Dragon Quest XI: Echi di un'era Perduta
Ci sono leggende che è difficile raccontare a parole, titoli che forse sarebbe troppo superficiale descrivere in poche righe. La storia narra che esistono esperienze videoludiche in grado di cambiare per sempre la concezione di un genere, di entrare di diritto nel libro delle pietre miliari e di ricevere l'onore di rappresentare un punto di riferimento da raggiungere. La saga di Dragon Quest rappresenta tutto ciò: un brand che ancora oggi riesce a sorprendere ed entusiamare, che giunge sul mercato sempre con estrema qualità, migliorandosi volta per volta, superando se stesso ad ogni capitolo.
Quando si parla del gioco ideato da YÅ«ji Horii bisogna farlo con cauto rispetto, poiché la sua fama nel nostro continente non è assolutamente paragonabile a quella che detiene invece in Giappone, dove Dragon Quest è a tutti gli effetti il JRPG per eccellenza, quasi da essere considerato uno dei fautori e iniziatore del genere stesso. Abbiamo deciso di approcciare il nuovo Dragon Quest XI: Echi di un'era Perduta proprio con amore; godendocelo, assaporandone ogni momento, facendoci cullare dalla sua storia e dalla sua atmosfera agro-dolce, percorrendo un viaggio durato quasi 60 ore che ci ha talmente colpiti da essere entusiasti di poterlo ripercorrere insieme a voi, ancora una volta.
C'era una volta un eroe
La storia affrontata si dimostra in linea, almeno in maniera generica, a quella vissuta negli altri Dragon Quest. Impersoniamo un eroe: un ragazzo di 16 anni che si scopre ben presto essere in possesso del dono della luce e di essere quindi la reincarnazione del Lucente in persona. L'associazione a questo "titolo" spaventa e allo stesso modo produce gioia nei confronti degli abitanti di Erdrea -il mondo in cui il gioco è ambientato-, si perché il ritorno della luce può significare solo una cosa: l'oscurità è tornata e il Signore delle Ombre è pronto ad allungare la propria mano malvagia sul mondo. Il nostro lungo, lunghissimo viaggio inizia con coraggio e determinazione, incuriositi dal nostro passato e dal mondo esterno al piccolo villaggio in cui siamo cresciuti. La componente narrativa del titolo è semplice, essenziale, ma non per questo meno banale di produzione più mature. Il gioco è volutamente infantile, ma la qualità del racconto è alta e non mancano situazioni imprevedibili costituite da tradimenti, storie inaspettate e segreti svelati che insieme ad un mix di emozioni che mescolano felicità, tristezza, rabbia e sorpresa generano una vicenda capace di intrattenere per le 60 ore di gioco necessarie per completarla e che una volta conclusa, siamo sicuri, non potrete fare a meno di rimanere folgorati dal meraviglioso quanto inaspettato finale.
Seppur la trama ricopre un ruolo fondamentale all'interno di Dragon Quest XI, è il contorno a rendere questo titolo ancora più completo. La lore ricopre, infatti, un ruolo fondamentale. Libri, dialoghi dei cittadini e missioni secondarie nascondono infatti tanti segreti sul mondo di gioco che già di suo è immenso, vario e pieno di luoghi da scoprire. Seppur il nostro protagonista è completamente muto, può comunque "dire" la sua con alcune risposte che capitano di tanto in tanto durante i dialoghi, potendo scegliere di dire "Si" o "No" in determinate situazioni. Questo modifica unicamente il carattere soggettivo del nostro eroe, ma non cambia il percorso narrativo che rimane lineare e ben delineato.
Come in ogni JRPG che si rispetti, la presenza di buoni comprimari con un ottimo character design possono dire già molto sul gioco. In questo caso, abbiamo tirato un sospiro di sollievo; non è assolutamente semplice sviluppare un party che sia carismatico, vario e ben approfondito, per fortuna in questo caso Square Enix ha lavorato bene, perché tutti i nostri compagni hanno storie interessanti che li legano e sono coerenti con l'avventura affrontata. Tra questi abbiamo Erik, un giovane ladruncolo dai capelli blu dall'animo burrascoso ma gentile; Serena e Veronica, due incantatrici dall'animo puro, ma molto diverse tra loro; Rab, un anziano vecchietto che a discapito dell'aspetto nasconde un potere magico incredibile; Jade, una bellissima ragazza dalle doti combattive straordinarie e infine Sylvando, un apparente giullare motivato a rallegrare le altre persone. Ogni personaggio nasconde una sottotrama che ne caratterizza il passato e il presente, questo vale sia per i comprimari che per gli antagonisti del gioco. L'intera avventura riesce a dare giustizia ad ogni personalità principale che ci circonda, riuscendo pienamente nello scopo: provare empatia e affezione verso ognuno di loro e lasciando inesorabilmente un vuoto una volta che la storia giunge al termine.
