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Fatal Fury: City of the Wolves, un ritorno che fa ben sperare | Recensione

La nostra recensione di Fatal Fury: City of the Wolves, il ritorno in grande stile della celebre serie picchiaduro di SNK.

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a cura di Giulia Serena

Editor

  • Pro
    • Gameplay ben bilanciato
    • Accessibile anche per i neofiti
    • Primo season pass gratuito
  • Contro
    • Graficamente e tecnicamente datato rispetto alla concorrenza
    • Mossa di marketing discutibile nell'inserire VIP nel roster di gioco

Il verdetto di Tom's Hardware

8
Fatal Fury: City of the Wolves è un ritorno coraggioso e ben centrato: SNK ha saputo bilanciare in modo ottimale fedeltà alle origini e innovazione, costruendo un picchiaduro profondo, sfaccettato e, soprattutto, divertente. Il sistema di combattimento riesce a essere tecnico senza risultare inaccessibile, e il pacchetto complessivo si arricchisce di contenuti interessanti, pur non sempre rifiniti alla perfezione. 
I difetti non mancano, tra interfacce macchinose, prestazioni da ottimizzare e personaggi nel roster discutibili. Eppure, la passione con cui il gioco è stato costruito traspare in ogni angolo del ring: con il supporto post-lancio già annunciato e una community pronta ad accoglierlo, il nuovo titolo della serie ha tutte le carte in regola per essere più di un semplice revival: è il ruggito di una leggenda che non ha ancora detto l’ultima parola. Non ci resta, dunque, che attendere e scoprire cosa ha in serbo per noi la saga.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Fatal Fury: City of the Wolves

Fatal Fury: City of the Wolves

Il mondo dei picchiaduro è in continua trasformazione, e al momento attuale non è nemmeno nella sua epoca di splendore: gli sviluppatori cercano di ampliare la propria audience sperimentando formule nuove, con il rischio, però, di allontanare chi questi titoli li ha amati fin dai primi tempi. In un panorama così variegato e competitivo, SNK rispolvera una delle sue saghe più emblematiche con Fatal Fury: City of the Wolves, riportando sulla scena una serie che non faceva capolino sul mercato da oltre venticinque anni. Il risultato? Un prodotto che non si limita a fare leva sulla nostalgia, ma che si propone con convinzione come un picchiaduro moderno, stratificato e visivamente distintivo, sebbene con qualche evidente limitazione.

Un gameplay che va oltre il fan service

Il cuore pulsante di ogni fighting game è il suo sistema di combattimento. SNK ne è ben consapevole, e in questo nuovo capitolo ha saputo unire la tradizione a un’ambizione contemporanea. City of the Wolves riprende molti elementi del celebre Garou: Mark of the Wolves, ma non si limita a una riproposizione scolastica; al contrario, li reinterpreta e arricchisce con nuove meccaniche che puntano a soddisfare sia gli appassionati di lunga data sia chi si affaccia per la prima volta al genere.

Il sistema a quattro pulsanti – due per i pugni e due per i calci, suddivisi in leggeri e pesanti – rimane una scelta classica, ma è la profondità dell’interazione a colpire. Le differenze tra colpi ravvicinati e dalla distanza influenzano il flusso dello scontro, spingendo il giocatore a ragionare su ogni movimento. I colpi da vicino, in particolare, sono spesso più efficaci e aprono le porte a combinazioni letali o a situazioni di netto vantaggio.

Tra le introduzioni più significative c’è il Rev System, una meccanica basata su una barra che si riempie man mano che si blocca o si incassa in modo controllato, e che consente di attivare abilità potenziate. Le Rev Arts rappresentano versioni più potenti delle mosse speciali, mentre le Rev Accel sono super concatenabili tra loro. I Rev Blows, invece, sono attacchi corazzati che, se usati con il giusto tempismo, possono ribaltare l’inerzia di uno scontro. Tuttavia, 

Non preoccupstevi, però, perché il Rev System non rovina l'equilibrio degli scontri: l’accumulo eccessivo del Rev Meter porta alla condizione di Overheat, che impedisce l’utilizzo di tutte queste tecniche. La barra diventa, quindi, una risorsa da gestire con intelligenza, e la transizione verso l’Overheat – pur visivamente d’impatto – può non risultare chiara al primo colpo d’occhio per i meno esperti.

Torna anche il Selective Potential Gear (S.P.G.), una zona evidenziata nella barra della salute che può essere posizionata a piacere all’inizio, in mezzo o alla fine della barra stessa. Entrare in questa zona attiva bonus come l’accesso ai Rev Blows o un incremento del danno. La scelta di dove collocarla diventa una decisione tattica, che influisce sull’approccio al round e sulla possibilità di ribaltare le sorti di un match.

Al fianco di questi elementi si aggiungono meccaniche come il Braking, che consente di annullare l’animazione di certe mosse per prolungare le combo; le Feints, che permettono di mascherare l’intenzione di un attacco o di ridurre i tempi di recupero; e infine il Wild Punish, un potente contrattacco che punisce gli attacchi andati a vuoto. Tutte queste opzioni aprono a un’espressività notevole, rendendo ogni scontro una danza strategica fatta di rischio, intuizione e padronanza tecnica.

Per chi si avvicina al gioco senza esperienza è stato, invece, implementato lo Smart Style, un sistema di controllo semplificato che consente di eseguire combo e special con comandi più immediati. È una scelta sicuramente benvenuta per i neofiti, sebbene limiti la varietà delle mosse disponibili e l’accesso ad alcune meccaniche più avanzate, mentre i giocatori più esperti troveranno sicuramente nel sistema classico una libertà e una precisione irrinunciabili.

