Dragon's Dogma: Dark Arisen Recensione Nintendo Switch

Dragon's Dogma: Dark Arisen sbarca finalmente su Nintendo Switch, con un porting di qualità, ma senza nessun cambiamento di sorta rispetto al lontano 2012.

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a cura di Lorenzo Quadrini

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Dragon’s Dogma sbarca, finalmente, anche su Switch, attraverso un’operazione commerciale che è quasi dovuta, pur se forse poco sentita a livello di numeri e di richiesta. Il gioco, lo diciamo subito, ha mantenuto intatto il fascino e la godibilità del lontano 2012, ma risulta anche più che digerito dagli utenti nonché particolarmente inadatto alla portabilità della console giapponese.

Dragon’s Dogma: Dark Arisen è la versione definitiva del GDR ibrido lanciato con successo da Capcom, la cui intuizione fu quella di mescolare al classico Monster Hunter elementi più spiccatamente ruolistici, ovviamente a discapito della componente online e di parte dell’enorme grinding che caratterizza la saga. Il risultato è un gioco di ruolo con elementi strategici e di azione, caratterizzato da una struttura narrativa non certo complessa, anzi quasi criptica, ma solida ed efficace. In Dragon’s Dogma il giocatore viene catapultato in un mondo contraddistinto da un ciclo apparentemente infinito di pace e guerra, scatenata quest’ultima dalla venuta di un Drago, a sua volta scacciato da un prescelto, un Arisen. Nelle scene iniziali capiremo, tra l’altro, che è lo stesso Drago a poter creare gli Arisen, strappando loro il cuore e creando una sorta di connessione. Un destino manifesto, che andrà però complicandosi con l’avanzare della storia e delle quest.

Dragon's Dogma è un vino d'annata

Come già accennato, la trama di gioco si rivela stringata nella narrazione, che opta per dialoghi brevi e concisi, per una certa scarsità di informazioni, preferendo “far parlare” le ambientazioni, i luoghi, gli eventi. Al contrario di tanti altri titoli che cercano di guadagnare in fascino attraverso quella che sostanzialmente è povertà di contenuto, Dragon’s Dogma è un’opera di grande spessore narrativo. Il mondo di gioco, un fantasy medievale quasi fiabesco, è strutturato e plausibile, presentando interazioni e dialoghi tanto semplici quanto realistici e verosimili. Il giocatore non ha mai l’impressione di essere fuori posto, ed una volta abituatosi ad un certo mutismo, che sia rispetto a determinate situazioni storiche poco chiare, o rispetto a qualche quest meno approfondita degli standard moderni, rimane comunque saldo e soddisfatto nell’immedesimazione con l’Arisen.

Certo è che il fulcro del gioco rimane il gameplay, come già spiegato una vera e propria ibridazione tra Monster Hunter e un più classico GDR. Al giocatore spetta quindi il compito di gestire la stringata ma esaustiva scheda del personaggio, dotata di punti esperienza, livelli e classi (all’inizio un semplice trittico mago/guerriero/arciere, che può essere  portato avanti con delle classi di prestigio), il proprio equipaggiamento e un sistema di crafting interessante anche se ridotto all’osso. Dragon’s Dogma offre alcune soluzioni di gameplay di grande profondità, pur senza mai arrivare a potersi definire complicato.

Un’affermazione, quest’ultima, da non fraintendere: il videogioco è tutt’altro che semplice, anche a causa delle indicazioni quasi ermetiche offerte dall’ambiente - a tratti di un’ostilità improvvisa e devastante - ma indubbiamente ogni aspetto del gameplay è facilmente assimilabile. Dalle lanterne che vanno costantemente riempite d’olio (poiché il ciclo giorno-notte è tutt’altro che estetico) fino all’utilizzo delle pozioni e al posizionamento tattico, tutto in Dragon’s Dogma suggerisce cautela e accurato studio delle situazioni e delle risorse. In tal senso, infine, si schiude il vero fiore all’occhiello della produzione: il combattimento e il sistema di pedine.

Queste ultime, quasi un modo per sopperire all’assenza del multiplayer, sono delle creature che vivono per servire l’Arisen. Prive di libero arbitrio e di consapevolezza, le pedine seguono pedissequamente gli Arisen, proveniendo da una non meglio precisata dimensione, che altro non è che il server Capcom, attraverso il quale ogni giocatore mette a disposizione il proprio personaggio (rigorosamente controllato dalla IA) per completare il party di gioco. Un sistema indubbiamente divertente, ma che certo non sostituisce il multigiocatore, quanto piuttosto integra un sistema di combattimento ibrido difficile da gestire altrimenti.

Come già accennato, infatti, Dragon’s Dogma propone un miscuglio di elementi action, essendo possibile colpire, saltare ed arrampicarsi sui giganteschi mostri che popolano il mondo di gioco, a cui si sommano componenti spiccatamente tattiche, inerenti all’utilizzo sapiente delle pozioni, al giusto posizionamento ed allo sfruttamento delle peculiarità del gruppo. In tal senso, pur se meno lungo e ripetitivo, Dragon’s Dogma si rifa completamente a Monster Hunter, sia per scelte tecniche che per stile (mostri giganti, parti del corpo mozzabili e via discorrendo).

Un porting buono ma non imprescindibile

Nel complesso, immaginando che molti lettori conoscano già il prodotto, il videogame è rimasto il capolavoro di sempre, invecchiato tra l’altro abbastanza bene, pur se soffrendo un pochino dal punto di vista grafico. La versione Dark Arisen, inoltre, garantisce una migliore fruizione grazie ad alcuni sapienti accorgimenti di gameplay (come il teletrasporto) e di grafica, che se erano sentiti come necessari nel 2012, divengono imprescindibili oggi.

Il vero problema di questa riproposizione è, probabilmente, la fisiologica “inutilità” dell’operazione, che al netto del dover espandere la libreria online di Switch, offre ben poco in termini di vantaggio per i giocatori. A meno di non aver perso il titolo nel corso di questi ultimi anni, infatti, il gioco non guadagna davvero nulla in ottica di portabilità, avendo la console Nintendo uno schermo troppo piccolo per godere appieno dell’epicità degli scontri, soffrendo tra l’altro anche di leggeri cali di FPS. Sia chiaro, si tratta di sbavature minime, che non impediscono affatto la fruizione, ma certo è che il maggior pregio della Switch, apprezzabile in produzioni non recenti ma adatte al gioco portable, non si sposa al meglio con Dragon’s Dogma. Complessivamente, comunque, al netto di queste considerazioni, la trasposizione del titolo è stata eseguita a regola d’arte, non essendovi da segnalare problemi di sorta ne particolari fastidi tecnici (il gioco, va detto, è rimasto chiaramente identico alla versione originale).

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