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RECENSIONE

Dead Rising Deluxe Remaster è un meraviglioso tuffo nel passato | Recensione

Frank West è tornato, ma questa volta con la sua prima, iconica, avventura, la quale è stata capace, nuovamente, di tenerci incollati allo scherrmo.

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a cura di Andrea Maiellano

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Ci è bastato rigiocare il primo Dead Rising, a distanza di quasi 20 anni dal suo esordio, per capire come mai sia diventato il sesto franchise più redditizio, e importante, di Capcom.

Una serie che, purtroppo, nel corso degli anni è finita vittima di "un'occidentalizzazione selvaggia", fino al punto da non avere più frecce nella propria faretra per convincere i giocatori a supportarla, ma che nella sua prima iterazione, datata 2006, mostra ancora un modo diverso di realizzare videogiochi, dove la cura per il game design e la voglia di proporre qualcosa di realmente nuovo, erano ancora dei dogmi da seguire meticolosamente per alcune software house.

Per chi non lo sapesse, Dead Rising nasce quasi per caso. Capcom voleva fare breccia nei giocatori americani e stava cercando, quasi ossessivamente, un modo per farlo. In quel periodo il team di Keiji Inafune (si... proprio lui) stava lavorando alla pre-produzione del seguito di Shadow Of Rome (se non ve lo ricordate, tranquilli... siamo noi quelli vecchi).

Fatto sta che, non si sa come visto che lo stesso Keiji ha dribblato la risposta in numerose interviste, il progetto prese una direzione totalmente inaspettata e nacque l'idea di creare un ibrido fra open-world, survival horror e action, basato su di un centro commerciale invaso dagli zombie. 

Il titolo, però, non doveva essere come le altre produzioni Capcom. Non doveva avere un protagonista perfetto come quello delle saghe più celebri della software house, doveva garantire al giocatore la possibilità di sfruttare l'intero centro commerciale come arma da difesa, doveva garantire totale libertà d'azione e la sua storia doveva contenere una critica sociale verso il consumismo e la frustrazione del genere umano.... il titolo perfetto per far breccia in America.

Le limitazioni tecniche delle console dell'epoca, unite al fatto che la PlayStation 3 non era ancora all'orizzonte, fecero si che Dead Rising divenne un'esclusiva temporale per Xbox 360, centrando perfettamente l'obiettivo di fare breccia nei giocatori degli Stati Uniti, vendendo talmente tante copie da entrare di diritto nella linea Greatest Hits di Xbox 360, oltre a convincere Capcom a puntare sulla sua nuova IP.

Frank... uno di noi

I sequel, però, non ottennero lo stesso successo. La maggior parte delle critiche riservate ai seguiti di Dead Rising accusavano gli sviluppatori di non aver riposto la stessa cura dei dettagli presente nel primo capitolo, oltre che dell'aver, episodio dopo episodio, accantonato quel delicato bilanciamento della difficoltà in virtù del trasformare la serie in un playground dove spendere decine di ore a massacrare, a cervello spento, centinaia di zombi nei modi più creativi.

Gli ultimi capitoli di Dead Rising vennero paragonati, molto ironicamente, a dei Just Cause con gli zombi.

Oltre a quei due aspetti le animazioni degli smembramenti diventarono sempre meno e sempre più scriptate, la fisica venne ridotta sensibilmente, i corpi degli zombi sparivano molto più rapidamente dagli ambienti di gioco e, ovviamente, le storie diventarono sempre meno curate, i personaggi caratterizzati in maniera eccessivamente esasperata e della trama originale, rimasero solo pochi elementi atti a tenere assieme l'intero franchise.

Anche la scelta di cambiare protagonista in ogni capitolo pagò poco. Di Resident Evil ce n'è uno, ma Capcom sembrò dimenticarsene e quando Chuck Green e Nick Ramos (protagonisti del secondo e terzo capitolo di Dead Rising) non riuscirono a fare breccia nel pubblico, Capcom rispolverò prontamente Frank West, il tanto amato protagonista di Dead Rising.

Il successo di Frank West non è casuale. In un periodo in cui i giochi realizzati in Giappone presentavano protagonisti al limite della perfezione fisica, atletica e caratteriale, proporre un personaggio come Frank, che altro non è che un reporter fuori forma che vive la sua vita alla ricerca dello scoop con cui svoltare, fu perfetto, specialmente per il mercato statunitense nel quale Capcom voleva fare breccia con Dead Rising.

