Gamification è sinonimo di convergenza tra il mondo dei videogiochi e le tante altre realtà, dal marketing all’apprendimento, che fanno parte del mondo di oggi: cominciamo con un piccolo passo indietro, giusto per capire esattamente di cosa stiamo parlando…
Gamification: semplice marketing… O qualcosa di più?
Partiamo dalla base, ovvero dalla pura definizione del fenomeno: che cos’è la gamification?
«La gamification è il tentativo strategico di potenziare sistemi, servizi, organizzazioni e attività al fine di creare esperienze simili a quelle di un videogioco, con l’obiettivo di motivare e coinvolgere gli utenti.»
Il risultato finale? Un’integrazione dei principi e degli elementi di game design con contesti che, talvolta, non riguardano prettamente il mondo dei videogiochi. Prendiamo ad esempio l’app Runtastic, imitata e presa come spunto da moltissime altre nel corso degli anni: un’idea a dire il vero molto semplice, ma proprio per questo capace di affermarsi come una delle migliori mai concepite. Il principio alla base è infatti davvero basilare, e prevede il tracciamento delle prestazioni di un utente durante la sua attività sportiva: queste andranno a finire in un database dove ognuno di noi può confrontarsi con i propri amici o, se preferisce, addirittura con il mondo intero.
Un altro esempio è Duolingo, che permette di seguire piccoli corsi di lingua per poi mettere in pratica quanto imparato in maniera molto intelligente. Come? Correggendo bozze, scrivendo piccoli testi e mettendo le mani in pasta su tante piccole traduzioni che possono aiutare qualcuno da qualche parte del mondo. L’elemento che accomuna queste due realtà è principalmente uno: l’utilizzo di una componente ludica per arrivare a un obiettivo finale, nel primo caso sportivo e nel secondo legato all’apprendimento.
Gamification significa spingere la persona a mettersi letteralmente in gioco, magari anche collaborando con altri, al fine di arrivare a ottenere un premio. La componente di condivisione entra ancora più nel vivo, sempre rimanendo sull’esempio di Runtastic, nel momento in cui l’utente inizia l’attività sportiva vera e propria: gli amici e gli sportivi di tutto il mondo possono infatti manifestare il loro supporto, inviando all’atleta di turno un incitamento in tempo reale.
Non è un mistero che molte di queste applicazioni nascano come strumenti di comunicazione e marketing, o che diventino tali col tempo. Nel 2015 Runtastic è stata infatti acquisita da Adidas per la cifra di 200 milioni di dollari, e poco alla volta si è trovata a integrare a promuovere al suo interno proprio i prodotti di uno dei colossi nel campo dell’abbigliamento sportivo. Il tutto, però, senza mai tralasciare caratteri e qualità che l’hanno resa l’app numero uno nel suo settore.
Spesso si tratta dunque “solo” di marketing? Non proprio. O meglio, sarebbe del tutto scorretto declinarla sotto questo punto di vista: pur prevedendo spesso l’inserimento di messaggi promozionali, un’attività di gamification funziona proprio perché riesce a creare interazione, coinvolgimento e interesse. L’intento pubblicitario può insomma esistere senza per questo togliere valore all’aspetto principale: quello del gioco, nella sua forma più pura e semplice.
Il futuro della gamification
Il concetto alla base della gamification è qualcosa di complesso e ricco di sfaccettature, che spesso e volentieri riesce a espandersi ben oltre il semplice aspetto ludico. Se negli esempi citati poco fa emergevano caratteri come competizione (in senso sportivo) e condivisione, lo scenario generale è ben più ampio.
Pensiamo a quanto un fenomeno del genere possa essere integrato all’interno di un piano formativo, cosa che peraltro in alcune parti del mondo avviene già in maniera sistematica. In una scuola elementare, dove gli alunni sono in un’età nella quale l'apprendimento avviene in una certa maniera e ricopre un ruolo fondamentale, proporre attività di questo tipo è una soluzione efficace ed efficiente. Banalizzando all’estremo immaginate un gioco dove, data una cartina geografica completamente vuota, i bambini devono inserire le capitali del mondo nel posto giusto: un’attività estremamente semplice, ma con tantissimi risvolti positivi.
- Collaborazione: unendo le forze, chi gioca collabora di fatto per raggiungere un obiettivo comune;
- Apprendimento: l’obiettivo primario dell’attività, reso più divertente proprio grazie alla componente ludica;
- Interazione: fattore alla base dell’intero processo, con la persona che viene stimolata (e quindi invogliata) a ragionare e a compiere un’azione.
In poche parole? Una semplice attività di gamification può aiutare a imparare divertendosi. E no, non si tratta di qualcosa circoscritto all’infanzia. È il caso di moltissime piattaforme di formazione che, soprattutto nel periodo seguente alla pandemia, hanno preso piede in maniera davvero importante: contesti dove chiunque può affinare attivamente le proprie competenze, interagendo e mettendosi alla prova in diversi modi.
Un portale come Uxcel è la perfetta esemplificazione della gamification volta all’apprendimento: si tratta infatti di un sito dove, tramite minigiochi e quiz estremamente interattivi, chiunque può scoprire tutto il mondo della User Experience. Perché funziona così bene? Perché consente di partire da una base per poi, poco alla volta, arrivare a un punto sempre più alto. La formazione, in sostanza, si adatta a quelle che sono le competenze che l’utente ha e a quelle che può acquisire.
Il futuro della gamification potrebbe essere proprio qui, ovvero in una sempre più marcata componente formativa da integrare in contesti scolastici, accademici e lavorativi. Andare oltre la sfera dell’apprendimento è un processo che può essere limitato solo dalla fantasia di chi queste cose le realizza, che si tratti di un designer o di uno sviluppatore con una bella idea per la testa. Come qualche anno fa non potevamo immaginare la gamification per com’è oggi, allo stato attuale non possiamo avere idea di come la stessa si trasformerà in futuro. Del resto è proprio questo il bello, no?