Borderlands: I 5 momenti più significativi della serie

Ripercorriamo alcuni dei momenti più significativi della serie Borderlands in attesa dell'uscita del prossimo esplosivo capitolo.

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a cura di Alessandro Palladino

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La saga di Borderlands ha indubbiamente segnato il modo in cui il genere degli sparatutto in prima persona viene visto dal pubblico. L’esagerazione della sua narrativa, l’adattamento di elementi RPG come il loot o le statistiche nelle meccaniche da FPS, le originali interazioni con l’ambiente e la cooperazione tra i vari eroi sono stati gli elementi più innovativi. Non tanto per merito della loro già evidente singolarità, quanto per il modo in cui sono stati magistralmente orchestrati insieme.

Un mix alquanto esplosivo che con il primo capitolo è risultato forse un po’ pungente al palato delle masse, ma poi largamente rifinito con il suo sequel e le variazioni successive, creando quell’universo espanso tanto forte da far anelare i fan per il terzo capitolo recentemente annunciato. Borderlands 3, fin dal primo trailer, ha scosso l’intera industria e si è presentato in pompa magna riportando in auge tutti i personaggi dei precedenti titoli. Proprio quest’ultimi sono stati il punto forte del filmato trasmesso dal PAX, lasciando tutti in visibilio nel rivedere la bella Lilith e le sue ali di fuoco o il colosso Brick che suona il Sax: un chiaro segno di come la storia e l’ambientazione siano estremamente attaccate all’immaginario degli utenti.

Per onorare questo sentimento comune vogliamo ripercorrere i nostri cinque momenti migliori vissuti nella storia del franchise, accodandoci alla scia dell’uscita di Borderlands Game of the Year Edition su PlayStation 4, Xbox One e PC. Naturalmente ciò che segue potrebbe risultare spoiler per quei pochi che non hanno ancora giocato alla saga, perciò se siete tra questi consigliamo di tornare su questo articolo solamente dopo aver vissuto la vostra pazza esperienza su Pandora.

Ain’t No Rest for the Wicked – Borderlands

La sequenza iniziale delle avventure di Brick, Roland, Lilith e Mordecai è passata alla storia quasi quanto il trailer Mad World di Gears of War o l’inizio di Assassin’s Creed II. Un momento epocale che accoppia la stupenda canzone di Cage the Elephant con una sequenza dalla forte impronta autoriale.

Già dai primi secondi si riesce a capire gli elementi fondamentali dell’anima del marchio: grettezza, smodatezza e testosterone a profusione. Armi, muscoli e poteri soprannaturali vengono esaltate all’interno della descrizione visiva dei personaggi nel Van del buon Marcus, lasciando che poi mettano piede sulla crudele Pandora. La backstory della colonia spaziale abbandonata piena di banditi rimane evidente in quel sentore quasi post-apocalittico, indotto dallo scenario desertico e dallo stato precario in cui il veicolo e le varie attrezzature versano.

La sequenza è un perfetto esempio di una tecnica comunicativa essenziale per una nuova IP che tenta di proporsi al mondo in cui si immette, tenendo sempre presente il contesto in cui il primo Borderlands è apparso. Eppure anche a distanza di molti anni e con una sequela di nuove trasposizioni, riascoltare e rivivere quel momento suscita ancora un brivido lungo la schiena. Parte della ragione è ascrivibile all’evoluzione dei protagonisti nel corso degli anni e delle vicende che li hanno coinvolti, dalla loro lotta contro la compagnia Atlas fino alla fondazione dei Crimson Riders.

Tale è l’effetto della nostalgia che spinge sul legame affettivo tra giocatore e avatar, la stessa che poi ci ha portato a vivere con più coinvolgimento Borderlands 2 proprio per quel senso di continuità che rivedremo anche nel titolo in arrivo il 13 settembre.

Lo scontro con Bloodwing – Borderlands 2

Per quanto casinista e umoristico il marchio di Gearbox possa apparire, non bisogna mai scordarsi che Pandora è una terra in cui omicidio e terrore sono il pane quotidiano delle centinaia di banditi e belve che la abitano. In Borderlands 2 è stato poi introdotto uno dei cattivi più carismatici e spietati che siano mai apparsi sulla scena videoludica, ben lontano dai banditi lasciati indietro dalle corporation: l’infame Jack il Bello.

Jack è stato introdotto sapientemente, lasciando che il suo approccio umoristico – diretto e indiretto al giocatore – facesse da maschera per la sua anima nera. Non a caso proprio questa seconda faccia rimovibile è diventato il suo marchio di fabbrica, proprio perché ci si accorge fin da subito come la crudeltà sgorghi a fiumi dalle pieghe del suo finto sorriso. La testimonianza più grande della sua spietatezza deriva dall’atto più sentito da chiunque abbia giocato al primo Borderlands.