Frank fotografa corpi morti senza farsi problemi, Frank beve, Frank guarda i fondoschiena che gli si parano davanti con estrema naturalezza e, soprattutto, non fa niente in cambio di niente, almeno fino a che non subentra quel minimo di morale che ancora risiede in lui.

Un modo diverso di fare videogiochi

Ma cosa rese così speciale il primo Dead Rising? Il fatto che era una perfetta mescola di ironia, critica sociale, horror di serie b, sfida appagante e, soprattutto, totale libertà di scelta.

Per chi non ne fosse a conoscenza, la modalità “72 ore” (che altro non è che la campagna principale del gioco) richiede al giocatore di sfruttare tre giorni "in game” (che corrispondono a 6 ore nella vita reale) in cui il giocatore avrà, letteralmente, carta bianca su come far passare il tempo a Frank West. 

Si può decidere di abbracciare la storia principale (seguendo una serie di casi che andranno ad allungare notevolmente il monte ore del giocatore), sfruttare il tempo a disposizione per dedicarsi al salvataggio di tutti i superstiti, dare la caccia ai vari psicopatici (che altro non sono che i boss del gioco, i quali fra l'altro sono quasi tutti opzionali) o, molto banalmente, esplorare il centro commerciale mescolando tutte queste cose assieme. 

Tutto questo, ovviamente, nello splendido scenario del centro commerciale di Willamette, offrendo al giocatore la totale libertà di esplorare ogni negozio, raccogliere ogni oggetto per usarlo come arma, rubare vestiti per cambiare il proprio outfit e, ovviamente, smembrare quanti più zombi possibile.

Come dite? Come ha fatto una formula del genere a funzionare?! Bè ovviamente perché Capcom ha curato meticolosamente il game desing, realizzando delle meccaniche di gioco diverse dagli standard dell'epoca e creando una serie di personaggi caratterizzati in maniera davvero convincente.

Salvare i superstiti sparsi per Willamette non era una passeggiata, il tempo a disposizione per farlo variava da persona a persona, in molteplici casi serviva sconfiggere uno psicopatico e non tutti i superstiti erano indicati sulla mappa, obbligando il giocatore a esplorare in lungo e in largo il gioco cercando di capire a che ora, e in che giorno, si sarebbero palesati.

Alla stessa maniera gli zombi potevano essere sconfitti facilmente, ma le armi improvvisate avevano una durata di vita ridotta, motivo per il quale andavano cambiate frequentemente. L'inventario era ridotto, imponendo al giocatore di fare delle scelte su cosa portare con se o, nel migliore dei casi, far salire di livello Frank per aumentare lo spazio nelle sue tasche. 

La crescita del personaggio diventava quindi un aspetto fondamentale del gioco (in maniera tale da garantire a Frank l'apprendimento di nuove mosse corpo a corpo e di migliorare le sue statistiche generali), la quale, però, richiedeva al giocatore di sfruttare al meglio il suo tempo, imponendogli di fare delle scelte ben precise sul come proseguire, chi salvare e quanto addentrarsi nella storia principale del gioco.

Ovviamente questo limite temporale non piacque a molti giocatori, i quali lo trovarono limitante, motivo per il quale nei capitoli successivi questo “tempo misurato” si trasformò sempre più in un mero pretesto narrativo, andando per certi versi a snaturare l’essenza stessa della serie.

Dead Rising, difatti, non pone limiti al giocatore, come in molti erroneamente hanno pensato, ma gli impone di compiere delle scelte ben precise, le quali non solo garantiscono un’estrema rigiocabilità al titolo ma, soprattutto, riescono sempre a offrire un'esperienza diversa a quest'ultimo.

Dead Rising, oggi come allora, è un titolo estremamente longevo in virtù dell'elevatissima rigiocabilità garantita dal suo impianto ludico. Ci sono ben sette finali, tutti diversi e pensati per offrire sempre un epilogo a ogni viaggio che il giocatore deciderà di intraprendere nei corridoi colorati del centro commerciale di Willamette.

Se questo non bastasse, una serie di modalità aggiuntive si prodigano nell'aggiungere ancora più spessore all'esperienza. La Modalità Extra (divenuta in seguito un punto fermo della serie) richiede al giocatore di fare determinate cose per venire sbloccata e offre una manciata di ore aggiuntive dove le regole di base vengono stravolte. Superarla, inoltre, permetterà ai giocatori di vedere il vero finale della storia.

