Per anni c'è stato il timore che Dead or Alive non sarebbe mai andato oltre il quinto capitolo: Koei Tecmo lo ha continuamente alimentato con una serie di outfit aggiuntivi toccando anche i confini più estremi del fanservice. E poi abbiamo ottenuto Last Round, che ha espanso il gioco con due personaggi aggiuntivi, nuovi stage e ancora più outfit per i quali la castità era solo un concetto astratto - la collana di fiori hawaiana che (non) copre le grazie di Hitomi è uno dei tanti esempi. Dead or Alive del resto è così, si ama anche per questo nonostante più volte il fanservice si sia intromesso in momenti che avrebbero giovato della sua assenza.
Sebbene il quinto capitolo abbia senza dubbio reso giustizia alla serie affinando un sistema di combattimento già da sé molto distinto dalle altre offerte sul mercato, assieme a una nutrita schiera di lottatori e la consueta sensualità delle protagoniste, erano in molti a domandarsi se la serie si sarebbe mai evoluta verso un sesto capitolo. A questo dubbio ha risposto il 2018 con l'annuncio di Dead or Alive 6, compiendo un percorso simile a quello di SoulCalibur VI che dopo sei anni ha dato nuovo lustro alla serie (i due giochi condividono l'anno di pubblicazione dei rispettivi ultimi titoli su PlayStation 3, ovvero il 2012).
Inoltre, gli sviluppatori di Team Ninja hanno finalmente deciso di allontanarsi dal cosiddetto "fattore cheesecake" per concentrarsi piuttosto sul combattimento. Non che il gioco non abbia la sua giusta dose di stupidità e sensualità, ma sembra che Yohei Shimbori e il suo team abbiano voluto focalizzarsi sulla natura tecnica anziché su quella puramente estetica. Non mancano le taglie "oversize" e una fisica che sfida ogni tipo di legge, assieme a qualche costume particolarmente succinto, ma è evidente la leggera marcia indietro per favorire l'aspetto pratico di Dead or Alive 6 - magari con l'intenzione di puntare agli eSport in futuro, i requisiti di sicuro non mancano. Terremo però l'analisi del lato tecnico per ultima, iniziamo da quello contenutistico.
La storia di Dead or Alive 6 segue una struttura ramificata un po' confusionaria ma in grado di occupare i giocatori per un tempo che rientra nella media dei picchiaduro. Già nel quinto capitolo la scelta di dividere la narrazione su più percorsi che avrebbero integrato quello principale - che a differenza degli altri si sblocca progressivamente completando le missioni precedenti - non era stata ottimale proprio in virtù della sua dispersività: il fatto che i racconti degli altri personaggi si sblocchino secondo una logica piuttosto casuale non concorre a fare chiarezza in quelli che potremmo ritenere "buchi consapevoli" di trama. Tenere traccia di avvenimenti che già di per loro paiono senza senso, fra il torneo DOA da una parte e le macchinazioni di M.I.S.T. dall'altra, diventa ancora più complicato quando i pezzi del puzzle sono lanciati alla rinfusa sul tavolo e tocca a noi cercare di dar loro un senso.
Non che comunque ce ne sia molto da trovare: è vero, i picchiaduro non si fondano certo su una trama memorabile, tuttavia negli anni le macchinazioni messe in atto nella serie avevano dato forma a una storia di un discreto interesse culminata poi nel quinto capitolo con la caccia ad Alpha-152. Dead or Alive 6 si presenta invece abbastanza pigro e sconclusionato negli intenti, e non basta l'inserimento di un personaggio come NiCO(sebbene interessante) a scrollarci di dosso la sensazione che la media qualitativa sia calata. A dispetto della ritrovata pace, una nuova minaccia sta per abbattersi sui protagonisti principali eppure non c'è stato un momento in cui abbia decollato davvero: potrebbe fare da apripista a un nuovo arco narrativo ma risulta comunque un inizio alquanto fiacco, che nemmeno con i suoi supposti colpi di scena riesce a ricucire una storia che si sfilaccia sempre più.
A costo di ripeterlo, la storia non è il punto focale di Dead or Alive 6 quanto invece si dimostrano essere un sistema di combattimento incredibilmente tecnico e i contenuti aggiuntivi, ma c'è e dunque va presa in considerazione. Si sarebbe potuto fare uno sforzo in più, rivedendo inoltre quel sistema narrativo interconnesso che anche graficamente risulta fin troppo dispersivo.
Per quanto deludente possa essere stato il comparto narrativo, però, Dead or Alive 6 ha dimostrato di avere tantissimi assi nella manica per quanto riguarda il single player e in particolare la sezione "Missione DOA" - il contenuto inedito e più interessante del gioco. Propone una lunga serie di battaglie (attorno cui parrebbe esserci un contesto) scandite da tre obiettivi ciascuna e che hanno come ricompensa a volte persino dei file che approfondiscono la storia, ma soprattutto sono strettamente connesse ai costumi da sbloccare per ogni personaggio. Si tratta di missioni mordi-e-fuggi la cui semplicità è la chiave che le rende così appetibili.
Dead or Alive è sempre stato molto generoso nei riguardi dei nuovi giocatori e in particolare di chi predilige il single player, dando sempre molti contenuti grazie ai quali imparare le basi, specializzarsi ma soprattutto divertirsi nel tempo speso giocando da soli. "Missioni DOA" rientra a pieno titolo fra questi e la sua importanza è sottolineata già nel menu principale, poiché assieme alla Storia è quella più in evidenza rispetto alle restanti scelte. Quasi volesse indicarci che proprio lì ci aspetta un piatto prelibato - e di fatto è veramente così.