Il classico che piace
Square Enix non ha voluto stravolgere: Dragon Quest XI: Echi di un'era Perduta è un JRPG classico che da tempo manca sulle nostre piattaforme; un titolo profondo che diverte senza frustrare il giocatore, anche il meno abituato a questi tipo di titoli. Il gioco non è particolarmente innovativo, ma aggiunge diverse novità che migliorano complessivamente l'esperienza, rendendola meno complicata per i neofiti e meno legnosa per i fan di lunga data. Il primo aspetto che salta all'occhio è la presenza rivista della minimappa che ora finalmente mostra in maniera ordinata la posizione dei luoghi principali, oltre che dei NPC che meritano la nostra attenzione con missioni principali e secondarie. Il punto esclamativo sopra la testa di un personaggio indica che vuole affidarci un compito o vuole dirci qualcosa di una certa importanza, questo evita giri in tondo casuali per cercare quest o informazioni di un certo tipo.
Sfortunatamente i compiti secondari sono fini a se stessi, poco curati e orientati prevalentemente per aggiungere ore di gioco e fornirci equipaggiamento o materiali. La maggior parte di queste "missioni" chiedono di recuperare un determinato oggetto e di portarlo al richiedente, un modello che può forse funzionare per dieci volte, ma che diventa ripetitivo dopo poco. L'esplorazione è però essenziale, poiché ci permette di trovare ricette, oggetti e materiali per migliorare il nostro party. In aiuto a questo ci viene incontro l'introduzione dello scatto ripetto alla versione giapponese e la possibilità di utilizzare il cavallo, mezzo di trasporto vitale per perlustrare le enormi macroaree in maniera rapida e per partecipare a vere e proprie gare di velocità nella città desertica di Galoppoli. Spostarci non è comunque un problema, infatti abbiamo a disposizione la possibilità di teletrasportarci tra accampamenti e città grazie ad un incantesimo completamente gratuito a livello di punti energia. Con l'avanzare dell'avventura aumentano i mezzi di trasporto, permettendoci persino di navigare nel vasto mare che circonda il mondo di Erdrea, visitandone persino le piccole isole vicine.
La meccanica più interessante e divertente del gioco è sicuramente il crafting che, tramite una forgia portatile, ci permette di creare il nostro equipaggiamento, a patto di trovare le ricette sparse per il mondo e i relativi materiali. Nella schermata di forgiatura ci viene richiesto di battere con un martello diverse parti dell'equipaggiamento selezionato, lo scopo è quello di raggiungere e non superare di troppo la forgiatura massima per ogni parte dell'oggetto. Più ci avvinceremo all'obiettivo, più riusciremo ad ottenere un risultato migliore, attenzione però, bisogna far attenzione alla temparatura e tenere presente che ogni battitura consuma concentrazione e che una volta terminata non è più possibile continuare a forgiare. Insomma una meccanica originale ma che richiede una discreta esperienza che si acquisce nel corso del tempo.
L'equipaggiamento è ovviamente un aspetto da tenere sempre d'occhio; è possibile infatti equipaggiarci con spada o spadone, armatura, elmo e due supporti come anelli, orecchini o collane... . Ovviamente il tutto vale anche per i nostri compagni, dove oggetti e abilità sono tutte gestite da noi; come da tradizione, solo le armi forniscono un impatto estetico, armature ed elmi non vengono visualizzati sui nostri protagonisti. Le skill, invece, vengono assegnate tramite un albero delle abilità a caselle, che sbloccate, rende disponibili quelle adiacenti in una maniera simile e già vista in titoli come Path of Exile. Le skill apprese possono essere incantesimi, elementi passivi o semplicemente un miglioramento di alcune caratteristiche principali, come la forza o l'agilità.
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Ogni scontro vinto ci garantisce esperienza e oro da utilizzare per riposare nelle locande, aquistare equipaggiamento o sperperare nell'immancabile Casino. Salire di livello non è troppo complicato e basteranno pochi scontri anche ai livelli più alti, questo perché tutte le creature si adeguano un poco alla volta alla nostra forza, aumentando anche d'esperienza fornita; Per questo motivo i boss affrontati non risultano mai troppo impegnativi e basta fare qualche altro scontro per avanzare di livello e riprovare la sfida successivamente.
