GRIS: un mondo incolore da riempire

Ecco il nostro speciale di GRIS, il celeberrimo videogioco d'avventura pubblicato da Annapurna Interactive e sviluppato da Nomada Studio

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a cura di Nicholas Mercurio

C’è una frase che, da qualche anno a questa parte, mi è rimasta impressa. A dirla è stato Keanu Reeves durante un’intervista. Non ricordo affatto quale fosse l’argomento di dibattito, ma immagino che l’attore stesse raccontando parti delicate della sua vita. Tuttavia, alla domanda “Cosa c’è dopo la morte?”, rispose: “Solo il vuoto che lasciamo in chi ci ama”. Rigiocando a GRIS in questi giorni, approfittando del suo arrivo su PlayStation 5, Xbox Series X/S e Xbox One nonostante lo abbia giocato in passato su Nintendo Switch, queste parole sono state potenti quanto inaspettate.

Me le sono ricordate non appena ho superato l’introduzione, in realtà, una volta che la produzione si scopre e mostra il suo lato più toccante. Perché GRIS, al contrario di altre opere come Paradise Lost, è tutt’altro che un videogioco che parla del lutto e della depressione a esso collegato in maniera banale. La letteratura, infatti, insegna che il dolore si affronta adagio, mentre la psicologia racconta del lutto attraverso le sue cinque fasi. Io preferisco pensarla, però, attraverso i libri, non essendo uno psicologo. La sofferenza che qualcuno prova, talvolta distruttiva e in molteplici occasioni pure sferzante, è solo il preludio a ciò che viene dopo. Cosa si configura, una volta scoperchiato la teca contenente i pochi sentimenti ancora intatti, è una nebbia che non permette di vedere alcun colore. L’essere umano è abituato a vederne tanti e a raccontarli, limitandosi semplicemente a camminare lungo una strada difficoltosa che, a causa del dolore, non conduce da nessuna parte, se non a un momento lacerante e lacerato, che ricorda sempre qualcosa di orribile, collegato alla persona deceduta.

Quando qualcuno muore resta nei ricordi di chi gli è sopravvissuto, perché fa parte dei filamenti stracciati di chi sta vivendo con un peso nel cuore, cercando di andare avanti. Tutto è però diventato grigio, incolore e privo di luce. C’è solo una lenta agonia che accompagna il dolore, mentre la voragine, un tempo riempita da quel calore, apre ferite impossibili da rimarginare, traumi che rimangono per sempre e cicatrici nell’anima. Si procede con il capo chino, le lacrime grondanti che scendono copiose dalle guance, la fronte fredda e la lingua, che cerca di accompagnare le parole che si vorrebbero dire, è intorpidita, come se il sangue non fluisse più. Il fiato è corto, la mente ottenebrata dalla paura dell’ignoto e il sorriso, che un tempo si disegnava sul volto, è stato sostituito da una smorfia impassibile, che però nasconde urla impossibili da sentire.

Nomada Studio, il team spagnolo che ha sviluppato GRIS consapevole che avrebbe proposto un’opera ben diversa dalle altre, è stato supportato da Annapurna Interactive per creare qualcosa di unico. Il lutto era già stato raccontato in Last Day of June, ma mai si era arrivati prima a una tale cura nel rappresentare le sue barie fasi, in un mondo apparentemente fiabesco all’interno della mente di una giovane legata da un passato che l’è impossibile dimenticare. Cerca un modo di scappare per riabbracciare un’ultima volta il ricordo della madre defunta, mentre abbassa lo sguardo cercando cosa le rimane dei suoi sorrisi. È legata purtroppo a un periodo che, oltre ad averla annientata, ha prosciugato qualunque cosa le rimanesse di bello. Il viaggio di GRIS non parte da una nave o in una terra lontana, bensì dal palmo di una mano tremolante e fredda. Davanti a me, sia nel mio primo contatto con il titolo che  in questa nuova occasione, sapevo benissimo che mi sarei trovato davanti a una gelida statua in marmo priva di sentimenti.

Perché è questo, d’altronde, che l’opera intende trasmettere: una realtà impalpabile e impossibile da comprendere, che non fa sconti a nessuno. Quando qualcuno muore, sentirsi così è inevitabile: arriva la rabbia, arrivano le lacrime e poi c’è il silenzio. La ragazza si alza da quel palmo a fatica, cammina e scivola frequentemente. Le lacrime continuano a rigarle il volto, la voce trema e la sua gola, sferzata dalla fatica, non riesce neppure a deglutire. Non riesce a emettere alcun suono, neanche il più inconsulto e insensato. Prosegue a fatica, si sorregge, e poi c’è una speranza che compare all’improvviso, come se non aspettasse nient’altro. È la stessa che spinge a uscire dal dolore, perché non si può restare immobili, dimenticando di vivere. Servono una speranza e un nuovo scopo. Come si raggiunge, però, quella nuova speranza che appare come un traguardo irraggiungibile? Serve solo pazienza, d’altronde. E serve tempo, molto tempo.

