanere senza munizioni, o con poche cure a disposizione della squadra, potrebbe non essere la migliore delle situazioni.

Proprio per questo motivo GTFO non è da considerare uno shooter, quanto più un survival cooperativo, con elementi presi in prestito da diversi generi. Ci si addentra nelle stanze, facendo attenzione a non svegliare le creature facendo troppo rumore o illuminandole con la luce della nostra torcia, un membro della squadra informa gli altri su quante creature siano presenti attraverso uno di quei strumenti univoci che definiscono la classe ricoperta, stando attenti al battito cardiaco dei mostri ci si avvicina silenziosamente e le si elimina con attacchi stealth corpo a corpo.

Una volta ripulita la stanza dalle varie creature la si esplora alla ricerca di risorse e si prosegue verso il proprio obbiettivo, seguendo gli indizi che troveremo mano a mano che si esploreranno i tunnel del cratere. Le risorse saranno rinvenute sotto forma di pacchetti, i quali avranno una serie di utilizzi che potranno essere ripartiti fra i membri della squadra, così come saranno utilizzabili da un singolo giocatore. Considerando che quando un giocatore rinviene delle risorse gli altri membri della squadra non verranno informati, parte della sopravvivenza del team verrà dettato dallo spirito di squadra che dovrà, per forza di cose, aleggiare fra i suoi membri.

Questo forse è l’aspetto che ci ha impressionato maggiormente di GTFO. Si è costretti a collaborare, a comunicare e a supportarsi costantemente ma non si percepisce mai questa cooperazione come un peso o come una forzatura. Le missioni sono complesse, i nemici sono coriacei e lavorare da soli non paga ma tutte le meccaniche ideate da 10 Chambers sono realizzate in maniera sopraffina, al punto da riportarci alla mente le dinamiche tipiche dei raid dei MMORPG per quanto la collaborazione fra le parti diventi naturale dopo pochi minuti di gioco.

Graficamente, infine, GTFO si è rivelato decisamente convincente. Per quanto le ambientazioni siano ridondanti e i nemici si ispirino a un immaginario già visto più volte, anche in questo caso tutto è al posto giusto e la visione d’insieme si rivela convincente e mai anonima. Merito anche di un level design labirintico, e opprimente, ma mai eccessivamente dispersivo e di un’illuminazione che riesce a rendere affascinante anche un semplice condotto di pietra.

Al termine della nostra prova di GTFO siamo rimasti positivamente impressionati dalla mole di novità introdotte da 10 Chambers per la versione finale del gioco. Shooting migliorato, focus maggiore sulla storia, una rinnovata sezione di elementi cosmetici, nuovi nemici, nuove aree, elementi casuali all’interno delle partite e una roadmap di espansioni prevista per i prossimi mesi, ci fanno ben sperare sulla buona riuscita del progetto. Ora non ci rimane altro che dedicare il giusto ammontare di ore a GTFO per darvi il nostro parere definitivo nella nostra futura recensione.

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