Diablo IV | Recensione - Un'opera enorme che cancella il suo predecessore
Abbiamo speso decine di ore su Diablo IV e siamo finalmente pronti per parlarvene in maniera approfondita e dedicata.
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a cura di Andrea Riviera
Managing Editor
Sono passati ben 11 anni dalla release di Diablo III, terzo capitolo della popolare saga Action-RPG accolta positivamente dalla critica ma tiepidamente dal pubblico. In tutto questo tempo Blizzard deve aver capito i proprio sbagli e facendo un bel mea culpa è ritornata sui propri passi, dapprima con Reaper of Souls e successivamente con Diablo IV, il nuovo capitolo del franchise pronto non solo a spazzare via i ricordi negativi del terzo episodio, ma di dare vita a una nuova epopea in grado di affiancare World of Warcraft nei Game as a Service dell'intera azienda.
Vista l'importanza e la grandezza di questa nuova iterazione abbiamo voluto prenderci del tempo per raccontare in maniera adeguata la produzione, analizzando la storia, il gameplay, ma soprattutto l'endgame, il punto focale dell'intera esperienza. Prima di raccontarvi più nel dettaglio tutto quanto, vogliamo essere chiari: questo è un gioco in costante evoluzione, quello che oggi funziona domani potrebbe subire dei cambiamenti e quello che invece andremo a criticare oggi potrebbe, al contrario, divenire un punto di forza in seguito a dei futuri aggiornamenti atti a migliorarne le criticità. Al netto di ciò, Diablo IV è un videogioco autentico: profondo e stratificato, con una qualità sui dettagli davvero elevata. Sedetevi e mettetevi comodi, il nostro viaggio negli Inferi sta per cominciare.
Beata Madre, salvaci
Diablo IV è ambientato diversi anni dopo il terzo episodio, ma sotto molti punti di vista agisce un po' come un retcon. Non cancella il predecessore, ma gli accenni sono minimi, ripescando solo e unicamente un paio di personaggi e collegandosi direttamente sia come atmosfera sia come lore a Diablo II. Scelta azzeccata, perché il fan service aiuta se non troppo abusato e in questo caso risulta ben amalgamato all'interno della storia, offrendo il giusto mix tra nostalgia e nuovo racconto.
Il nostro intento non è chiaramente quello di rovinarvi la vicenda né tantomeno di farvi un ripasso dell'intera lore del gioco, che è vastissima e importantissima. Vi basti sapere che Sanctuarium, il mondo di gioco di Diablo, è nato dalle mani di Lilith, la figlia dell'Odio e di Mefisto, nonché moglie dell'arcangelo Inarius. Come potreste immaginare, il loro matrimonio non è mai stato certamente rosa e fiori, anche a causa della loro diversità e Sanctuary ha sempre subito tutto questo, divenendo un campo di battaglia che ha visto contrapporsi angeli e demoni in un Eterno Conflitto.
Dopo anni di assenza, Lilith è però tornata in seguito a un'evocazione e, seppur le sue motivazioni siano sotto molti punti di vista favorevoli agli abitanti del mondo, i suoi modi di approccio risultano estremamente violenti e poco ortodossi. Vista la situazione, i pochi Horadrim rimasti (tra cui Lorath, visto e apprezzato proprio nel precedente gioco) si trovano costretti a chiedere il nostro aiuto. A differenza di Diablo III dove noi eravamo un Nefilim, in questo capitolo torniamo invece a essere un viandante qualunque.
La componente narrativa si sviluppa in maniera completamente diversa rispetto al passato e soprattutto lo fa in maniera non solo più matura, ma anche più approfondita e cinematografica. Se in passato vivevamo il tutto in quattro atti, questa volta dovremmo passare più di venti ore dietro alle missioni, suddivise in ben sei atti che alternano dialoghi, cutscene in-game di altissima qualità e un paio di filmati in CGI davvero da lasciare a bocca aperta. In tutto questo, il mood generale torna a essere dark, sanguinolento e spaventoso come nei primi videogiochi della serie, allontanandosi dai colori sgarcianti e dalla leggerezza vista (e criticata) in Diablo III. Un bel sollievo, che ridà linfa vitale all'atmosfera e alla scrittura della storia.
