Dragon Quest III ha rappresentato un punto di svolta molto importante per la serie di Enix. In quell'ecosistema che ci portò a vivere la famigerata trilogia di Erdrick, l'avvento del terzo capitolo, che rappresentava a tutti gli effetti un prequel dei precedenti due, permise alla software house giapponese - oggi uno dei colossi della distribuzione e del publishing insieme a Square - di andare a creare dei veri e propri standard che sarebbero stati adottati nel genere jRPG di lì a poco. A partire dal sistema a classi, ad esempio, che andò a rivoluzionare quanto proposto dai precedenti due capitoli di Dragon Quest, che offrivano delle abilità prestabilite ai vari combattenti, ma anche dell'aggiunta - nella versione per SNES - del concetto di personalità, fino anche all'occasione di cambiare la propria classe arrivato al livello 20. Tutti aspetti che oggi ci sembrano scontati, ma che nel 1986 non lo erano per niente. Iniziare l'opera di rifacimento di Dragon Quest proprio dal terzo capitolo è, quindi, per Square-Enix un ottimo modo per permettere alla propria community di riscoprire un capolavoro del passato, mantenendosi comunque ben ancorati a quella che è la tradizione, inseguendo qualche tentativo di innovazione che non guasta mai. Abbiamo avuto modo di provare per un'ora circa il remake HD-2D e questo è quello che abbiamo potuto constatare.
La leggenda di Erdrick
Dal punto di vista della trama Dragon Quest III non ha intenzione di mutare in alcun modo l'avventura che avevamo vissuto a suo tempo - forse non tutti, ma non ce ne facciamo di certo una colpa. La struttura è pensata comunque per agevolare alcuni concetti che a oggi sarebbero risultati troppo anacronistici, come ad esempio la possibilità di salvare la propria partita in ogni chiesa a disposizione: prima, invece, il salvataggio era attivo solo durante l'interazione con alcuni nobili e non in tutte le strutture ecclesiastiche, che mantengono la loro funzione di resurrezione e cura dei vostri personaggi. Utili soprattutto perché nel caso in cui un guerriero dovesse cadere in battaglia sarete costretti a trasportare con voi la sua bara fino al primo edificio utile dove farlo tornare in vita. Sono questi ritocchi a migliorare l'offerta ludica, perché la base è rimasta originale e l'intenzione era solo quella di riuscire a svecchiare tutto ciò che poteva essere aggiornato: ad esempio è possibile modificare la velocità del combattimento, così da poter evitare di rimanere ancorati a degli standard molto vetusti, ai quali dovremo comunque sottostare in alcuni momenti di gioco, come il level up dei personaggi.
In aggiunta, abbiamo apprezzato molto l'inserimento di una guida sulla mappa, che ci permette di capire in che direzione dobbiamo andare per proseguire la nostra avventura, così da evitare di doverci impegnare a ricordare le indicazioni ricevute dagli NPC: i puristi potrebbero lamentarsene e in quel caso basterà loro disattivare tale guida, per un'esperienza fedele a quella vissuta nel 1986. Per tutti gli altri, basterà aprire la world map e comparirà una freccia che ci mostrerà qual è la direzione da intraprendere, utile soprattutto quando l'indicazione sarà quella di seguire i boschi che si trovano a sud-est dell'uscita ovest del villaggio, che forse a un pubblico più moderno potrebbe risultare farraginoso da approcciare come concetto. Non ci sembra comunque un aspetto negativo, tutt'altro, perché semplificare alcune procedure in un'esperienza che si rivolge soprattutto a un pubblico giovane non guasta.
Gli approcci al combattimento
Per quanto riguarda il combattimento, avendo accennato la possibilità di modificare la velocità, sottolineiamo che Square-Enix ha pensato di accontentare qualsiasi tipologia di giocatore: le modalità di fruizione del combat system vanno dai combattimenti automatici, in chiara derivazione dal mondo mobile, fino a quello più capillare legato alla gestione di tutti i personaggi del party, così da decidere di volta in volta tutte le azioni da portare a termine. Tra i due estremi, abbiamo apprezzato quello che ci ha dato la possibilità di mettere in atto delle strategie preimpostate, mentre noi eravamo preoccupati a gestire solo il nostro eroe: così facendo è stato possibile affidarsi alla IA del party, che ha sempre saputo dosare l'intervento adeguato al contesto, tra attacchi e difesa.
La difficoltà non era tarata verso l'alto e soprattutto in presenza di un Mago Nero nel party, abbiamo avuto vita facile in tutti i contesti, senza mai rischiare di avvicinarci alla morte, soprattutto grazie agli attacchi ad area molto efficaci. In tutto il sistema è da apprezzare il modo in cui è stata ridisegnata l'intera interfaccia di gioco, resa molto più snella e molto più moderna, nonostante - come accennato poc'anzi - la farraginosità di alcuni testi.
Il rifacimento tecnico
Square-Enix ha deciso di approcciare il remake di Dragon Quest III con la formula del HD-2D: tale scelta permette da un lato di mantenere alta la tradizione, con la fedeltà della persistenza bidimensionale degli sprite cari al titolo originale, mentre dall'altro lato giova della presenza tridimensionale degli ambienti, che concedono una miglioria tecnica e una profondità maggiore dell'intera proposta. Non solo, perché così facendo si ha la possibilità di approfittare di movimenti di camera, di illuminazione, di ombre e così via tanto all'aperto quanto negli ambienti chiusi. Questi, tra l'altro, dalla prova che abbiamo potuto fare, risultano molto più dettagliati, molto più capillari nella loro rappresentazione: abbiamo potuto esplorare solo due dungeon, ma entrambi ci hanno dato l'occasione di renderci conto di come anche l'approccio musicale sia stato pensato per essere più singolare e unico, sfruttando una potenza di hardware - e anche di realizzazione tramite engine - maggiore rispetto a quella dell'86.
Tra l'altro, confidiamo molto nella bontà della riproduzione delle città, perché Dragon Quest III all'epoca lavorò per far sì che vi fossero dei riferimenti reali tra le città create nel gioco e quelle realmente esplorabili nella vita reale: era un modo per dare l'illusione di un viaggio tangibile al giocatore, al quale viene concessa, adesso, anche una mappa navigabile. Il team ha creato dei contenuti nuovi, ha fatto in modo che i diversi luoghi acquisissero dei caratteri ben specifici, nonostante la trama sia rimasta totalmente la stessa. C'è da tener conto che in alcuni momenti dell'esplorazione, soprattutto nei dungeon un po' più angusti, abbiamo registrato dei cali di frame rate, ma stavamo giocando su Nintendo Switch in versione portatile: era scontato che il team lo facesse, ma ci è stato detto che nella sua modalità docked non avremo problemi di sorta su quest'aspetto. Confidiamo che anche sulle altre console questo aspetto non debba preoccuparci in alcun modo.
Dragon Quest III HD-2D arriverà il prossimo 14 novembre su Switch, PC, Xbox Series X/S e PlayStation 5, pronto a raccontare gli albori della saga di Erdrick e mostrarci in un modo tutto suo l'epopea da cui tutto partì. Inoltre, la bontà del progetto è evidente, perché oltre a poter offrire a un pubblico molto più adulto l'occasione di avere a disposizione il terzo capitolo di Dragon Quest su qualsiasi console - aspetto non da sottovalutare - si dà l'occasione ai più giovani anche di andare a scoprire una perla del passato, oramai troppo nascosta.