La Modalità Infinita, invece, offre totale carta bianca al giocatore, dandogli solo un obiettivo: sopravvivere per il maggior numero di tempo possibile. In questa peculiare modalità, Frank accuserà la fame, i superstiti saranno ostili e sarà necessario muoversi costantemente per procacciarsi armi, cibo e risorse che permettano di sopravvivere. 

Il leit motif di questa modalità? Una meccanica di gioco tanto brillante, quanto sadica, che non vi anticiperemo per non rovinarvi la sorpresa, ma che siamo sicuri farà piangere, nuovamente, i cacciatori di trofei e obiettivi.

Dov'è l'edizione fisica?

Dead Rising Deluxe Remaster, uscirà inizialmente nella sola verisone digitale, sia per console che per PC. La versione fisica del gioco, di cui non sappiamo ancora se proporrà sia i bonus di preordine che tutti i contenuti presenti nella deluxe edition, arriverà solamente il prossimo 8 novembre.

Non è un remake… non è una remastered.

Mai come in questo caso, l’aver coniato un nuovo termine (seppur ironico e in linea con il passato scanzonato della serie) si è rivelata una scelta azzeccata. Dead Rising Deluxe Remastered, difatti, non ha niente da spartire con le operazioni “remastered” che tanto andavano per la maggiore nelle scorse generazioni di console, ma allo stesso tempo non è nemmeno un remake nell'aspetto più puro del termine.

Capcom, difatti, ha compiuto un’operazione molto simile alla Crash Bandicoot N. Sane Trilogy, ovvero ha preso lo scheletro originale del 2006, lo ha ricostruito con il suo celebre RE Engine, per renderlo graficamente il più possibile al passo con le produzioni odierne, e poi ha iniziato a lavorare di fino per limare la maggior parte delle farraginosità del passato, oltre a modificare un paio di contenuti per migliorare la quality of life.

Il risultato è indubbiamente sorprendente, seppur non privo di sbavature. I nuovi modelli realizzati per personaggi e ambientazioni sono ricolmi di dettagli e riescono a non sfigurare se confrontati con le più recedenti produzioni di Capcom.

Lo stesso, purtroppo, non si può dire per le animazioni facciali dei vari superstiti, i quali pur avendo un ventaglio di animazioni nuove di zecca, tradiscono i quasi vent’anni della celebre produzione di Capcom.

Lo stesso vale per le compenetrazioni presenti nell’originale, e percepibili in maniera identica anche in questa Deluxe Remaster, e per le molteplici animazioni lasciate inalterate rispetto al 2006 e che oggi risultano evidentemente grossolane. 

Al netto di queste sbavature grafiche, comunque giustificabili se si considera che si tratta di un'operazione venduta a prezzo budget, quello che ci ha convinto di meno è stata un'intelligenza artificiale degli avversari, praticamente inalterata.

Capcom ha lavorato di fino per migliorare la IA dei superstiti, rendendoli meno tonti che nel gioco originale, ma pare si sia dimenticata di fare lo stesso con gli psicopatici e, in linea generale, con tutti gli avversari umani.

Questo, purtroppo, è forse il difetto più grande di questa operazione, visto che l'IA originale era calibrata per risultare un ostacolo quando incastrata in tutta una serie di dinamiche che in questa Deluxe Remaster sono state profondamente cambiate.

Due paroline sull'esperienza di gioco

Dead Rising Deluxe Remaster tradisce sotto molteplici aspetti i suoi 18 anni di vita. Per quanto Capcom, o meglio Neobards (che si occupa di rispolverare le vecchie glorie della software house), abbia lavorato di fino sul comparto grafico, molteplici situazioni del gioco originale permangono anche in questa esperienza. Vi abbiamo parlato di animazioni goffe, e momenti in cui il titolo sembra realizzato in maniera sommaria, ma più nello specifico ci riferiamo a tutte quelle soluzioni che andavano bene 18 anni fa in un titolo open world con questa ambizione, ma che stridono con l'ottimo lavoro di restyle grafico svolto dalla software house. Un esempio fra tutti? Sono rimasti i tempi di caricamento ,per quanto brevissimi, nel passaggio fra un'area e l'altra del centro commerciale, o quando si avviano le cinematiche. In molti casi si percepiscono delle sbavature nei movimenti dei personaggi secondari, gli zombi, per quanto siano davvero tanti a schermo, tradiranno una costante ripetizione dei modelli (e a poco serve averli vestiti diversamente), insomma per quanto risulti ancora oggi fresco, divertente e godibilissimo, Dead Rising Deluxe Remaster è una produzione del 2006 che per quanto sia stata rimessa a nuovo, mostra chiaramente uno scheletro che, a oggi, ha quaasi due decadi sulla schiena... tenetelo a mente prima di approcciarlo.