A galvanizzare la vicenda è soprattutto il mondo di gioco, con centinaia di missioni secondarie e possibilità di chiacchiere con i migliaia di abitanti della mappa. Insomma, se in passato la bellezza proveniva soprattutto da Diablo o comunque dai Maligni, in questo caso c'è proprio la volontà di raccontare una storia che si pone per essere solo un inizio di qualcosa di più grande e che va ben oltre Lilith e i suoi obbiettivi.
Diablo IV è semplicemente infinito
Raggiungere la Figlia dell'Odio non sarà, però, semplice. Diablo IV è il primo gioco della serie a permetterci l'esplorazione di una mappa open world, Estuar, una zona piuttosto grande situata a Est di Sanctuarium. Questa comprende ben cinque regioni, di cui quattro completamente inedite. Non fraintendete, pur essendo solo una "piccola parte" del mondo di Diablo, la zona è comunque vastissima ed esplorarla richiederà tempo. Ciò è un lato positivo, perché migliora nettamente la varietà di gioco e permette situazioni prima impossibile da realizzare, ma sotto un certo un punto di vista è anche un fattore negativo, perché la dispersività aumenta inevitabilmente rispetto ai precedenti capitoli.
Ma Blizzard voleva dare vita a un simil World of Warcraft ARPG e pensiamo ci sia riuscita in un modo o nell'altro. Un mondo così vasto permette la creazione di eventi casuali, missioni secondarie in quantità, dungeon e "collezionabili", oltre che città variegate e diversificazioni di ambientazioni. Incontrare i giocatori diventa quindi una normale routine e ci si sente sempre all'interno di un mondo condiviso, con i suoi PRO e i suoi CONTRO. Abbiamo citato gli eventi casuali, questi appaiono costantemente mentre esploriamo e permettono, una volta completati, di ottenere oggetti rari e soprattutto gli Oboli, una particolare moneta sfruttabile per scommettere e ottenere oggetti randomici da un mercante; una pratica già vista e amata molto su Diablo II. Le missioni secondarie, invece, sono forse il vero tallone d'achille: sono tantissime ma onestamente poco interessanti e utili. Queste non forniscono sufficiente esperienza o ricompense di livello, risultando un mero riempitivo all'interno di un prodotto già soverchiante di contenuti.
Il vero passo in avanti sono però i dungeon o meglio, le Spedizioni. Questi sono dei livelli abbastanza lunghi che richiedono il completamento di obbiettivi specifici. Sono solitamente più complessi perché presentano tanti nemici e spesso dei boss da affrontare. Il bello delle Spedizioni è che è possibile giocarli con i propri amici, condividendo esperienza e progressione. In pratica, fungono da raid che forniscono ricompense più alte del normale. Ovviamente, anche tutta la storia e l'open world è possibile giocarlo in cooperativa aprendo dei party, ma a differenza dal passato i progressi non sono condivisi. Una scelta che noi non abbiamo apprezzato, ritenendola una grossa mancanza, soprattutto se si pensa che un gioco come il primo Sacred riusciva senza problemi a garantire la possibilità di progressione in gruppo senza troppi problemi.
L'Endgame
È comunque corretto ammettere che come un qualsiasi Diablo che si rispetti la storia è solo una minima parte di tutto il comparto di gioco. Anzi, possiamo assolutamente confermare che la vera sfida inizia con l'endgame. Una volta terminata l'avventura avremo la possibilità, infatti, di poter seguire una serie attività. La prima riguarda il completamento di dieci favori posizionati in giro per la mappa, che una volta superati garantiscono un premio a nostra scelta dall'Albero dei Sussurri, una location fondamentale che imparerete a conoscere con la trama principale. Un altro, forse tra i più conosciuti pre-release, è l'opportunità di sconfiggere un Boss Mondiale, ovvero uno dei tre giganteschi mostri che appaiono di tanto in tanto per la mappa e che richiedono l'intervento di più di una decina di giocatori per essere sconfitti; questi boss sono in totale tre - almeno per ora - e hanno pattern d'attacco molto diversificati risultando però nel complesso abbatanza semplici da eliminare.