In compagnia della tecnomante NiCO dobbiamo riparare un simulatore di lotta virtuale e per riuscirci è necessario completare tutte le missioni che ci verranno sottoposte: ognuna di queste ha tre obiettivi principali che non sono obbligatori al successo della stessa ma, se soddisfatti, permettono di guadagnare stelle e in certi casi elementi aggiuntivi per espandere la storia. Se completati tutti e tre, inoltre, si otterrà il cosiddetto "premio completamento missione" che consiste in una certa quantità di punti costume: il loro utilizzo lo illustra il nome stesso, serviranno a sbloccare mano a mano i numerosi costumi di cui ogni personaggio dispone. Considerando il roster espanso e la quantità di outfit ciascuno, va da sé quanto lavoro ci sia dietro, e c'è molta più soddisfazione a conquistare qualcosa anziché spendere denaro vero per averla. Senza contare che ogni costume ha anche un proprio valore d'acquisto in valuta di gioco, dunque non soltanto dovremo sbloccarli ma anche gestire i nostri soldi per capire su quale investire, oltre ai diversi oggetti cosmetici aggiuntivi.
Ma non è finita qui, perché "Missioni DOA" non è solo un'ottima fonte di intrattenimento e guadagno, bensì anche un eccellente mezzo per imparare sia le basi sia le mosse più complicate del gioco: prima di cominciare una missione possiamo infatti seguire un tutorial per gli obiettivi più complessi (scelta resa disponibile anche nel caso non riuscissimo a conquistarlo dopo la lotta) e capire come soddisfare una particolare richiesta. Ovviamente a mano a mano che si progredisce nelle missioni, gli obiettivi si faranno sempre più complessi e le sfide ardue, dunque non pensate di adagiarvi sugli allori perché Dead or Alive 6 sa come punzecchiarvi. In breve siamo di fronte a un contenuto elargito a piccole dosi, utile a sbloccare gli extra e al contempo utile per imparare i fondamentali e oltre. Koei Tecmo ha creato la ricetta perfetta per bilanciare divertimento, apprendimento e guadagno.
Gli altri contenuti single player allungano piacevolmente l'esperienza e sono in linea con quanto Dead or Alive offre da sempre: dalla modalità Arcade a quella Sopravvivenza, passando per la Sfida a Tempo e non solo, il modo per aumentare il nostro livello giocatore e tenerci impegnati se non ci appassionano le lotte online non manca di certo.
E arriviamo infine ai controlli, che sono semplicemente fantastici: i comandi tradizionali del gioco sono tornati in azione, accompagnati da alcune nuove funzionalità per mantenerci coinvolto e che andremo a visionare passo passo.
Prima di tutto, le contromosse sono fluide come sempre, pur non essendo del tutto fuori controllo come nei titoli precedenti della serie. Di per sé è un'ottima cosa, che lascia margine per pianificare una strategia che ribalti una combo a nostro favore. Inoltre, le prese sono ancora molto efficaci, poiché ci si può affidare anche a quelle molto semplici per togliere un po' di energia all'avversario - una tecnica particolarmente utile contro quei giocatori che si spingono sempre troppo vicini; li si può cogliere di sorpresa con una presa rapida per ritrovare le giuste distanze e crearci un'apertura dove affondare.
Le combo sono poi ovviamente il piatto forte di tutto il sistema di combattimento, grazie alla loro versatilità e unicità a seconda del personaggio scelto, implacabili ma al tempo stesso controproducenti se non si punta sulla loro varietà: uno sfidante capace può leggere il vostro stile in pochi secondi e anticiparvi sul tempo sfruttando le contromosse - d'altronde, lo ricordiamo, tutto in Dead or Alive può essere constrastato e rispedito al mittente. Il bello di un elenco mosse tanto dettaglio come quello a disposizione è provarle tutte e vedere quali ci riescono meglio senza sacrificare le dita.
Dead or Alive 6 propone tuttavia una nuova meccanica che rende il gioco accessibile ai meno esperti e, per i più irriducibili, potrebbe diventare persino ottenere un posto di favore. Si tratta di mosse devastanti, legate all'indicatore di devastazione subito sotto la barra della vita e alla pressione di un singolo tasto, R1 per la precisione. Possiamo effettivamente concatenare quattro di queste se siamo abbastanza veloci (risultando in un Assalto Fatale) e una volta che la combo è in atto, difficilmente potrà essere contrastata: nel momento in cui, poi, si scatena il cosiddetto Colpo Devastante non c'è escamotage che tenga. Si tratta di un grosso vantaggio in partita, capace di ribaltarne le sorti, ma anche di un'arma a doppio taglio se utilizzata nel momento meno opportuno.
Infine l'estetica. Dead or Alive 6 si conferma senza troppo sforzo il più dettagliato della serie, con una cura particolare per i volti dei personaggi e i loro outfit (se non altro quelli originali, alcuni aggiuntivi non sono molto memorabili), nonché un meritato aspetto vissuto quando sul ring ne hanno prese a sufficienza: tra sangue, sporcizia, sudore, ferite varie, vestiti che perdono pezzi qua e là, i combattimenti risultano ancora più coinvolgenti e credibili. Il motore grafico svolge perfettamente il suo lavoro, offrendoci un'esperienza a 60fps che non perde di fluidità nemmeno nelle situazioni più esplosive - il riferimento agli stage interattivi è del tutto voluto. Dal punto di vista dell'audio, il doppiaggio giapponese è ancora una volta la scelta più indicata, nettamente superiore a un inglese non sempre calzante e che soffre di una scarsa sincronizzazione con il labiale.