L’industria dei videogiochi potrebbe trovarsi dinanzi un bivio cruciale a causa delle tariffe commerciali proposte dal Presidente Donald Trump. Nel suo secondo mandato, Trump ha annunciato piani per imporre dazi significativi su una vasta gamma di beni, e tra questi ci sono console, giochi fisici e componenti elettronici. Tra i principali obiettivi del presidente, inoltre, ci sono anche un'imposta del 25% sui beni provenienti da Messico e Canada e una tariffa ancora più drastica del 60% per le merci prodotte in Cina.
Queste misure, parte di una strategia più ampia per stimolare la produzione interna degli USA, impatteranno, dunque, inevitabilmente anche l'industria del gaming. Secondo Mat Piscatella, analista di Circana, tali tariffe potrebbero causare un aumento significativo dei prezzi dei videogiochi e una riduzione delle uscite fisiche negli USA - con un probabile riflesso anche nel resto del mondo -.
Nel 2019, durante il primo mandato di Trump, una minaccia simile era stata scongiurata grazie all'intervento congiunto di Microsoft, Sony e Nintendo; le tre aziende, in una rara alleanza, avevano scritto una lettera aperta per evidenziare l’impatto devastante che le tariffe del 25% avrebbero avuto sul settore. La pressione esercitata dai colossi tecnologici, inclusa Apple, aveva spinto Trump a ritirare la proposta, salvando il mercato natalizio di quell'anno.
Questa volta, però, l'amministrazione Trump sembra intenzionata a portare avanti il piano senza compromessi, rendendo sempre più concreta la possibilità di un rincaro drastico dei prodotti legati al gaming. Insomma, niente sconti per nessuno.
Non si salva nessuno
Le tariffe potrebbero, per esempio, impattare il lancio di Nintendo Switch 2, la quale uscirà nel corso di quest'anno. Secondo stime del Consumer Technology Association (CTA), il prezzo di una Switch potrebbe passare da 300 a oltre 400 dollari, mentre un’eventuale PS6 potrebbe avvicinarsi ai 1.000 dollari. Ovviamente, oltre alle console si parla anche di aumenti lato PC gaming: schede grafiche come quelle di NVIDIA ed handheld come Steam Deck e Asus ROG Ally subirebbero aumenti simili.
Le tariffe proposte potrebbero non solo scoraggiare gli acquisti ma anche ridurre le opzioni per i consumatori. I negozianti potrebbero iniziare a ridurre le scorte di giochi fisici, incentivando ulteriormente la vendita di copie digitali e di versioni "digital-only" delle console, esenti da alcune delle imposte. Inoltre, il settore, già sotto pressione a causa dell’inflazione post-pandemica, vedrebbe ulteriori tagli, colpendo studi di sviluppo e lavoratori.
La fuga dalla Cina
L’impatto della nuova presidenza Trump, però, non si limiterebbe ai consumatori: l'aumento dei prezzi dei titoli fisici potrebbe comportare chiaramente un calo drammatico nelle vendite di hardware e giochi, riportando i numeri a livelli precedenti al 2000, nonostante decenni di crescita e l'espansione della base di giocatori. Ma non solo, visto che anche nel lato produttivo le aziende avranno grossi rincari.
Alcune aziende, come Nintendo, hanno già iniziato a spostare parte della loro produzione fuori dalla Cina, verso paesi come il Vietnam, così da evitare il problema dei dazi elevatissimi verso gli USA. Circa il 50% delle console Switch è, infatti, già prodotto fuori dalla Cina, ma questo potrebbe comunque non bastare a contenere i costi. Sony e Microsoft, che dipendono ancora fortemente dalla produzione in Cina, rischiano invece aumenti ancora più significativi. Si stima che una completa diversificazione della produzione potrebbe richiedere dai 12 ai 24 mesi, ma ciò comporterebbe comunque un incremento dei costi del 10%.
Insomma, per ora non possiamo far altro che parlare di ipotesi e stime, giacché tutto dipenderà dalle prossime decisioni politiche. Se Trump scegliesse di attuare le sue promesse elettorali, i consumatori americani - ma non solo - potrebbero trovarsi a pagare prezzi significativamente più alti per console e giochi, con un effetto a cascata sull’intera industria globale. Non ci resta, quindi, che aspettare e sperare.