Infine, abbiamo la Marea Infernale. Questa appare di tanto in tanto nella mappa, rendendo una zona completamente avvolta da un colore rossastro. Eliminando i nemici all'interno si ottiene un materiale chiamato Brace Ardente che permette l'apertura di casse posizionate sempre all'interno della zona della Marea. I bauli sono di diverso tipo, alcuni richiedono poche Braci, altre anche 150, ovviamente più la richiesta è alta più il premio potrebbe essere interessante. Attenzione però, se si muore si perde la metà di queste Braci e considerando la forza dei nemici, occorre sempre stare ben attenti a ciò che si fa. Tra le attività è forse quella che ci ha convinto maggiormente, perché è dinamica e il fatto di perdere le risorse aumenta l'ansia da gioca e quindi la difficoltà.
Ci sono anche delle attività extra endgame che però risultano più funzionali una volta finito il gioco, queste sono le Legioni Radunate e le tanto agognate zone PVP/PVE. Le prime sono degli eventi casuali che richiedono a un tot giocatori di eliminare una serie di nemici, nulla di troppo originale, ma utili per trovare oggetti più sofisticati per il nostro equipaggiamento. Le seconde, invece, funzionano un po' come le zone nere di The Division; per chi non le conoscesse, in queste location è possibile eliminare dei normali mostri per ottenere dei Semi dell'Odio, questi possono essere poi sciolti attraverso un rituale a tempo per prelevare Polvere Rossa, utile per acquisire oggetti cosmetici e non da uno shop apposito. Qual è la particolarità? Che in queste zone possiamo essere attaccati anche da altri giocatori con Marchio Rosso, noi possiamo difenderci ed eventualmente decidere anche noi di marchiarci per attaccare gli altri giocatori. Se moriamo perdiamo i cristalli non estratti e gli altri giocatori potranno rubarceli. C'è anche un'altra particolarità: se riusciamo a eliminare diversi giocatori senza morire otteniamo uno status di "player odiato" garantendoci anche in quel caso delle ricompense, sempre se riusciamo a sopravvivere fino alla fine del tempo richiesto.
Le possibilità di personalizzazione
Ora che abbiamo esplorato le particolarità delle attività, entriamo un po' nell'ottica di gioco. Quanto è personalizzabile il gameplay? Tanto, mostrando anche una profondità che definire imponente sarebbe riduttivo. Innanzitutto l'equipaggiamento base è uguale per tutti e, a parte le armi che cambiano a seconda dei cinque personaggi che ricordiamo essere Barbaro, Druido, Incantatrice, Negromante e Tagliagole, il resto rimane invariato con cinta, armatura, elmo, amuleto, guanti e due anelli indossabili.
L'equipaggiamento ha diversi valori di rarità e può essere potenziato dal fabbro attraverso i materiali, ottenibili esplorando le terre selvagge o banalmente riciclando tutto ciò che troviamo. Gli upgrade sono però secondari rispetto al nuovo sistema di "crafting" che non è più casuale, ma si basa su un attento ragionamento dei poteri Codex. Questi sono abilità speciali sbloccabili sia completando le spedizioni sia soprattutto estraendo un determinato potere da un'arma leggendaria o unica. Questo significa che potremmo dare vita al nostro equipaggiamento dei sogni, analizzando nel dettaglio le varie caratteristiche offerte dal Codex e dalle abilità.
Gli oggetti possono essere poi anche "incavati" per incastonare gemme (e quasi sicuramente altro in futuro, come le rune) e ottenere ulteriori performance. Insomma, abbiamo dinanzi a noi mille possibilità anche solo con il vestiario, ma è solo una piccola parte di ciò che possiamo effettivamente personalizzare. Infatti, la componente principale riguarda la costruzione delle build, selezionando adeguatamente le abilità e creando il miglior personaggio possibile a seconda delle nostre preferenze. Non vogliamo negarlo, come qualsiasi Diablo ci sono e ci saranno costruzioni legate al meta del gioco e quindi che verranno bene o male usate da tutti, ma a differenza dal passato, le possibilità d'approccio sono notevolmente più varie.
