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Dynasty Warriors Origins è una splendida ripartenza | Recensione

Dynasty Warriors Origins è un'opera sorprendente grazie alla sua capacità di riabbracciare le origini della serie e riportarle a nuova vita.

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a cura di Andrea Maiellano

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In un periodo storico in cui i Tripla A sono sempre più conservativi, e le saghe più longeve si ripropongono seguendo pedissequamente ogni elemento che le ha rese celebri per non rischiare di scontentare le varie fan-base, ritrovarmi di fronte a una produzione come Dynasty Warriors Origins, mi sorprese particolarmente durante la mia precedente prova sul campo.

Vuoi per la volontà di svecchiare il più possibile una formula che, al netto delle numerose collaborazioni con franchise celebri di successo, si ripete meticolosamente oramai da parecchi anni, cambiando giusto qualche aspetto qua e la; vuoi per un ritorno a quelle origini della serie, a molti sconosciute, che mescolavano al celebre "uno contro mille" numerosi aspetti strategici e di gestione del campo di battaglia, il mio primo incontro con questo nuovo capitolo della longeva saga targata Omega Force, mi aveva lasciato con delle sensazioni particolarmente positive.

Ho voluto, però, prendermi il tempo per disintossicarmi da tutte le situazioni in cui mi sono trovato coinvolto durante quella prova. Non ri-pensare alla mia lunga chiacchierata con Tomohiko Sho (storica figura della serie), distaccarmi dall'atmosfera conviviale di quell'evento, dove ogni aspetto esprimeva amore per il videogioco nella sua definizione più pura, e riprendere in mano Dynasty Warriors Origins qualche settimana dopo, con la mente libera da tutto, pronto a scoprire se davvero questo nuovo capitolo potrebbe essere ciò che serve al genere Musou per ritagliarsi il suo giusto spazio nel panorama videoludico occidentale, scrollandosi violentemente di dosso quella nomea di "genere caciarone da giocare a cervello spento".

Bene, dopo oltre 40 ore spese assieme a Dynasty Warriors Origins, ora posso dirvi che la mia opinione iniziale non era inquinata. Si tratta davvero di un ottimo Musou, capace di affiancare al classico concetto del "uno contro mille", molteplici aspetti presi dagli action-game, e dai titoli di stampo più strategico, per offrire un mix tanto convincente quanto fedele alle origini della serie, che oramai risalgono al lontano 2000, quando uscì il secondo capitolo della serie (per chi non lo sapesse il primo gioco era un picchiaduro uno contro uno rilasciato su PlayStation nel 1997).

Un vagabondo senza nome

Il primo aspetto che risalta di Dynasty Warriors Origins è il suo voler cambiare immediatamente le carte in tavola. Fin dalle primissime fasi dell'avventura, difatti, si assumerà il controllo di un personaggio inedito. Un vagabondo, colpito da una forte amnesia, ma indubbiamente capace nell'arte della spada che, per via di una serie di circostanze che non vi racconterò per evitarvi spiacevoli anticipazioni, si ritroverà a collaborare con una delle celebri personalità dell'immenso roster di Dynasty Warriors, scatenando gli eventi che, in seguito, daranno vita ai temibili Turbanti Gialli.

Lo scenario che fa da sfondo a Dynasty Warriors Origins è, come da tradizione, quello del periodo dei Tre Regni (ovvero quello che storicamente va dal 220 al 280). In questo periodo caratterizzato da intrighi politici e lotte di potere, il Vagabondo (in realtà potrete dargli un nome e definirne il sesso) si ritroverà ad affiancare le figure cardine della, enorme, storia di Dynasty Warriors, permettendo al giocatore di osservare il corso degli eventi da un punto di vista inedito e, per certi versi, maggiormente neutrale. Il Vagabondo, difatti, farà la conoscenza, poco alla volta, di praticamente tutti i personaggi che i fan della saga hanno avuto modo di conoscere nelle ultime due decadi, permettendogli di siglare alleanze, diventare amico con alcuni di essi e, persino, decidere con chi schierarsi in determinati momenti della storia, generando delle diramazioni narrative che ampliano ulteriormente la, già elevata, longevità di questo capitolo.