Dopo una battaglia impegnativa è ben consigliabile andare a riposarsi nei pressi di un falò, così da poter chiacchierare con i nostri compagni, forgiare armi o semplicemente curarsi e avanzare il tempo di gioco ad un orario ben preciso, si perché alcune creature reagiscono o appaiono a seconda dell'ora in cui stiamo esplorando. Una volta riposati salvare è l'idea migliore, possibile tramite le chiese delle città o ai santuari posti accanto agli accampamenti. Le chiese o i santuari ci permettono di far risorgere un amico caduto in uno scontro, epurarci dai veleni o reimpostare le abilità a discapito di un costo d'oro, oltre che salvare la partita.
Tra le tante novità di questa versione è presente anche una telecamera in prima persona dove poter scattare delle foto
Nonostante delle meccaniche classiche, il gioco è accessibile e fruibile per qualunque tipo di giocatore, da quelli più esperti a quelli che si avvicinano alla saga o ai JRPG per la prima volta. Per tutti i coraggiosi in cerca di una sfida è presente la Draconian Quest volutamente esaltata dai producer Takeshi Uchikawa, Hokuto Okamoto e Hikari Kubota; una "modalità" difficile che permette di selezionare alcuni svantaggi per la vostra partita, da mostri estremamente più difficili da battere, fino all'impossibilità di comprare oggetti o persino di equipaggiarli. Sono presenti poi altre restrizioni a scelta, selezionabili già all'inizio della prima partita. Insomma, qualunque tipo di giocatore siate, in Dragon Questi XI trovate la sfida adatta a voi.
Meravigliosa Erdrea
La meravigliosa vicenda di Dragon Quest XI va di pari passo con la sua qualità estetica; irreprensibile e galvanizzata da un lato artistico semplicemente sontuoso. Il mondo Erdrea come abbiamo già detto, è pieno di personaggi e creature con diverse sfacettature; ambienti coloratissimi, vari e pieni di vita, quasi da sembrare di star vivendo un'avventura all'interno di film d'animazione. Da questo punto di vista è egregio il lavoro svolto con l'Unreal Engine 4 e il'utilizzo del cel-shading che esalta ogni panorama che abbiamo modo di osservare durante la nostra avventura: dalle verdeggianti foreste, al brillante oceano, dalle nevose montagne fino alle dune del deserto.
Anche le città, con i loro mercati, porti e castelli sono tutte diversificate tra loro e riescono ad assumere un'identità unica a seconda del luogo in cui sono sorte. Ad alimentare il concetto di "importanza per i dettagli" è il fatto che gli sviluppatori abbiano voluto ispirarsi a paesi come la Francia o l'Italia per ricreare alcune delle ambientazioni del gioco; Gondolia, ad esempio, ricorda molto Venezia e anche il doppiaggio inglese degli abitanti -inserito in esclusiva in questa versione occidentale- ha sprazzi di italiano tra una parola e l'altra. Ogni città è poi legata indissolubilmente ad una propria storia, con tutte le leggende che ne conseguono, un elemento che migliora la già enorme lore del gioco, accrescendone l'importanza narrativa.
Ad accompagnare il nostro viaggio è immancabile la colonna sonora di KÅichi Sugiyama - ben 87 anni-, storico compositore della saga che ancora una volta ci ha immersi e cullati con brani originali. Purtroppo la qualità non può considerarsi eccelsa, risultando anonima anche a causa di un'eccessiva ripetitività delle tracce sonore e della mancanza quasi inspiegabile delle musiche orchestrate presenti nella versione giapponese - la OST è tutta MIDI- . Scordatevi quindi voci soavi o particolari arrangiamenti, ma accontentatevi di strumentali abbastanza meccanici che probabilmente, alla lunga, vi convinceranno a disattivare tutta la componente musicale dal menu. A dispetto di questo, però, è presente un parziale doppiaggio in inglese nelle cinematiche e nei momenti più concitati, questo era assente nella versione originale e fa sicuramente piacere vedere che il team abbia voluto inserire un po' di occidentalità nel titolo. Se vi state già preoccupando per l'assenza dei sottotitoli dei testi vi tranquilizziamo immediatamente: sono presenti e non solo sono stati tradotti in italiano, ma alcuni di essi presentano particolari peculiarità su accenti dei personaggi di un determinato luogo.
Dragon Quest XI: Echi di un'era PerdutaPS4PC
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