Dal livello 50 al livello 100, invece, ci sarà la possibilità di inserire i punti eccellenza, ben diversi da quelli delle abilità e che si concentrano sul miglioramento delle statistiche principali (forza, intelligenza, destrezza, volontà), che possono essere ulteriormente potenziate attraverso le Statue di Lilith sparse in giro per la mappa, e di alcune specifiche caratteristiche, come l'aumento dei danni o le possibilità di critico. Questo sistema è tabellare e funziona a blocchi, di conseguenza possiamo decidere dove partire per inserire i punti ed eventualmente sbloccare altre tavole. La vera novità però è la possibilità di inserire dei Glifi, che possono essere trovati esplorando e garantiscono determinati vantaggi a discapito di requisiti precisi; questi sono di diversa rarità e possono essere incastonati all'interno delle tabelle eccellenza. Se pensate che sia finita qui vi sbagliate di grosso, perché i Glifi possono essere a loro volta potenziati attraverso le Spedizioni Incubo, giocabili solo sbloccando i sigilli, degli oggetti consumabili ottenibili, anche in questo caso, eliminando mostri in giro per la mappa.
Chiaro che con tutte queste opportunità di gioco difficilmente vedremo personaggi simili, anzi è molto più probabile che avremo un grosso numero di eroi diversi. Se prima avevamo un determinato equipaggiamento unico da indossare, ora tutto dipende dalla nostra intelligenza nel saper costruire gli oggetti nel modo corretto, così da poter sfruttare al 100% le nostre potenzialità. Un esempio è l'incantatrice, nel nostro caso ci siamo concentrati nello sfruttare abilità di ghiaccio che una volta congelato il nemico causano più danni nel tempo. Ora, seguendo questo ragionamento il modo migliore sarebbe quello di aumentare la velocità di congelamento e i danni provocati dal congelamento, ma eventualmente si può optare per creare un mix fuoco-fulmine o totalmente fuoco. La scelta spetta solo a noi.
In generale lo scopo principale è arrivare al livello 100 e sconfiggre Uber Lilith, non proprio facile, ma nemmeno impossibile continuando a giocare e salendo di livello. In realtà Diablo IV in sé non offre una difficoltà elevata, anzi, ci si cura anche facilmente grazie alle pozioni, gli Elisir e gli Incensi, potenziabili e creabili dall'Alchimista. Per il resto rimane una produzione pensata per il grinding e il farming, quindi con una ripetitività che si mostra come parte integrante dell'intera esperienza. Questo potrebbe essere frustrante per chi cerca dei giochi più delineati, ma nei confronti di Diablo non può essere visto come un difetto, o meglio potrebbe esserlo visto nel momento in cui la ripetizione delle azioni diventa noiosa, ma non è questo il caso. Tutto ciò che si fa è qualitativamente di altissimo livello e anche dopo 100 ore non ci siamo ancora stancati, segno che Blizzard ha pienamente fatto centro sotto questo punto di vista.
Incubo e Tormento sono le difficoltà Endgame, pensate per garantire non solo equipaggiamenti diversi, ma anche nemici ulteriormente più ostici da sconfiggere, al netto però di un quantitativò di esperienza ottenuto superiore. Il passaggio tra una difficoltà e l'altra è però curiosa, perché occorre superare un dungeon per garantire l'accesso alla difficoltà successiva.
Chiaro che sarà importante continuare a immettere contenuti all'interno del gioco attraverso le stagioni, ma anche con espansioni specifiche. Ci aspettiamo il ritorno dei set, delle rune e un ingradimento della mappa, magari integrando Lut Golhein, Nuova Tristram e tutte le altre regioni. Sicuramente questo accadrà e non vediamo l'ora di verificare il percorso del team di sviluppo nel corso dei prossimi mesi e anni.
Piccola nota sulla monetizzazione, quanto è davvero fastidiosa? Non più di tanto, in realtà, anche considerando che è tutto basato sugli oggetti cosmetici. L'impatto visivo del gioco esalta non poco gli equipaggiamenti e il personaggio ha un editor di creazione basilare ma quantomento presente, permettendo modifiche al volto del nostro alter-ego, oltre che cambiare le colorazioni del vestiario attraverso il guardaroba.