Eh già, perché in diversi momenti della storia le decisioni che il giocatore dovrà prendere avranno delle conseguenze molto importanti sul proseguo degli eventi e, in virtù di una scrittura molto più matura rispetto al passato, capaci di incuriosire il giocatore e portarlo a voler scoprire cosa sarebbe successo se avesse preso una decisione diversa. Un aspetto che profuma, molto vagamente sia chiaro, "di gioco di ruolo", anche se al netto di questo aspetto, e di un albero delle abilità molto ricco, Dynasty Warriors Origins si distacca tantissimo da quel genere. 

La scelta di utilizzare un personaggio solo, però, potrebbe far storcere il naso a molti. D'altronde da sempre la serie prevede roster enormi di personaggi, tutti caratterizzati da attacchi, e abilità, molto diverse fra loro per seminare morte e distruzione all'interno sui campi di battaglia. Bene, non c'è nulla da temere, visto che Omega Force ha studiato due meccaniche molto intelligenti per ovviare al problema: la prima, ovvero la possibilità di scegliere fra numerosi armamenti diversi, permetterà al Vagabondo di acquisire, nel corso del suo lungo viaggio, la padronanza di maneggiare diverse tipologie di arma (ognuna ispirata a quelle usate dai vari personaggi della saga). Ogniqualvolta si equipaggerà una nuova tipologia di arma, l'intero moveset del Vagabondo muterà conseguentemente, offrendo una vasta selezioni di stili di combattimento diversi. come da canovaccio per questa tipologia di meccaniche, ogni arma presenterà delle varianti sempre più potenti che potranno essere ottenute, o acquistate, così come l'utilizzare sempre di più le varie categorie di armi, permetterà al Vagabondo di padroneggiarle sempre di più, ottenendo nuovi attacchi e nuove abilità.

La seconda meccanica, che invece abbraccia completamente il fan-service, permetterà al protagonista di avere al suo fianco in battaglia i vari personaggi dell'enorme roster di Dynasty Warriors e che i fan hanno imparato ad amare nel corso degli anni. Questa meccanica, che per certi aspetti fa il verso alle relazioni viste nella saga di Fire Emblem, si struttura in diversi aspetti. Innanzitutto, in determinati momenti della storia, alcuni personaggi affiancheranno il protagonista, permettendo di utilizzarli durante le battaglie, seppur per brevi periodi di tempo, per sguinzagliarne l'enorme potere sul campo di battaglia, o per compiere dei potentissimi attacchi combinati. Inoltre, attraverso un semplice, quanto efficace, sistema di relazioni, si potrà aumentare l'affinità con i vari personaggi, potendone aumentare il potenziale sul campo di battaglia, quando si deciderà di farsi affiancare da loro nelle battaglie più complesse.

Ovviamente, questa dinamica, terrà in considerazione le decisioni del giocatore durante il corso degli avvenimenti e se ve lo state chiedendo... si. Alcuni alleati potrebbero diventare temibili avversari in base alle vostre scelte. Tutti questi aspetti, riescono  a rendere la storia di Dynasty Warriors Origins galvanizzante dall'inizio alla fine, mostrando il fianco molto raramente a momenti morti anche in virtù di una mole di filmati d'intermezzo molto ben realizzati e di una scrittura molto più matura, e convincente, rispetto al passato.

Tanti modi per dispensare morte

L'aspetto più interessante di Dynasty Warriors Origins, risiede, però, nel suo rinnovato combat system e in un gameplay molto più stratificato rispetto alle iterazioni passate. Come vi accennavo in apertura, l'elemento vincente risiede nell'ibridare il celebre "uno contro mille" con tutta una serie di contaminazioni provenienti dal genere action e, soprattutto, alle varie iterazioni fra la formula Musou e i franchise più celebri.

Rimangono le centinaia di truppe a schermo, così come permane la possibilità di falciarle rapidamente con i vari attacchi a disposizione del protagonista, ma questo aspetto è solo di contorno, risultando simile alla decorazione posta sulla superfice di una gustosa torta. In ogni missione principale, difatti, gli obiettivi saranno molteplici e per quanto riporteranno alla mente immediatamente il canovaccio che i fan della saga hanno apprezzato nel corso di tutti questi anni, è la messa in scena che risulta notevolmente diversa. 

Innanzitutto il vagabondo ha a disposizione un moveset che comprende attacchi leggeri, pesanti e manovre evasive pensate per diversificare l'approccio ai duelli. In aggiunta a schivate salti e combo varie, il protagonista potrà effettuare una parata che, se eseguita in modo perfetto, aprirà la possibilità a dei potenti contrattacchi. Se tutto questo non bastasse, a completare il ventaglio di abilità si trovano i potenti attacchi Musou (pensati per falciare rapidamente dozzine e dozzine di avversari o per infliggere una pesante offensiva a un singolo bersaglio) e tute le offensive speciali collegate ai vari armamenti. 

