Il tessuto urbano è un elemento connotativo del cyberpunk tanto quanto l'invasività della tecnologia, la deumanizzazione della persona (e la spersonalizzazione dell'essere umano) e l'estetica al neon. Il genere ha come ambientazioni preferite megalopoli incredibilmente estese e densamente abitate, che ne sono tanto il teatro quanto il contenitore. Tra torreggianti edifici talmente fitti da non far quasi filtrare la luce del sole, sui quali si aggrappano insegne luminose di ogni tipo, è strizzata un'umanità per la maggior parte disillusa e afflitta, che baratta ideali, valori, aspirazioni e ambizioni con l'effimero conforto della (non) realtà virtuale. Non può che esserne la città il luogo di elezione, perché è anche il luogo dell'avanzamento industriale e tecnologico, dell'irrigidimento delle strutture sociali, dell'alienazione dell'individuo e di tutte quelle dinamiche che del genere sono ispirazione. La Night City di Cyberpunk 2077 (qui la nostra recensione) non fa eccezione, pur distinguendosi per alcuni importanti elementi.
Richard Night, l'uomo che ne aveva avviato la fondazione (con il nome di Coronado City), ma che non arrivò a vederla completata, l'aveva immaginata come un'utopia, la città perfetta, ma dopo la sua morte violenta si tramutò in tutt'altro: un teatro di guerra tra bande prima, una città nelle mani delle megacorporazioni dopo. Nel 2077 conserva praticamente nulla dello spirito con la quale era stata partorita: chiunque la descrive come un mostro pronto a masticare, inghiottire e vomitare chiunque, specialmente coloro desiderosi di farsi un nome, come il protagonista V.
Uno dei pochi limiti della produzione di CD Projekt RED sta nella scarsa rilevanza della narrazione e quindi del gameplay emergenti. Andando in giro è sì possibile imbattersi in eventi di vario tipo, ma questi sono del tutto standardizzati (come eventi criminali da risolvere a proprio modo): fa fatica quindi a emergere la sensazione di una Night City viva, che esista anche al di fuori del giocatore e delle sue azioni, e questo è un elemento che in un certo senso impatta negativamente sulla dimensione ruolistica del gioco. Non per questo, però, la città rappresenta un mero sfondo, perché attraverso le missioni principali che raccontano la storia di V e, soprattutto, le secondarie, è possibile individuarne le dinamiche che la regolano, scoprirne la sbandata umanità, carpirne i rapporti sociali: in una parola, conoscerla.
La rappresentazione di Night City quindi non sottostà nemmeno al tradizionale simbolismo con il quale invece il cyberpunk connota il sistema urbano. Si pensi al verticalismo: allo svettare di molti suoi edifici verso l'alto non si accompagna la segregazione sociale, quella per il quale i ricchi stanno in alto, lì dove la luce è in grado di arrivare, e i poveri in basso, ricacciati nel buio costante dalle opprimenti ombre dei torreggianti edifici, come per esempio nell'immaginario dei romanzi di Richard K. Morgan.
Ciò comunque non significa che si tratti di uno spazio coeso, anzi la sua inconsistenza e la sua frammentarietà sono talmente elevate da rendere persino non adatto il termine “città” per definirla, almeno come spazio politico, amministrativo e sociale. Night City appartiene formalmente alla California del Nord, e questa ai Nuovi Stati Uniti, ma è di fatto una città sotto il controllo delle corporazioni. In una delle scene che accompagnano i caricamenti di Cyberpunk 2077 la presidente dei Nuovi Stati Uniti Rosalind Myers viene dileggiata, sottolineando come sia la megacorporazione Arasaka e non lei ad avere il controllo sulla città. Un controllo simile esiste anche a un livello inferiore, quello di un consiglio cittadino composto da 100 membri scelti dalle dieci più grandi corporazioni, dal quale quindi facilmente il sindaco, eletto invece dai cittadini, può essere messo in difficoltà (quando non rappresentante degli stessi interessi).
In contrapposizione all'individualismo di Night City esiste, in Cyberpunk 2077, la manifestazione di un certo grado di collettivismo, quello che è possibile riscontrare tra i Nomadi, e la distanza che divide la città dalle Badlands, il deserto di cactus e rottami nel quale le loro comunità risiedono, rientra nella classica dicotomia centro vs. periferia. Un luogo che solo parzialmente è raggiunto dai servizi è già periferia, ma in questo caso la contrapposizione investe la sfera valoriale, più che quella politica e amministrativa, quindi anche i distretti più trascurati di Night City sono centro, rispetto alla periferia delle Badlands.
Per i Nomadi il concetto di comunità ha ancora valore e deriva dalla loro tradizione. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare non si tratta di gruppi da sempre in movimento, ma dell'America rurale che i cambiamenti climatici e le corporazioni hanno sradicato. Sono ex contadini e allevatori, o da essi discendono, e conservano di quei mondi determinati ideali, anche se per vivere sono diventati, prevalentemente, contrabbandieri. Moderni moonshiner, trafficano in tecnologia, non in alcol, trovando la loro sicurezza nella collettività e vivendo la loro libertà non per fini propri, ma per il bene comune.
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