Ogni colore di GRIS

I colori, come tutti sanno, sono suddivisi in primari, secondari e terziari. E ognuno ha la sua importanza. Tanti scrittori, nel corso delle epoche, pensavano che sapessero creare dei legami unici e indissolubili, capaci di coinvolgere le esiste altrui e condividere stimoli differenti e particolareggiati. L’amore, quando si perde qualcuno, è quindi un sentimento importante quando si cerca di andare avanti. Il lutto, però, è un grande insieme di enormi sensazioni che arrivano tutti allo stesso modo e con la medesima frequenza, ottenebrando, spesso cambiando chi sta soffrendo e costringendolo a modificare addirittura le sue abitudini.

In GRIS, tuttavia, il percorso che la giovane segue per ritrovare sé stessa è lungo e impervio, disseminato di ricordi e memorie che credeva dimenticate per sempre. Oltre a rappresentare le cinque fasi del dolore, l’opera di Nomada Studio esalta la scoperta della sofferenza attraverso sequenze che racchiudono ottimi elementi su cui riflettere. Nella prima ora di gioco, infatti, è presente un’intera scena in cui la giovane prosegue un deserto, resistendo al vento che cerca di spingerla via come un fuscello. Questa rappresentazione, oltre a rappresentare un momento complesso, indica come la psiche della ragazza sia totalmente in conflitto. Divisa infatti tra il passato e il suo futuro, GRIS è in un momento in cui deve resistere alle intemperie, se vuole uscire dalle ombre della sua mente e spiccare il volo.

Giocandoci in modo più approfondito e attento, la produzione di Nomada Studio, oltre a offrire scenari mirati per far sentire il giocatore in un sogno a occhi aperti, raggiunge livelli assolutamente elevati soprattutto in termini qualitativi grazie a un approccio che concentra ogni sua caratteristica per farlo coinvolgere come mai prima d’ora. Complici gli scenari e le atmosfere, il viaggio continua attraverso questo mondo alternativo che si configura nella mente della giovane, che si ritrova a convivere con le sue paure e a interfacciarsi con le spregevoli realtà di un mondo che non riconosce più a causa della sua perdita. Abituata probabilmente a vedere la luce anche là dove non si aspetterebbe, GRIS percorre il suo viaggio in vari biomi. Il deserto, che è nella parte iniziale dell’esperienza, ha colori spenti e privi d’armonia. Si palesa, quindi, una situazione poco accogliente e per nulla fiabesca: andando avanti, una volta acquisita l’abilità di trasformarsi in roccia, la giovane si ritrova a resistere a quel vento impetuoso che cerca di impedirle di avanzare.

È un’aggiunta curiosa, perché in realtà apre a un’altra visione dell’insieme: resistere alle intemperie, sia a quelle personali che a quelle esterne, per proseguire senza fermarsi. Un messaggio chiaro, potente e coinciso al tempo stesso, che permette di comprendere quanto alla giovane basti poco per non riuscire a resistere agli eventi che si susseguono spietati e irrefrenabili. Il bianco è un colore positivo, eppure in GRIS non lo rappresenta affatto, perché in realtà è privo di sfumature.

Rosso, verde, blu e giallo: ognuno rappresenta uno stato d’animo della protagonista. Proseguendo in questo mondo, la ragazza si ritrova davanti paesaggi diversi, specie grazie alla loro differenze. Si passa dal deserto a una foresta, e da essa a un mondo sotterraneo abitato da creature marine. Di sicuro, la parte migliore è quella con la luna che fa da sfondo a un castello tutto da esplorare.

Una sofferenza lenta e imprevedibile

Tornando però alle emozioni che suscitano questi luoghi, GRIS si muove in una terra confusa: i colori sono sparsi ovunque, disseminati in giro e non hanno un ordine preciso. Bisogna metterli in ordine, prima che sia troppo tardi, e dare loro una profondità che sia capace di fare uscire la giovane dalla sua stesse mente, ormai sempre più consumata dal dolore. In più di un’occasione, mentre avanzavo, sapevo che in cuor mio che GRIS non sarebbe uscita bene da quella situazione, anche perché non avrebbe riavuto sua madre. L’opera di Nomada Studio, infatti, collega i colori con le cinque fasi del lutto, amalgamandoli in maniera che siano chiari e diretti.

