Questo sarà un editoriale molto diverso dai precedenti che ho scritto: sarà un viaggio interiore, all'interno del mio essere in tutte le sue sfumature. Come da titolo, parlerò di qualcosa di profondamente personale, e ancora doloroso. Vi narrerò di come i titoli di FromSoftware mi hanno aiutato a gestire l'ansia, quel brutto malessere che affligge i pensatori, chi si spinge più in là proiettando la sua mente al futuro (con tutte le sue incognite). A NON aiutare questo problema, che mi perseguita da anni, è stata la pandemia di COVID-19, che mi ha tenuto lontano dagli affetti. Però, i soulslike (inteso come sottogenere appartenente al genere action/RPG) mi hanno spinto a reagire, a realizzarmi nonostante il periodo. Senza perderci in ulteriori chiacchiere, sedetevi qui affianco a me, in questo falò della mia vita: c'è tanto di cui parlare.
Come i Soulslike mi hanno aiutato a gestire l'ansia
L'inizio
Procediamo con calma: prima di parlarvi del come le opere di FromSoftware mi hanno aiutato, è giusto parlare di quando mi hanno incontrato. La mia prima esperienza con i soulslike, è stata proprio con un Souls, ovvero il primo Dark Souls nel 2011. Avevo solamente quattordici anni e mollai il gioco dopo pochi boss, sbagliavo completamente la tipologia d'approccio, molto importante quando si affronta un titolo appartenente a questo sottogenere. Più in là recuperai Dark Souls 2 assieme al mio migliore amico, ma non lo finimmo mai nonostante ci fossimo spinti più avanti, oltre metà gioco.
Ancora ringrazio me stesso per aver mollato precedentemente le opere di From, per poi affrontarle con la giusta maturità! Il mio vero approccio al mondo dei soulsike, in realtà, è stato con un gioco che non è un soulslike (nonostante condivida alcune meccaniche provenienti dai precedenti titoli della software house), Sekiro: Shadows Die Twice. Comprai l'action targato FromSoftware subito dopo il lancio e fu amore al primo avvio! Dapprima, il Giappone della tramontante era Sengoku mi catturò grazie alla sua arte ambientale e architettonica, poi attraverso un gameplay certosino. Il sistema di combattimento alimentava in me una voglia di crescere, di apprendere.
Una voglia che sfociò in determinazione davanti a 'Falena', il primo boss realmente ostico del titolo. Nella Tenuta Hirata, ho finalmente iniziato a sfoggiare ciò che avevo appreso durante le prime battute del gioco e, faccia a faccia con 'Juzou l'Ubriacone' e con il suo mini-esercito, capì qualcosa di fondamentale: dovevo studiare una strategia. Così, mandai l'NPC poco prima del mid-boss in avanti e, agendo nell'ombra come un vero shinobi, spazzai via l'esercito impegnato in un'altra battaglia, usando tutte le abilità e gli strumenti a mia disposizione. Era fatta! Avevo finalmente trovato l'approccio giusto grazie alla mia maturità da videogiocatore!
Eliminai con lo stesso approccio strategico, studiando l'avversario e il suo pattern, Falena e tutti gli altri boss del gioco, fino ai titoli di coda della prima run. La mia reazione al fine dell'avventura? Un pianto. Ma perché stavo piangendo? Per quale determinato motivo? Ci arriveremo più avanti, ma da lì, capì che qualcosa in me era irrimediabilmente cambiato: ero cresciuto sia in Sekiro, che nella vita.
Scontro con Amygdala, e con l'amigdala
Marzo 2020, una pandemia globale causata da un virus proveniente dalla Cina, colpisce anche l'Italia. Le persone sono costrette, quindi, a vivere il primo lockdown, quello più disarmante. Chiuso in casa, lontano dalla mia ragazza e dai miei amici, il mio sguardo si rivolse alla mensola a cercar stimoli. Quel videogioco mi stava fissando, mi chiamava a se, un richiamo talmente forte a cui ho ceduto. Iniziai Bloodborne, la mia sfida e il mio supporto di una situazione alquanto difficile. Mentre il mondo esterno era vuoto e inaccessibile, Yharnam mi accolse a guglie gotiche aperte.
Avvio il titolo, creo il personaggio e inizio la mia avventura. Tra le strade della città, iniziai a muovere i primi passi e notai qualcosa di molto strano: non mi stava mettendo in difficoltà. Il motivo? Avevo iniziato il titolo con un modo di fare totalmente diverso, non avevo più timore, ma non ero neanche spavaldo e diretto; agivo con una freddezza strategica. E, proprio quel modo di approcciare Bloodborne, mi fece capire cosa era successo un anno prima con Sekiro: l'action di FromSoftware mi aveva aiutato a gestire e controllare l'ansia, quella stessa ansia che da anni non riuscivo a dominare.
Ed era proprio per quel motivo che in una situazione difficile per me (e per il mondo) rivolsi le mie attenzioni a Bloodborne, per gestire le mie paure attraverso l'avventura a Yharnam: scontro con Amygdala (boss del gioco) e con la mia amigdala (complesso nucleare che gestisce le emozioni, specialmente la paura). Con questa consapevolezza, affrontai l'ennesimo capolavoro di Miyazaki con tre scopi ben precisi, ovvero studiare la lore del titolo, impegnare le mie giornate e imparare a conoscere me stesso e le mie emozioni.