Ora vi starete chiedendo dove sta la differenza rispetto al passato. Bene, dovete sapere che nella maggior parte delle missioni, l'obbiettivo principale sarà quello di abbattere una serie di combattenti di difficoltà crescente che stazioneranno nei vari punti di interesse disposti sulla mappa. Ognuno di questi antagonisti, avrà una sua barra della vita personale, oltre a una serie di punti difesa che andranno rimossi prima di potergli infliggere, effettivamente, dei danni. Inoltre, ognuno di questi avversari, avrà delle debolezze e delle resistenze specifiche, motivo per il quale alcune armi risulteranno maggiormente efficaci rispetto ad altre. non si tratta di una meccanica in stile carta, forbice e sasso, ma risulta comunque interessante per invogliare a provare a dovere le varie tipologie di armi. 

Si, è vero, molte di queste dinamiche le abbiamo visto in Pirate Warriors 4 (il quarto Musou dedicato a One Piece sempre targato Omega Force), ma in questo capitolo di Dynasty Warriors sono state mescolate a numerosi altri aspetti, capaci di offrire un risultato finale che si rivela fresco, divertente e diverso dai capitoli passati.

Per eliminare i punti difesa dell'avversario, bisognerà padroneggiare a dovere la parata, e il conseguente contrattacco, così come si dovrà apprendere al meglio come leggere le varie offensive per rispondere a dovere con la giusta abilità evasiva o con l'attacco più adatto per far barcollare l'avversario. Tutto questo sistema, che a leggerlo potrebbe sembra persino troppo macchinoso per una serie frenetica come Dynasty Warriors, in realtà funziona divinamente, anche in virtù del sapiente bilanciamento svolto da Omega Force. In pochi minuti si comprende che la parata risulta comunque permissiva, così come gli attacchi degli avversari sono sempre molto leggibili e chiari, anche in quelle situazioni in cui un "uno contro uno" viene svolto nel bel mezzo di una battaglia campale con centinaia di soldati attorno pronti a colpire sia noi che i nostri alleati. 

Questa peculiarità, difatti, sprona il giocatore a pulire a dovere le aree dai pesci piccoli, in maniera tale da potersi dedicare ai pezzi grossi con la dovuta calma. Rimane comunque un contesto molto frenetico, caratterizzato da azioni veloci e che premia la prontezza nell'esecuzione. Se tutto questo non bastasse, i duelli fanno il loro ritorno in Origins, aumentando ulteriormente la varietà di situazioni che si possono presentare di fronte al giocatore durante le battaglie.

Per chi non ne avesse mai sentito parlare, si tratta di momenti in cui la battaglia si ferma, e le truppe di entrambe le fazioni si raggruppano in cerchio per permettere ai due combattenti più forti dei rispettivi eserciti di duellare per definire chi è il più forte. In questi frangenti a farla da padrone sono la capacità di parare, di schivare e di contrattaccare a dovere, in modo da colmare la barra posta nella parte superiore dell'HUD con il proprio colore entro il tempo limite. Insomma, Dynasty Warriors Origins, più che un Musou sembra un action in tutto e per tutto, che sfrutta le peculiarità della saga di Dynasty Warriors, o meglio del genere reso celebre da questo franchise, per proporre una produzione diversa dal solito e capace di garantire una boccata d'aria fresca ai giocatori.

Battaglie campali con una spolverata di strategia

Per quanto riguarda le varie missioni che compongono l'enorme campagna principale di Dynasty Warriors Origins, queste si strutturano come nei primissimi capitoli della saga. Ogni qualvolta si sarà in procinto di iniziare una battaglia, si studierà la mappa dell'area, definendo insieme ai propri alleati i punti nevralgici da conquistare, quali nemici andranno abbattuti e da dove partiranno i vari gruppi di soldati e alleati. 

Allo stesso tempo verranno definiti i parametri di sconfitta, i quali non comprenderanno esclusivamente la morte del Vagabondo ma anche il numero di truppe alleate che verranno sconfitte e se, e quanti, compagni d'arme si ritroveranno costretti ad abbandonare lo scontro o, peggio, periranno per mano degli avversari.

