22 giorni di attesa ancora per poter tornare a vivere le emozioni di Final Fantasy VII. Un viaggio in quello che sarà il vasto open world che si staglia oltre Midgar e che condurrà l’AVALANCHE verso una nuova avventura: non sappiamo ancora quale, perché il futuro, nonché il volere di Tetsuya Nomura, è attualmente imperscrutabile. Eppure, le prime tre ore che abbiamo trascorso con Rebirth ci hanno fatto ben sperare, perché dinanzi a noi abbiamo trovato solo elementi di qualità, tutti da promuovere, in qualsiasi aggiunta ci sia stata proposta.
L’angelo monoala
Final Fantasy VII Rebirth, per come l’abbiamo provato, inizia con il flashback a Nibelheim raccontato da Cloud durante la sosta del gruppo a Kalm. Qui l’ex-SOLDIER racconta del suo primo grande incontro con Sephiroth, ma ci sono degli elementi che a livello registico, nonché narrativo, fanno ben intuire cosa sta per accadere: al di là del soffermarci su quello che viene raccontato, è giusto che chi conosce già cosa significa quel flashback sappia che Cloud ha dei ricordi falsati e il tutto ci viene mostrato da delle interferenze, come se stessimo guardando un film su una vecchia rete televisiva. La scrittura di Kazushige Nojima parte dall’intenzione di provare a sbugiardare subito tutte le incongruenze affrontate da Cloud nella sua narrazione, ma non andremo più a fondo per due motivi: il primo è che rischieremmo di togliervi delle sorprese, la seconda è che è davvero troppo presto per valutare l’intreccio nel suo complesso, soprattutto perché Final Fantasy VII Rebirth avrà davvero tanto da dire e da raccontare, soprattutto dal punto di vista della trama.
Sappiate, nel frattempo, che alcuni momenti iconici, dal punto di vista registico sono estremamente esaltanti. Una delle più iconiche scene di Nibelheim, la manifestazione di quel Sephiroth votato al desiderio di scoprire sé stesso, mentre alle sue spalle si stagliano le fiamme della città ci viene offerta con la potenza del motore grafico odierno, mentre in sottofondo vengono intonati i primi cori della One Winged Angel, ancora non del tutto emersa dal proprio tepore. Final Fantasy VII Rebirth in queste piccole accortezze, nel seminare questi aspetti per ora ancora marginali e introduttivi ci regala, soprattutto a noi che veniamo da quell’esperienza originale che ha compiuto 25 anni da poco, dei momenti a dir poco appaganti.
Il Bond System
Dalla nostra fuga da Kalm abbiamo potuto mettere le mani su un open world molto più grande di quanto ci fosse stato consegnato ai tempi della prima prova a settembre, quando dopo il flashback a Nibelheim avevano poi avuto l’occasione di testare le abilità sinergiche a Junon. Proprio su questo ci soffermiamo, prima di addentrarci sulle meccaniche dell’esplorazione. Rebirth introduce un innovativo sistema di social link, mutuato dall’esperienza di Persona, oramai una serie che ha saputo farsi riconoscere e amare nell’industria dei videogiochi. Ci viene presentato come Bond System, una feature che aumenta a seconda delle side quest che porteremo a termine: si tratterà sicuramente di un espediente utile per spingerci a completare anche le fetch quest, sperando che siano ridotte all’osso, soprattutto dopo l’infelice esperienza avuta con Final Fantasy XVI sotto quest’aspetto.
Tutto finalizzato all’ottenimento di un legame tra i vari personaggi del party e a intensificare il loro rapporto, figlio non solo delle missioni che porterete a termine, ma anche di alcune scelte nei dialoghi: Aerith vi chiederà di andare con lei sulla torre panoramica e starà a voi decidere come risponderle, ma altrettanto dovrete saper fare con Red XIII, con Barret, con Tifa e con tutti quelli che verranno dopo. Per ora la meccanica ci è stata solo introdotta, ma abbiamo già potuto notare come all’aumentare del livello dei bond del party si sbloccava uno skill tree in grado di farci sbloccare le abilità sinergiche, che nel nostro primo hands on ci erano state date come preesistenti. Adesso, invece, è chiaro che seguiranno una determinata curva di crescita dei nostri progressi e che ci permetteranno di ottenere anche dei bonus dal punto di vista del combat system, che per inciso resta ancorato a quelle che erano le meccaniche di Remake.