Ma alla fine... cosa cambia?

Volendo rispondere molto rapidamente alla domanda: cosa cambia in Dead Rising Deluxe Remaster rispetto all'originale? Potremmo dirvi: tutto e niente. La storia è la stessa, la progressione degli eventi e identica, la posizione dei superstiti non cambia, gli psicopatici hanno gli stessi pattern d'attacco e così via... eppure questa nuova versione presenta così tanti cambiamenti da rendere l'esperienza finale notevolmente diversa rispetto al gioco del 2006.

Andiamo con ordine, partendo dai cambiamenti più importanti. L'IA dei superstiti è stata pesantemente rivista e ora, oltre a seguire con maggiore dedizione Frank, si premuniranno di difendersi (se gli darete un'arma), di rispondere correttamente alle vostre indicazioni e di risultare maggiormente proattivi e, soprattutto, più inclini al voler sopravvivere.

Lo stesso si applica per i personaggi non giocanti che accompagneranno di tanto in tanto Frank, i quali si comporteranno in maniera molto più naturale e risulteranno molto più aggressivi quando ci sarà il bisogno di fare fronte comune contro una minaccia.

Un paio di missioni, che originariamente presentavano una difficoltà totalmente sbilanciata, ora sono state riviste nella loro struttura, modificando aspetti quali: il tempo a disposizione, la gestione delle varie fasi e migliorando il flow degli eventi. Inoltre, in questa Deluxe Remaster, il gioco salva in automatico, rimuovendo uno degli elementi più ostici del gioco originale (che richiedeva di recarsi nei WC del centro commerciale per salvare manualmente i progressi di gioco).

Frank ora può sparare mentre mira e i suoi controlli sono stati rivisti per prenderlo più reattivo. Rimane un personaggio inizialmente lento e debole, ma questa rinnovata risposta ai comandi, rende il tutto più godibile, andando a eliminare quella percezione di "difficoltà artificiale" che si poteva percepire nel 2006.

L'inventario è stato rivisto integralmente, così come la mappa (che però rimane ancora eccessivamente approssimativa in molteplici contesti), il guadagno di esperienza è stato bilanciato per garantire la giusta progressione al giocatore, le combo di attacchi melee sono state migliorate e rese meno complesse da eseguire.

Anche la gestione dei vari outfit di Frank è stata modificata sensibilmente, andando a permettere al giocatore di collezionare i vari vestiti trovati a Willamette, catalogari e indossarli liberamente recandosi in uno degli armadietti presenti nelc entro commerciale.

Ah... e ora l'intera produzione è completamente doppiata in Italiano, mica male per un prodotto venduto a prezzo budget.

Tutti questi aspetti, oltre a migliorare a tutto tondo l'esperienza, finiscono però con il cozzare contro il difetto di cui vi accennavamo prima, ovvero la scarsa intelligenza artificiale dei nemici. Abbiamo rigiocato recentemente il primo Dead Rising, nella sua versione per PS4, e siamo certi che, oltre a mostrare evidenti arretratezze sotto al profilo tecnico, si tratti di un'esperienza capace di mettere alla prova il giocatore. Non nel senso stretto di "gioco difficile" quanto più per quanto riguarda la gestione del binomio tempistiche ristrette/incarichi da portare a termine.

Alcuni boss come l'iconico Adam, pur risultando semplici da sconfiggere, richiesero tempo nella versione originale, mentre nella Deluxe Remastered, anche in virtù di una maggior agilità di Frank, ci è sembrato tutto molto più semplice.

Alla stessa maniera, siamo arrivati al termine della Modalità Extra in una ventina di ore, senza mai sentire realmente la pressione del tempo limitato. Abbiamo salvato circa trenta superstiti e saremo morti un paio di volte. Laddove come tempistiche siamo in linea con la versione originale del gioco, ci ha stupito ottenere un risultato così tanto diverso in positivo.

Dopo qualche esperimento più approfondito, abbiamo potuto constatare che le varie migliorie, unite proprio all'assenza di un ribilanciamento della sfida offerta dai boss, e dai nemici umani, ha reso il titolo più semplice che in passato. L'esperienza ne ha indubbiamente guadagnato in fluidità, divertimento e resa generale, ma si tratta comunque di un aspetto che potrebbe non piacere ai puristi del primo capitolo.