Il mondo di GRIS, peraltro conservato in un albo, mostra luoghi da sogno, alcuni dei quali parecchio imperdibili. La mente della giovane, sebbene stia soffrendo, è un luogo di grandi fantasie e tanta arte, che si manifesta in modo sregolato ma assolutamente convincente. Ciò che vede, se ci pensiamo, è proprio frutto della sua mente: sia le cose brutte e perfide, quanto quelle belle e assolutamente indimenticabili. È come immaginare i colori bianco e nero che si uniscono, formando un’anima tanto diversa quanto affascinante. E considerando le aspettative, nessuno poteva attendersi di meglio. Ovvio, c’era chi si aspettava un diverso tipo di approccio in certe occasioni, ma il messaggio finale, portato avanti per l’intera esperienza, era davvero troppo importante per trattare il resto con superficialità.

Tornando quindi ai colori e alla loro importanza, GRIS resta sui binari classici ma comunque rilevanti che un’opera di questo calibro sarebbe in grado di offrire. La giovane affronta il suo presente con le unghie e con i denti, sentendosi addirittura colpevole della morte della madre, mentre cerca di fuggire dalla sua testa, ormai sempre più ottenebrata e totalmente difficile da controllare. La ragazza, percorrendo nel suo viaggio, scopre poi nuovi modi per cambiare il suo approccio con il mondo, ora in totale difficoltà. Anche se è nella sua testa, resta comunque affascinante, e Nomada Studio, lavorando attentamente alla produzione, ha fatto in modo che ogni colore corrispondesse a una città e a uno stato d’animo, così che ogni momento fosse esaltante, chiaro e commovente.

La produzione, quindi, non si accontenta di raccontare i colori attraverso l’interazione, ma anche in modo che il giocatore veda cosa ha davanti a perché, e come riempire quel mondo così vuoto. Già, perché GRIS prova un grande affetto per la madre, tanto da non riuscire a piangere se riflette sul loro passato, considerando la tristezza della sua perdita. La letteratura insegna quanto è dura andare avanti nonostante il lento sfacelo del tempo e quanto sia complesso riuscire a catturare ogni momento come se fosse meritevole dell’attenzione di tutti. In GRIS, però, quel mondo all’interno della mente della ragazza è frastagliato e insicuro: la rappresenta in tutto e per tutto, definendola in modo chiaro e calzante, dando preziose delucidazioni su cosa sta passando.

Perché sì, oltre a essere un racconto triste, GRIS parla di una vita che sta rischiando di perdersi per sempre. L’accettazione, che è la meta nel gioco, è solo un inizio per lei, che si ritrova a dover fare i conti con la perdita disperata della madre e una follia che ormai la sta dilaniando sempre più. È quindi questa la memoria, che in GRIS agisce convivendo con la paura e il rimorso, estendendo un discorso ulteriore sulla vita e le sue disavventure, tra ferite così profonde da lasciare il segno alla fine di ogni cosa. GRIS prosegue senza sosta, non si ferma e immagina la vita oltre quegli astri che rappresentano i suoi filamenti sensoriali, concentrati a rendere la vita più placida e serena. Un obiettivo che, però, potrebbe impossibile da raggiungere senza la giusta preparazione.

Storie di un mondo passato

Se da una parte c’è il rimorso per non essere riuscita a stare con sua madre, dall’altra però si configura la necessità di lasciarla andare. Chi muore porta un vuoto incolmabile e, considerando quanto si rischia al giorno d’oggi, è sempre meglio dedicarsi agli altri durante la loro vita. GRIS, tuttavia, insegna ad affrontare il lutto e le sue fasi con la forza necessaria per sconfiggere ogni pensiero negativo, affrontando la vita e le sue ipocrisie.

GRIS ha quasi rinunciato alla vita per cose negative e accessorie, ma si è resa conto che non poteva continuare qualcosa con cui entrava in contrasto. La grande capacità di GRIS, rispetto ad altre opere videoludiche, è dare un senso di grande umanità a cosa c’è di contorno, approfondendo le sue peculiarità e impartendo, a chiare lettere, una lezione sul ricordo e la memoria.

Entrambe importanti, rappresentano il punto focale su cui si regge l’intero racconto di Nomada Studio, offrendo un contesto unico anche grazie a una direzione artistica che ha saputo esaltare assieme alle musiche l’intero racconto proposto. E non è cosa da poco. GRIS, volente o nolente, è un’opera che si interfaccia con chiunque desideri comprenderla e assorbirla. C’è sempre speranza anche là dove non immagineremmo affatto, e questo è già molto incoraggiante.

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