Cloud può cambiare il proprio rapporto con i suoi compagni di squadra rispondendo in maniera specifica a ogni conversazione che terrà: per controllare lo stato col proprio compagno di squadra basterà premere L1 per controllare il colore dell’icona, che può essere verde o gialla, oppure inizialmente neutra sul grigio, a significare che ancora non c’è stata un’alterazione del vostro rapporto. Ogni combattente, infine, avrà il proprio skill tree e i propri SP da spendere per acquisire nuove abilità: Skill Point che, ovviamente, si otterranno al completamento delle varie missioni.
Il mondo oltre Midgar
Arrivati nelle Grasslands, la vasta landa che si apre dinanzi ai nostri occhi dopo essere usciti da Kalm, abbiamo avuto un primo approccio con quello che è l’open world di Final Fantasy VII Rebirth. Partiamo col chiarire che quasi sin da subito abbiamo la possibilità di affidarci allo spostamento su Chocobo: questo per evitarvi di dover affrontare la vastità del mondo dinanzi a voi con il peso dei vostri unici piedi. Completate un paio di missioni secondarie, quindi, il pennuto giallo verrà a darvi supporto, cercando anche di attivare alcune variazioni sul tema e tentare una velata strada stealth. Oltre questo, siamo entrati subito in contatto con un altissimo numero di stimoli per le copiose attività a nostra disposizione: oltre al ritorno di Chadley e del suo simulatore di battaglia portatile che vi darà accesso alle sfide contro i suoi inizialmente improponibili avversari, potrete anche andare ad attivare delle torri elettriche per il collegamento con il resto del mondo. Tra il fast travel, da attivare grazie a delle fermate Chocobo, e gli scontri casuali, Aerith vi farà capire quanto sarà importante accettare e portare a termine missioni secondarie per riuscire a mettere da parte un po’ di soldi, essendo voi dei fuggitivi chiamati a ricostruire da voi le vostre ricchezze.
Il vostro main sarà sempre Cloud, con la possibilità di cambiare personaggio giocabile durante il combattimento, così da poter adottare la miglior strategia che ritenete utile per quel momento. Cloud, di per sé, può alternare le sue due modalità di combattimento: nella Punisher Mode è più lento, ma può lanciare un counterblow ogni volta che si para da un attacco avversario melee. Non può però pararsi da attacchi dalla distanza. Ogni volta che viene effettuata un’evasione in Punisher, la modalità torna a essere quella Operator, quella base, più veloce ma sensibilmente meno forte.
Il Chocobo ci mette a disposizione non solo un movimento molto più rapido e immediato, ma anche una serie di sfide da portare a termine, come le corse Chocobo, che serviranno come training per imparare a gestire meglio il vostro pennuto, ma allo stesso tempo vi agevolerà in tantissime ricerche e missioni, soprattutto grazie alla grande praticità con la quale potrete smontare e montare su di esso, sicuramente meglio di Final Fantasy XVI come sistema. Le missioni secondarie che abbiamo potuto affrontare ci hanno permesso anche di lanciarci in alcune diversificazioni della proposta, come la raccolta di fiori basandoci su quelle che erano immagini che ci erano state consegnate al Ranch, dove siamo stati chiamati al rintracciare determinate specie floreali usando dei riferimenti specifici. Ma le attività ci sono sembrate talmente tante, soprattutto perché in tre ore non siamo riusciti ad andare ad affrontare il Midgardsormr, che ci attendeva al di là di una laguna che abbiamo attraversato con il Chocobo: questo per farvi capire quanti stimoli abbiamo avuto nel corso della nostra esplorazione e quanto avremmo rischiato di rimanere lì molto più a lungo se ne avessimo avuto l’opportunità e la possibilità. Siamo sicuri che avremo talmente tanto da fare che starà a noi saperci dosare nell’accettare side quest, nel portare a termine fetch quest e quant’altro, col rischio di lasciarci soverchiare da tutte quelle che saranno le proposte dinanzi ai nostri occhi.