Spiegato tutto ciò è tempo quindi di tirare le somme di tutti i contenuti. Blizzard ha svolto un lavoro eccezionale per presentare una base d'approcio completa e divertente, riuscendoci pienamente. Anche il bilanciamento dei vari personaggi, seppur ancora migliorabile, parte già in maniera diversa rispetto ai precedenti episodi, segno che l'azienda ha riflettutto molto sull'equilibrio di gioco. Non possiamo quindi lamentarci più di tanto su ciò che è stato realizzato: il gioco propone un livello di personalizzazione stratificato e le attività sono già da ora in quantità siderale.
Un miracolo tecnico... o quasi
Analizzato tutte enormi possibilità offerte dal gioco, occore però fare anche una piccola analisi sulla componente puramente tecnologica della produzione. Blizzard non si è solo impegnata dal punto di vista stilistico, riportando il brand a una visione più realistica, ma ha svolto infatti un upgrade tecnico davvero importante. Il gioco ha un'ottimizzazione davvero notevole, garantendo i 60 fps per qualunque tipo di macchina, soprattutto per quelle molto antiquate con schede grafiche di diverse generazioni fa. Un lavoro notevole, impreziosito ulteriormente da un lavoro su console davvero esaltante e non così scontato come potrebbe sembrare. Se si considera che l'impatto visivo offre scorci di rara bellezza con una varietà di ambientazioni che va dalle montagne innevate, alle paludi e foreste fino ai roventi deserti, risulta ancora più impressionante tutto ciò che è stato realizzato.
Vero, a risoluzioni più alte su PC c'è una sofferente richiesta di VRAM che può causare dei cali di framerate, ma è un problema che non danneggia troppo l'esperienza e che soprattutto potrebbe essere presto risolto con delle patch dedicate. Giocando in Quad HD con una 3070 Ti abbiamo riscontrato solo un crash in tutte le 102 ore di gioco.
Per il resto tra i meravigliosi particellari degli incantesimi, effetti su schermo a quantità, centinaia di nemici in battaglie forsennate e cutscene in-game quasi da esperienza cinematografica in terza persona, il lavoro sul piano tecnico/visivo è praticamente incriticabile, soprattutto se si prende in considerazione anche tutto il level design dell'open world e l'art style di dungeon, città e zone aperte.
Ad accompagnarci in questo viaggio oscuro ma allo stesso tempo meraviglioso ci pensano le musiche, finalmente percettibili, che mischiano elementi dei primi capitoli con qualche accenno del predecessore. La volontà era creare qualcosa che potesse essere orecchiabile e duraturo nel tempo, un po' come l'Harrogath theme di Diablo II Lord of Destruction. Il risultato è più che soddisfacente, con un paio di tracce sonore davvero di gran livello. A contorno, un doppiaggio italiano assolutamente promosso che come da tradizione Blizzard si rivela essere sempre perfettamente cucito intorno ai personaggi.
Voto Recensione di Diablo IV - PC
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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Semplicemente enorme e soverchiante
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End game profondo e stratificato
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Tecnicamente e graficamente all'avanguardia
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Gameplay funzionale e ben pensato
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Gran regia e storia di ottimo livello
Contro
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Non adatto per chi non ama i giochi "ripetitivi"
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Mancanza di una progressione condivisa in co-op
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Le microtransazioni e il battle pass snaturano un po' il franchise
Commento
Diablo IV è il seguito che la community desiderata e che Blizzard ha saputo sapientemente realizzare. Al netto di alcune criticità poco rilevanti, il quarto capitolo del celebre franchise riconquista con successo la corona di massimo esponente del genere Action-RPG Hack'n' slash e lo fa con una qualità e quantità di contenuti semplicemente soverchiante. Il team di sviluppo ha saputo prendere tutto ciò che è stato realizzato di buono nei precedenti tre capitoli per dar vita a un'esperienza matura, cruenta, profonda; contornata da una storia affascinante ben diretta e un gameplay sapientemente costruito intorno ai tecnicismi che hanno reso celebre il secondo episodio. L'avventura è appena cominciata, ma già da ora si intravede un viaggio lunghissimo, che ci porterà a viaggiare tra nuovi mondi e combattere antichi nemici. Gli Inferi sono ormai giunti, tocca a noi combatterli. Ancora una volta.
Informazioni sul prodotto
Diablo IV - PC