Nel corso dell’ultimo secolo, il cinema è senza ombra di dubbio uno dei medium più diffusi all’interno della società. Dalla sua nascita avvenuta a fine Ottocento, la cinematografia ha attraversato un percorso di crescita che le ha conferito la popolarità di cui gode oggi praticamente in ogni angolo del mondo. Il cinema è di tutti, e per tutti. È lo strumento che forse più di tutti riesce a colpire, emozionare, commuovere e coinvolgere lo spettatore grazie, soprattutto, al fatto di poter contare su un fattore come la crossmedialità. Una pellicola si traduce infatti in un insieme di immagini, musica e di tanti altri elementi che anche presi singolarmente sarebbero delle vere e proprie opere d’arte.
In questi ultimi anni e a fronte di uno sviluppo sempre costante, è innegabile come questo mondo abbia sviluppato un legame sempre più forte con quello dei videogiochi. Un legame che vogliamo oggi analizzare insieme, per cogliere ogni sfumatura di quello che è un “nuovo” esempio di convergenza tra due media.
Questione di… Tecnologia!
Quante volte vi è capitato di vedere un frammento di gameplay di un titolo tra i più recenti, e metterci qualche secondo prima di capire che non state guardando un film? Questo aspetto, evidente soprattutto negli ultimi anni, è legato ad un’evoluzione prettamente tecnologica che ha portato i videogiochi a godere di un livello di dettaglio sempre più elevato. Si parla di tecnica insomma, si parla della possibilità di poter concretamente dar vita a qualcosa di una qualità fino a pochi anni fa impensabile.
La grafica non è l’aspetto più importante di un gioco, e mai lo sarà, ma contribuisce senza ombra di dubbio a costruire un’atmosfera e un setting ideali a trasmettere al giocatore determinate sensazioni. Permette di vivere l’esperienza in un modo completamente diverso, puntando sull'immersione di chi gioca in un mondo che potrebbe tranquillamente essere reale. Prendiamo come esempio Red Dead Redemption 2, con tutta probabilità il titolo più importante di quest’ultimo anno: un gioco che sente forse più di altri l’influenza del media cinematografico, puntando su elementi come sceneggiatura e fotografia proprio come fosse un film.
Possiamo dunque affermare che stiamo assistendo ad una sempre più pronunciata convergenza tra i due media? Assolutamente sì, in primis proprio dal punto di vista tecnologico. Un esempio pratico in tal senso è rappresentato da com’è variato nel corso degli anni l’utilizzo di uno strumento come il motion capture: una tecnologia diffusa in ambito medico e sportivo ma che trova molto riscontro anche nel mondo dell’intrattenimento. Pensiamo a Il Signore degli Anelli (2001) che pur non essendo il primo esempio in questione è e resta uno dei più celebri, per poi riflettere su come possiamo facilmente trovare applicazioni del genere siano anche del mondo videoludico, persino precedenti.
Pioniere in tal senso fu probabilmente Virtua Fighter 2 di SEGA al quale sono seguite le centinaia di titoli che ci portano fino ad oggi, dove il continuo affinamento della tecnologia ci ha condotto verso un realismo sempre più marcato. Detroit: Become Human, The Last of Us, Death Stranding: tre titoli che grazie ad un mocap davvero ben curato rappresentano un ulteriore punto di incontro tra cinema e gaming.
Il primo dei tre, sviluppato da Quantic Dream, è l’ultimo di una serie di esperimenti emblematici per il processo di evoluzione di cui vi stiamo parlando: la software house francese ha infatti iniziato ad usare questa tecnica sin dal 1999 con Omikron: The Nomad Soul, con risultati a dir poco sorprendenti. Qualche anno dopo sarà la volta di Fahrenheit, seguito da Heavy Rain e Beyond: Two Souls, tutti giochi che mostrano un utilizzo sempre più minuzioso e consapevole del motion capture. L’apice in tal senso si è raggiunto proprio con Detroit, che rappresenta l’ultimo frammento di un percorso di innovazione che non accenna a fermarsi. Non sappiamo cosa ci riserverà il domani ma, date le premesse, non possiamo che aspettare. Aspettare di rimanere sbalorditi ancora una volta.
Tanti, piccoli passi avanti.
Oltre all’aspetto prettamente tecnico emergono tutta una serie di fattori che accomunano cinema e videogiochi, riducendo man mano il confine che separa i due medium. Portiamo qui un altro esempio, rappresentato da una saga che non ha bisogno di presentazioni: Metal Gear, una delle storie più belle e intricate mai raccontate da un “semplice” videogioco. Iniziata nel lontano 1987, la serie ha raggiunto un successo planetario a partire da Metal Gear Solid, indiscusso capolavoro datato 1998: è proprio qui che Hideo Kojima inizia a prestare una cura sempre maggiore ad un fattore come la sceneggiatura.
Scrittore con un amore profondo e viscerale nei confronti del cinema Kojima trasmetterà alle sue opere molto di quel citazionismo nato da questa sua enorme passione, dando però vita a qualcosa di completamente nuovo e originale. Una cura dei dettagli tesa ad immergere il giocatore nella storia raccontata, unita a determinate scelte stilistiche e di regia, rendono le avventure narrate l’emblema di questa convergenza. E con Death Stranding, ne siamo certi, assisteremo ad un altro passo avanti.
Ad essersi evoluta è però la concezione del medium videoludico, soprattutto in alcune incarnazioni ben definite. Stiamo parlando di tutti quei titoli, tra cui quelli già citati, che fanno della narrazione il proprio punto di forza: è qui che il videogioco arriva a toccare le vette artistiche a cui può e deve aspirare. L’unione con il cinema ha portato molta influenza ma ha anche fatto emergere un fatto non da poco: a differenza di una pellicola, un gioco può contare su un elemento come l’interazione.
Ed è proprio sfruttando questo fattore che la convergenza raggiunge un livello ancora superiore: si passa da una partecipazione passiva ad una attiva, dalla figura del consumer si giunge a quella del cosiddetto prosumer. Si crea così un’esperienza diversa rispetto a quella offerta dal cinema, si dà al giocatore la possibilità di prendere parte agli eventi narrati. Questo è il vero tratto distintivo del videogioco.
In conclusione, possiamo dunque sottolineare come videogiocare oggi sia un’esperienza che deve molto a quanto costruito dal cinema in tutti i suoi anni di storia. Elementi come determinati tipi di colonna sonora, regia, sceneggiatura e quant'altro sono “nati” nel cinema per poi trovare ulteriori impieghi anche nel mondo videoludico: questo perché un connubio del genere non solo può funzionare, ma può portare alla creazione di qualcosa di davvero spettacolare e soprattutto unico.
Vi lasciamo con un’ultima, breve riflessione. Nel corso degli anni diversi registi di spessore internazionale hanno deciso di impegnarsi in progetti legati al mondo dei videogiochi: pensiamo a Spielberg con il primo Medal of Honor, piuttosto che a Peter Jackson con King Kong o ad una realtà come Lucasfilm. Al momento non sappiamo se ci siano altre operazioni del genere in cantiere ma una cosa è certa: se anche grandi maestri del cinema hanno manifestato interesse in tal senso, andando avanti non potremo che assistere a prodotti sempre più eccezionali. E noi, ovviamente, non vediamo l’ora.
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