Una passeggiata a South Town

La narrativa di Fatal Fury: City of the Wolves prosegue gli eventi di Garou: Mark of the Wolves, seguendo le vicende di Rock Howard alla ricerca del suo passato e dell’eredità lasciata dal padre Geese. Come spesso accade nei picchiaduro, la trama serve più da contorno che da colonna portante; parliamo, infatti, di una storia che accompagna gli scontri senza mai rubare la scena, e che offre qualche soddisfazione ai fan più affezionati.

La modalità Arcade, d'altra parte, offre la classica progressione a incontri, con un epilogo per ogni personaggio. Tuttavia, è la modalità Episodi di South Town a tentare qualcosa di più ambizioso in questo nuovo titolo della serie: qui, il giocatore esplora una mappa stilizzata della città, affrontando missioni e dialogando con altri personaggi. L’idea è chiaramente ispirata al World Tour di Street Fighter 6, anche se non riesce a replicarne la complessità o la ricchezza di contenuti, giacché la mappa è contenuta, le missioni sono piuttosto semplici e le interazioni tendono alla ripetitività. La possibilità di riaffrontare le storie in modalità più difficile aggiunge un pizzico di rigiocabilità, ma non basta a trasformarla in una modalità memorabile. Insomma, rimane comunque un’aggiunta interessante che mostra una volontà di offrire qualcosa in più rispetto al semplice versus, e che magari potrebbe venire migliorata con il passare degli aggiornamenti.

Un roster variegato, con qualche sorpresa

Il roster iniziale di Fatal Fury: City of the Wolves è composto da diciassette combattenti, con un equilibrio tra veterani della saga e volti nuovi che portano con sé stili di combattimento originali. Vediamo ritornare, per esempio, Terry Bogard, Rock Howard, Kim Dong Hwan e altri personaggi amati dai fan, mentre le new entry – come Preecha, una scienziata esperta di Muay Thai, o Vox Reaper, improntato all’aggressività – si integrano in modo coerente e interessante con il resto del cast.

Purtroppo, è proprio nel roster che si annida la scelta più controversa dell'opera: l’inserimento di Cristiano Ronaldo e del DJ Salvatore Ganacci ha fatto molto discutere la community nelle ultime settimane, e anche a noi ha fatto storcere il naso. Sebbene i due siano stati implementati con una certa creatività – Ronaldo usa tecniche ispirate al calcio, Ganacci si muove a ritmo dei suoi videoclip – la loro presenza risulta stonata rispetto all’universo narrativo. Insomma, se l’intento era attirare attenzione con mosse di marketing, alla fine la coerenza stilistica ne ha risentito, e l’assenza di Ronaldo dalla modalità storia accentua questa sensazione di distacco.

Ciononostante, c'è da dire che per lo meno entrambi i personaggi risultano divertenti da usare, e l’annuncio di una prima ondata di DLC gratuita che introdurrà figure storiche come Andy Bogard, Joe Higashi, Mr. Big e persino crossover da Street Fighter attenua questa discutibile strategia di marketing.

Tra promesse e incertezze

Il comparto online rappresenta oggi una colonna fondamentale per la longevità di qualsiasi picchiaduro, e in tal senso City of the Wolves si presenta con rollback netcode, una tecnologia ormai imprescindibile per garantire partite fluide anche tra utenti geograficamente distanti. Durante le fasi di beta testing il sistema ha mostrato buone prestazioni, ma restano alcune incertezze da verificare sul lungo periodo, soprattutto su connessioni meno stabili.

Le modalità disponibili includono incontri classificati, partite casuali e stanze private o pubbliche. Nonostante ciò, l’interfaccia per la gestione delle lobby appare alquanto datata rispetto ad altri titoli usciti recentemente: il menu room match, controllabile tramite un cursore che sembra pensato per mouse più che per pad, stona con l’estetica generale del gioco, mentre la ricerca tramite codice utente numerico risulta poco pratica. Interessante, invece, la funzione Clone AI, che analizza il tuo stile di gioco e crea una versione digitale da affrontare per migliorarsi. Purtroppo, il sistema di statistiche online non distingue le prestazioni in base al personaggio, limitando l’analisi a una visione d’insieme poco dettagliata.

Dal punto di vista estetico, City of the Wolves opta per uno stile ispirato ai fumetti americani, con contorni marcati e colori saturi che esaltano il dinamismo dei combattimenti. È una scelta che distingue visivamente il gioco da molti concorrenti, pur senza raggiungere picchi di stile memorabili. 

Non mancano, però, alcuni problemi: alcuni scenari sono poco dettagliati e, in certi casi, come lo stage del treno merci, si sono verificati cali di frame rate significativi. Anche i menu, pur funzionali, mostrano talvolta rallentamenti che spezzano il ritmo. In generale, l’impatto tecnico non è sempre all’altezza della direzione artistica.

La colonna sonora, al contrario, è uno dei punti di forza del gioco: l’uso di generi che spaziano dall’acid jazz all’hard rock conferisce energia e varietà all’azione, mentre la Jukebox integrata permette ai fan di riscoprire centinaia di brani storici delle serie SNK, offrendo un ulteriore elemento di nostalgia ben gestita.

Dal punto di vista tecnico, Fatal Fury: City of the Wolves è accessibile anche su configurazioni PC non particolarmente avanzate, con requisiti contenuti. Il supporto al cross-play tra piattaforme principali può sicuramente ampliare la base di utenti, mentre la compatibilità con Steam Deck lo rende adatto anche per sessioni portatili.

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