Due paroline sulla versione PC

Abbiamo giocato Dead Rising Deluxe Remaster su un laptop dotato di 4070, 32 GB di RAM e processore AMD Ryzen 9 8945HS. A una risoluzione di 1440p abbiamo potuto godere del titolo con settaggi grafici impostati al massimo, ray tracing disattivato e 60 fps stabili (con il contatore che ci ha mostrato dei leggeri cali a 55 quando c'erano troppi zombi a schermo). Il RE Engine si è rivelato, nuovamente, un motore molto malleabile e, difatti, la pletora di opzioni grafiche a disposizione ci ha permesso di giocarlo anche su Steam Deck (dove abbiamo raggiunto i 35 FPS stabili) e su Legion Go (dove con frame generation attivata e dettagli medi abbiamo raggiunto dei ballerini 60 FPS). Abbiamo comunque potuto costatare qualche incertezza nelle cinematiche, le quali oltre ad abbattere il frame rate, mostravano degli stutter durante i cambi di inquadratura.

Censure che non piaceranno

Prima di chiudere quest'analisi ci sembra necessario andare ad analizzare un paio di modifiche che Capcom ha apportato per allineare la produzione alla situazione culturale odierna. 

Cercheremo di non fare alcuno spoiler sui contenuti nel dettaglio, limitandoci a spiegarvi molto rapidamente di cosa si tratta. Nel Dead Rising originale, così come nella Deluxe Remaster, si ottengono punti esperienza scattando delle foto tematiche. Le categorie sono molteplici: orrore, drammatico, comico e così via, ma una è stata rimossa nella versione del 2024, ovvero gli scatti a tema erotico

Sia chiaro, Dead Rising non ha scene piccanti al suo interno (al netto di un paio di allusioni poco velate quando ci si raffronta con determinati psicopatici) e infatti la tematica erotica era limitata la fare foto a scollature, fondoschiena e ad alcune pose  che venivano fatte da un paio di superstiti in particolare. 

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Rimuovendo questa categoria, e di fatto non incentivando più il giocatore a scattare foto a situazioni fraintendibili, Capcom ha dovuto riadattare un paio di missioni, facendo virare le tematiche in maniera diversa. 

Allo stesso tempo, un personaggio in particolare, ha ricevuto un restyle grafico atto a coprirne maggiormente il corpo, oltre che alcune modifiche nelle linee di dialogo che scambia con Frank atte a rendere queste ultime meno esplicite.

Uno psicopatico, infine, ha cambiato completamente nazionalità, onde evitare possibili accuse di razzismo, o di sfruttare facili stereotipi nei confronti di una data cultura. 

Laddove tute queste modifiche sono state apportate con la dovuta cura, per non stravolgere le missioni secondarie a esse collegate, ci ha fatto sorridere che Capcom sembra aver modificato solo gli aspetti che avevano generato più clamore all'interno della community, visto che moltissime delle situazioni borderline, presenti nell'originale sono ancora presenti in questa Deluxe Remaster.

Voto Recensione di Dead Rising Deluxe Remaster


8

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • Dead Rising nella sua forma migliore

  • Il gameplay risulta fresco ancora oggi

  • Longevo e ricco di contenuti

  • Le migliorie sono state apportate con estrema cura

Contro

  • Alcune animazioni tradiscono i quasi vent'anni trascorsi

  • L'IA dei nemici è davvero scarsa

  • Il livello di sfida è tarato verso il basso rispetto all'originale

Commento

Dead Rising è tornato e Capcom lo ha fatto risorgere con una produzione davvero intelligente, ben confezionata e venduta a prezzo budget. Laddove un remake completo non avrebbe garantito di preservare l'essenza originale del gioco, questa Deluxe Remaster si pone come un'ottima alternativa per conseguire due obiettivi: celebrare uno dei giochi più importanti della storia recente della software house e provare a far ripartire la serie dal suo capitolo migliore. Non ci stupirebbe, difatti, scoprire che Capcom abbia nel cassetto un nuovo corso per la serie, la quale magari punti proprio sul suo personaggio di punta per riscrivere quella storia che, dopo tanti capitoli pigri, potrebbe finalmente mostrare tutto il suo potenziale. Nel frattempo, però, Dead Rising è tornato, diciotto anni più tardi, in una versione che ne enfatizza i molteplici pregi e che, pur non risultando perfetta sotto numerosi aspetti, è pronto a mostrare alle nuove generazioni un modo diverso di realizzare videogiochi.
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