La musica e le carte
Ci sono degli elementi secondari su cui vogliamo concentrarci. Il primo riguarda il pianoforte di Tifa, collocato lì nella sua stanza a Nibelheim: in Final Fantasy VII rappresentava un momento di distrazione; invece, in Rebirth è uno strumento da suonare a tutti gli effetti. Con le levette analogiche andrete a gestire le due mani di Cloud, pronto a cambiare anche l’ottava da suonare, con tanto di movimento grafico ad accompagnarlo: potrete selezionare la nomenclatura delle note (non c’era quella italiana, al momento, e non sappiamo se verrà aggiunta) e se suonare i tasti bianchi o tasti neri. Insomma, uno strumento a tutti gli effetti, figlio di quella esperienza che The Last of Us ci aveva già regalato con la chitarra di Joel. Davvero piacevole e confidiamo in qualche easter egg nel caso in cui qualcuno decidesse di mettersi a suonare qualche melodia di Nobuo Uematsu. Ci è stato detto, tra l’altro, che nel corso del gioco sarà possibile rintracciare più pianoforti, tutti a nostra disposizione per andare a suonare gli spartiti che raccoglieremo.
Il secondo side element è rappresentato da Queen’s Blood, un gioco di carte creato appositamente per Rebirth. Final Fantasy VIII e Final Fantasy IX avevano, vent’anni fa, divorato il nostro tempo libero con le loro proposte cartacee e adesso Rebirth vuole provare a fare altrettanto: siamo sinceri, però, nel dirvi che il feeling non è stato lo stesso del Triple Triad e che il Queen’s Blood, in un periodo di grande saturazione per i TCG, non ha scosso le nostre sinapsi. Si tratta di un gioco basato su un mazzo da cinque carte in partenza, con tanto di eventuale mulligan iniziale, che richiede di schierare le vostre pedine su una scacchiera: il valore mana di ogni carta andrà a confluire in quella che la somma delle creature presenti su una delle righe della scacchiera, che alla fine determinerà chi ha vinto. L’intera struttura si basa sul reclamare le posizioni a disposizione, impadronendosi prima dell’avversario di un determinato punto della mappa. Vi assicuriamo che è molto più facile giocarci che spiegarlo; quindi, confidiamo nel fatto che dopo aver avuto la possibilità di provarlo per più di tre partite avremo ben altro da dirvi a riguardo.
Conclusioni
Final Fantasy VII Rebirth, rimandando ogni tipo di valutazione sull’aspetto tecnico – già di per sé di grandissima fattura – per ora ha saputo convincerci in quelle che sono le nuove proposte. Non fossilizzatevi troppo sullo scetticismo nei confronti del Queen’s Blood, perché si tratta di un’aggiunta che non pensiamo andrà a inficiare i giocatori che vorranno tenerlo da parte, nel caso in cui non foste patiti di giochi di carte. Tutto il resto è davvero enorme, appagante, soddisfacente: il combat system (per il quale vi rimandiamo al nostro precedente hands on, per evitare di essere troppo didascalici) torna a darci quelle sensazioni positive di Final Fantasy VII Remake con l’aggiunta delle abilità sinergiche e un sistema di bond che ci permetterà di andare ad aumentare le nostre competenze. Con tre diversi livelli di difficoltà, facile – normale – difficile, con l’ultimo che adatta le abilità dei nostri nemici a quelle che sono le nostre condizioni, siamo sicuri che questa sarà un’avventura davvero miliare per il 2024 e per il genere jRPG, con l’augurio di poter continuare ad avvicinare quante più persone possibili al marchio Final Fantasy VII, che oggi più che mai merita di diventare l’emblema di questa immortale saga.