Dragon Quest 3 HD-2D Remake | Provato

Il ritorno di Dragon Quest 3 HD-2D Remake è un'occasione per riscoprire le origini artistiche e di design che hanno cambiato per sempre il genere JRPG.

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a cura di Ecletogiuseppe Mucciacciuoli

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Nella difficile e religiosa impresa di mettere insieme i pezzi primordiali che comporranno la recensione finale di Dragon Quest 3 HD-2D Remake, è opportuno fare delle premesse. Ho avuto l’opportunità di provare l’opera in anteprima e, nel comporre il puzzle di idee che confluiranno nella recensione finale, pensavo che in questo articolo avremmo dovuto porci un’importante quesito: ”Perché dovrei dare i miei risparmi all’ennesimo remake?”.

Raramente ho apprezzato lavori di remastered e remake, per la maggior parte si sono rivelati pigri e servono a veicolare introiti verso progetti più ambiziosi. Ci sono però rare eccezioni, come in questo caso, in cui vale la pena superare alcuni ostacoli estetici e ludici per comprendere quando si tratta di un rifacimento che sa di mera necromanzia, e quando siamo al cospetto di sana ristrutturazione artistica. Di seguito i vari punti che rendono, al momento dell’anteprima, Dragon Quest 3 HD-2D Remake un’opera interessante per tutti coloro che amano il genere JRPG e diramazioni.

Arte dosata con rispetto

La riformazione del comparto grafico di Dragon Quest 3 HD-2D Remake è l’elemento che per primo salta agli occhi, oltre che il più semplice da analizzare. L’armonia creata tra gli sprite originali 2D del titolo originale e le pregevoli ambientazioni stile 3D è oltremodo rievocativa. Bastano pochi minuti per apprezzare il gioco di luci ed ombre che si scaglia sulle ambientazioni ricche di dettagli.

Le aree, anche se interne o magari di poca importanza, risuonano dell’arte forgiata da Yuji Horii e modellata dalla filosofia di Akira Toriyama. L’uso del 3D fa emergere la radiosità degli spazi verdi, ma riesce anche a dare ampiezza e fascino a zone più celate e soffuse. L’impatto grafico è dunque piacevole e avvolgente, capace di trasportarvi in un mondo che prima era vincolato ai limiti dell’immaginazione pixel. Concetti forse ben noti a coloro che hanno divorato Octopath Traveler, anche se qui servono a dare ancora più lustro a luoghi artistici, aventi un eco ormai leggendario.

Come Dragon Quest ha cambiato i videogiochi

A molti potrà sembrare insolito che il team di sviluppo abbia iniziato subito con Dragon Quest 3 HD-2D Remake, quasi accantonando i primo due capitoli. La storia videoludica però ci racconta che questo titolo è in realtà il primo in ordine temporale della cosiddetta "Trilogia di Erdtrick". Si può dunque considerare l’origine narrativa dei Dragon Quest in un certo senso, ora per la scelta di eventi proposti, ora per l’importanza e l’influenza del gioco stesso.

Vale anche la pena ricordare che la saga, e in particolare questa trilogia (più il 5 probabilmente), hanno pesantemente influenzato a livello artistico e di game design diversi grandi pesi massimi dell’industria videoludica, tra cui cito Pokémon e Final Fantasy. Entrambi hanno raccolto spiritualmente alcuni dettami di Dragon Quest, per poi rimodellarli con la loro filosofia.

Adeguarsi a un mercato veloce e fugace

Giocare Dragon Quest 3 HD-2D Remake è quindi anche importante per comprendere le radici, le influenze e le variazioni stilistiche del genere JRPG dai suoi anni d’oro ad oggi. Per quanto provato sinora posso confermare che lo spirito del titolo è rimasto intatto durante il suo rifacimento e che le aggiunte riescono a modernizzarlo, oltre che renderlo più gradevole. L’ostacolo più grande che ha dovuto arginare Dragon Quest 3 HD-2D Remake è sicuramente la fluidità di gameplay.

Sebbene la variopinta e dirompente scelta artistica fatta abbiano reso il prodotto più luminoso e sinuoso, catturando lo sguardo del giocatore, altrettante forze sono servite per snellire i combattimenti. Il problema è che possiamo decantare per ore di quanto sia sacro il restauro di giochi di questo calibro e di quanto sia indispensabile renderli magnetici per lo sguardo, ma se poi ci sono elementi legnosi e arrugginiti che fanno annoiare subito i nuovi utenti?

Una piacevole riscoperta

Vecchi giocatori, novizi, occasionali: non conta nulla. L’opera deve essere appetibile per un pubblico nuovo e deve vendere alla nuova generazione. Confezionare Dragon Quest 3 HD-2D Remake in modo che si adegui a certi standard è complicato e rischioso, così occorre fare modifiche che non ne snaturino l’essenza e che siano rispettose del lavoro originale.

L’introduzione di animazioni più piacevoli, ma non invasive, è una scelta saggia, ad esempio. Gli scontri sono meno statici e possono essere velocizzati con scelte tattiche del giocatore o un sistema di scontri automatico. Gli stessi salvataggi sono leggermente più accessibili e sempre a disposizione. Insomma, pare sia stato più funzionale optare per un sistema in grado di velocizzarsi e adattarsi alle esigenze dell’utente, piuttosto che ripensare altre meccaniche.

In attesa della recensione

Ad oggi Dragon Quest 3 HD-2D Remake mi sembra un lavoro confezionato con rispetto e amore verso il passato, ma capace di svecchiarsi nei punti giusti. Tra dimostrazioni naturali rampanti e strutture colme di dettagli e segreti, il vostro sguardo sarà continuamente rapito in ogni area.

Il sistema di combattimento è stato reso più fluido, dinamico e controllabile, così da rendere più digeribili alcune scelte di design che oggi potrebbero sembrare, ad un occhio più giovane, vetuste e tediose, ma che in realtà hanno trainato l’amore per il genere JRPG per decenni. L’analisi completa vi aspetterà nella nostra recensione, ma per ora sembra che la (vera) gloria di Dragon Quest sia tornata più maestosa che mai. 

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