Una volta definito il tutto si comincerà la battaglia e al Vagabondo sarà richiesto, molto banalmente, di raggiungere tutti i punti nevralgici e sconfiggere, assieme ai propri alleati, i vari generali avversari. Ovviamente, se ci si sente particolarmente temerari, si può tentare la sorte e correre in direzione del capitano principale, nel tentativo di risolvere lo scontro il più rapidamente possibile, ma questo comporta, quando possibile farlo, dei rischi davvero elevati, visto che nel mentre tutti i nostri alleati rimarranno senza supporto e maggiormente esposti a una brutale sconfitta.

Per quanto riguarda le truppe che affiancheranno il Vagabondo in battaglia, queste saranno sensibili a diversi fattori e il protagonista, in veste di comandante, dovrà sempre decidere al meglio in battaglia per mantenerne il morale alto e, conseguentemente, innalzarne il potenziale combattivo. Se si deciderà di affrontare tutto a testa bassa, perdendo truppe su truppe o mettendo a rischio gli alleati, il morale delle truppe ne risentirà. Se si opterà per muoversi in maniera più strategica, e militarmente organizzata, il morale salirà, e con esso anche le abilità delle truppe al nostro seguito di scagliare piogge di frecce sul campo di battaglia, scagliarsi in attacchi di sfondamento a cavallo e così via. 

Ci si troverà, quindi, a correre costantemente da una parte all'altra del campo di battaglia per fiancheggiare i vari alleati, eliminando capitani e generali, in attesa di poter, finalmente, raggiungere i soldati più importanti e mettere fine allo scontro. Il tutto, mantenendo alto il morale dei soldati, difendendo i nostri alleati e continuando a falciare nemici su nemici per tenere sempre cariche tutte le abilità speciali del nostro Vagabondo.

Ovviamente questo è solo il canovaccio che fa da Leitmotiv per le varie battaglie, visto che ognuna di esse sarà caratterizzata da alcuni obiettivi unici che andranno portati a termine per poter proseguire. Per farvi un esempio che non vi anticipi troppo? In una delle prime battaglie, gli avversari useranno un potente, quanto allucinogeno, incenso per disorientare le truppe alleate, potendole colpire letalmente senza venire attaccati a loro volta. Toccherà a noi individuare i vari incensieri giganti nascosti nell'area e distruggerli prima di poter affrontare le truppe nemiche. 

Proprio questa missione, fa anche da tutorial a un'abilità unica del Vagabondo, ovvero la possibilità di usare una sorta di "quinto senso e mezzo" (scusate ma la citazione a Dylan Dog era d'obbligo) per analizzare il campo di battaglia alla ricerca di risorse, segreti e, come in quello specifico caso, gli incensieri nascosti.

Insomma, anche in questo caso il core della saga è rimasto intatto, anzi è stato addirittura ripreso quello che rese celebre il titolo del 2000, ma sono state introdotte, e reintrodotte, tutta una serie di dinamiche atte a rendere ogni battaglia principale sempre varia e divertente da affrontare, facendo sopraggiungere un leggero tedio solo nelle ultime fasi dell'avventura principale, ovvero quando tutte le frecce nella faretra di Omega Force sono state scoccate e le varie dinamiche viste in precedenza iniziano a ripetersi, seppur mescolate fra loro. 

Tante, forse troppe, cose da fare.

Tutti questi aspetti di Dynasty Warriors Origins, sono stati inseriti in un contesto enorme, forse fin troppo ricolmo di cose da fare. Non appena i terminerà il prologo, si ppotrà accedere alla mappa del gioco, dove una versione deforme del Vagabondo potrà spostarsi fra le varie regioni per raggiungere i punti di interesse che faranno progredire la storia. Oltre a questo, però, la World Map di questo nuovo capitolo, è ricolma di piccole cose da fare che nella fattispecie si ripartiscono in: risorse da raccogliere, locande da visitare, micro-battaglie campali da portare a termine e tutta una serie di attività opzionali che, in virtù della loro eccessiva ripetitività, rappresentano, forse, il vero "Tallone D'Achille" dell'intera produzione.

Si tratta, ovviamente, di attività completamente opzionali. Ma considerando che il reperimento di risorse è intrecciato alla creazione dei talismani che servono per potenziare alcuni aspetti del Vagabondo, lasciarsi questa attività alle spalle potrebbe non essere una buona idea. Alla stessa stregua, molte delle battaglie secondarie garantiscono una buona quantità di punti esperienza, utili per salire di livello rapidamente e sbloccare le varie abilità presenti nell'albero principale dedicato a queste ultime; così come moltissimi scontri opzionali sono collegati alla padronanza delle varie armi, o molto banalmente risultano utili per padroneggiarle prima del tempo. 