Bloodborne, quindi, funse da strumento d'autoanalisi. Dove mi batte il cuore? Dove mi gira la testa? Dove non riesco più ad esprimere una singola parola che abbia un senso? E, credetemi, funzionò! Ogni qualvolta dovevo affrontare una nuova area, ancora da rivelare, i miei battiti erano più insistenti. Ciò mi rivelò la mia paura verso l'ignoto, verso ciò che il futuro avesse in serbo per me. Mentre affrontare nemici particolarmente impegnativi e boss-fight, mi procurava un brusco rilascio d'adrenalina, con lievi giramenti di testa, calore, battiti accelerati e biascicamento.
Bene! Non mi restava che affrontare le bestie di Yharnam e i miei demoni interiori! Mi tornò quindi alla mente come affrontai Sekiro: strategia e freddezza. Come ottenerli? Per prima cosa mi concentrai sulla respirazione, liberando la mente. Poi, a mente serena, iniziai a pianificare una strategia, a studiare l'ostacolo, a capire come superarlo. Procedendo man mano con le boss-fight, la mia freddezza e la mia capacità di ideare una buona strategia aumentavano a dismisura, eliminando a poco a poco l'ansia dell'ignoto e la paura derivante dalle difficoltà. Un approccio che adesso utilizzo nella mia quotidianità, quando gli ostacoli si accavallano tra loro, o quando devo prepararmi a un cambio drastico alla mia solita routine.
Un uomo diverso, rinascita
Quel pianto, durante i titoli di coda di Sekiro, era il pianto un neonato (di un uomo rinato, in realtà). Ero tornato al mondo più carico che mai, pronto ad affrontare le mille difficoltà che la vita ci pone e ci impone. Mentre la consapevolezza maturata tra i bui vicoli di Yharnam, mi svelò come uscire da quell'Incubo: dovevo abbandonare il 'Sogno del Cacciatore', dovevo affrontare gli ostacoli all'esterno della mia comfort-zone (gli spazi familiari come casa, il mio paese, la mia stessa mente). "A livello salutare sto bene, non ho problemi. Respira, assapora il mondo e brucialo con la tua voglia di fare", ripeto tra me e me ogni volta che l'ansia sopraggiunge; E VADO AVANTI!
Queste due avventure, mi hanno aiutato e adesso non mi preoccupo più di cosa il futuro mi offrirà: vivo al giorno, vivo degustando ogni singolo secondo. E, grazie a questo mio nuovo modo di vedere la vita, ho raggiunto alcuni traguardi personali molto importanti, di cui questo: le mie dita digitano parole tra le pagine di Game Division, sono riuscito finalmente a muovere dei passi concreti all'interno dell'editoria videoludica. Era il mio sogno fin da bambino, fin da quando mi recavo all'uscita da scuola in edicola a comprare le vecchie care riviste cartacee: "Da grande mi piacerebbe lavorare con i videogiochi, con la mia passione più grande", sognava il piccolo me. E sono felice di star lavorando per lui, per accontentarlo.
Sono nato una seconda volta. Per restare in tema Bloodborne, non ho rimandato il problema e non ho nemmeno abbracciato la luna; io ho sconfitto la luna! Ho detto addio alla cupidigia di una società capitalistica, che ci impone soltanto tre scelte per colmare l'avidità dell'uomo del ventunesimo secolo: lavoro (quello senza passione e stimoli), spesa e sacrificio. Ho, invece, abbracciato le vere cose importanti della vita: sentimento, passione e pensiero. Quindi, il mio consiglio a tutti, è quello di trovare un lavoro in linea con i vostri sogni, basato sulle vostre passioni e che vi conceda il tempo libero per dedicarvi ai vostri affetti e a voi stessi. Perché è questa l'essenza della vita, secondo me: avere il tempo per pensare ed affinare il mio pensiero, dedicarmi alle mie passioni e amare.
Il mio ancora lungo viaggio tra le opere di FromSoftware
I soulslike mi hanno aiutato a gestire l'ansia e a sconfiggere i miei demoni interiori. Insomma, ho ritrovato un me che nemmeno conoscevo! Proprio in questi giorni, ho finalmente ripreso il primo Dark Souls (il titolo che consacrò definitivamente FromSoftware) e lo sto assaporando con calma e senza fretta. Mi perdo continuamente ad ammirare la bellezza di un level design vivo e pulsante, dotato anch'esso di un'anima e leggo le descrizioni di ogni singolo oggetto che raccolgo, affamato di conoscenza riguardo questo bizzarro universo.
Ho capito che il miglior modo di degustare le opere di FromSoftware, inoltre, è quello di giocarle pian piano, come fosse l'ultimo sorso d'Estus. Infatti gioco un soulslike all'anno e adesso ho finalmente intrapreso il cammino dei Souls (che avrei voluto avviare con Demon's Souls Remake. Prima o poi PS5 sarà disponibile per tutti). La terra degli antichi signori, Lordran, mi sta catturando proprio come fece Yharnam l'anno scorso. Chissà, oltre alla lore scoprirò forse altro su di me? Non ho alcun dubbio a riguardo!