Nelle prime fasi dell'avventura, tutte queste attività satellite riescono a catturare l'attenzione del giocatore, anche in virtù della rapidità necessaria per portarle a termine, ma nelle fasi avanzate della storia, specialmente quando il vagabondo incomincia ad assumere sempre più i connotati di quella che si potrebbe chiamare una "War Machine", fra il fatto che le missioni principali cominceranno a essere particolarmente lunghe e articolate e la notevole lunghezza della storia principale, si inizierà a dare sempre meno peso alle missioni secondarie, facendole apparire più come delle tediose diramazioni della storia principale, rispetto a delle attività piacevoli da giocare. 

Tecnicamente al passo ma si poteva fare di più

Fra la versione preliminare, e quella definitiva, del codice del gioco, ho avuto il piacere di giocare Dynasty Warriors Origins su PC, Steam Deck e PS5 Pro e in tutte e tre le situazioni mi sono trovato di fronte a un titolo dove al primo posto è stata messa l'ottimizzazione, il che fa sempre piacere.

Su Steam Deck, dove pensavo sarebbe saltato per aria tutto, il titolo si è mosso con una risoluzione di 720p (gli 800p arriveranno a ridosso dell'uscita ufficiale), dettagli grafici impostati con una specifica "modalità Steam Deck" (già presente di default nel codice di gioco) e 30 FPS stabili. Su un ROG Zephyrus G16, dotato di 4090 Laptop, Intel Core Ultra 9 185H da 2.50 GHz e 32 GB di RAM, il titolo si è fatto giocare a 1600P con tutto al massimo, FPS bloccati a 60(possono essere impostati manualmente fino a 240) e nessun upscaler, o frame generator, attivo. Su PlayStation 5 Pro, invece, il gioco presenta le solite opzioni grafiche fra le quali vi consiglio caldamente "prestazioni", visto che vi ritroverete a giocare con una risoluzione di 1440p upscalati e 60 FPS granitici.

Venendo al comparto tecnico e grafico, Dynasty Warriors Origins è in linea con le produzioni attuali per quanto riguarda i modelli poligonali e tutto quel che concerne le ambientazioni, ma la volontà di sfruttare tutta la potenza degli hardware attuali per invadere i campi di battaglia con centinaia di truppe, ha portato a dei compromessi, che nello specifico si possono constatare in animazioni meno naturali rispetto ad altri titoli attuali, a qualche texture sporchina e ad alcune movenze degli avversari decisamente innaturale. resta comunque una meraviglia per quanto concerne stabilità e spettacolarità delle scene più scenografiche e ricche di effetti particellari.

Nota finale: il titolo è doppiato sia in Inglese che in Giapponese, mentre è interamente sottotitolato in Italiano, anche se, come da prassi, leggere tutti i testi nel bel mezzo di una battaglia potrebbe risultare particolarmente fastidioso per alcuni giocatori.

 

Voto Recensione di Dynasty Warriors Origins


8

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • Combat System ricolmo di aspetti che lo differenziano dai soliti Musou.

  • Storia ben scritta e coinvolgente, oltre che longeva.

  • Molti aspetti dei capitoli passati, e degli altri spin-off, convergono in una formula quasi perfetta.

Contro

  • Missioni secondarie ripetitive e poco impattanti

  • Per quanto capace di distaccarsi dal passato, un leggero tedio subentra nelle fasi finali dell'avventura.

Commento

Dynasty Warriors Origins è una ripartenza perfetta, oltre che essere il capitolo che serviva alla serie per fare breccia nel pubblico occidentale. Omega Force è stata capace di raccogliere tutti i pregi dei capitoli passati, spin-off compresi, e agglomerarli in un capitolo che riesce a differenziarsi dal genere di riferimento, pur facendone pienamente parte. Il risultato finale è una action-game ricolmo di cose da fare, fin troppe se vogliamo essere onesti, che riesce a non annoiare, quasi, mai, rivelandosi divertente, appagante e coerente fino alle sue battute finali.

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Dynasty Warriors Origins

Dynasty Warrior Origins è il nuovo capitolo della longeva saga di Koei Tecmo, che si pone come seguito e ripartenza per il franchise.
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