In una delle tante missioni principali del gioco, dopo aver assaltato una sorta di grande laboratorio insieme alla copertura di Mordecai, vi troverete a combattere contro Bloodwing: l’alleato più prezioso del cecchino più letale di Pandora. Lo stesso che, giocando fin dal quartetto originale della serie, avrete comandato per far fuori i vostri nemici. Quante volte un suo attacco vi ha salvato dalla morte certa? Oppure ha distratto un nemico sufficientemente a lungo da permettervi raggiungere una posizione vantaggiosa?

Un legame paradossalmente profondo per una sorta di “abilità” passiva del mondo animale, ma che è sufficiente a farci sentire male quando Jack il Bello decide di sottoporla a una mutazione irreversibile, lasciando a noi l’onere di arrestare la sua furia. Per quanto ci impegneremo solamente a stordirla, una volta a terra il CEO dell’Hyperion le farà saltare via la testa con una delle sue solite battute ad effetto, trasformando una vittoria dei Cacciatori nella loro sconfitta più sofferta.

Rabbia e dolore si uniscono perfettamente con il fare beffardo e comico di Jack, il quale è così diabolicamente sfacciato da suscitare nel giocatore la voglia di chiudergli la bocca per sempre. Non tanto per una questione di emozioni personali, quanto per ciò che la reazione dei personaggi coinvolti nella vicenda scaturisce in noi. Del resto, i Crimson Rider avevano già perso il proprio leader proprio per porre un freno alla follia di Jack. La scomparsa di Bloodwing è la classica goccia che ha fatto traboccare il sanguinolento vaso.

La creazione di Jack il Bello – Borderlands The Pre-Sequel

A cavallo tra il primo e il secondo capitolo, The Pre-Sequel ci ha raccontato il dietro le quinte della premessa narrativa dietro l’ascesa di Jack utilizzando la prospettiva di alcuni suoi “scagnozzi”. Alle dipendenze dell’impiegato più bello dell’Hyperion, i giocatori sono stati chiamati a trovare la Cripta Eridiana su Elpis, la luna di Pandora. Una missione ardua ma che alla fine ha veramente portato negli abissi del mistero più grande dell’universo, creando un contatto con la razza aliena tanto fatale quanto mistica.

Questa ricerca all’artefatto perduto ha mutato Jack nella sua intimità, sebbene la base di partenza fosse già abbastanza folle di suo. Il potere corrompe e avvicinarcisi troppo sarebbe come vestire i panni di Icaro nel desiderio di toccare il sole. Jack il Bello perde le sue ali quando, alla fine di The Pre-Sequel, la sua intera faccia viene orribilmente sfigurata per colpa della furia di Lilith, la Cacciatrice della Cripta Sirena che tutti amiamo. Tutti tranne Jack, il quale giura vendetta su tutti i suoi nemici forte della visione sulla Cripta del Guerriero ottenuta su Elpis.

Non è tanto il momento specifico a rendere questa scena valevole della menzione d’onore, quanto tutti i più o meno subdoli cambiamenti che hanno portato Jack a diventare il Bello e a conquistare l’intera Pandora con la sola volontà di acquisire potenza. Vivendola direttamente dai ranghi dei suoi servitori è possibile per il giocatore arrivare addirittura a empatizzare con il villain per eccellenza, lo stesso che ha commesso gli atti terribili osservati in Borderlands 2.

Tale è uno dei più grandi punti di forza della narrativa spesso sottovalutata di The Pre-Sequel, il quale si pone quasi come rivelatorio per la narrazione facendoci riflettere sulla estrema fragilità dello status quo che vige su Pandora. La follia intrinseca alla società del pianeta è tanto contagiante quanto mutevole, soprattutto se al centro della ricerca di tutto il globo c’è un oggetto così misterioso e alieno da corrompere le menti al singolo sguardo. Il destino di alcuni dei novelli Cacciatori della Cripta di Jack, visto in prima persona in Borderlands 2, è una testimonianza importante proprio sul clima che aleggia sullo stile di vita di chiunque scelga di sacrificarsi in nome della ricchezza aliena.

Il Sacrificio di Scooter – Tales From the Borderlands

L’ultimo capitolo canonico prima di Borderlands 3 è proprio il titolo uscito dalla defunta TellTale Games, il quale narra le vicende di un impiegato Hyperion di nome Rhys e della bandita Fiona. Volenti o nolenti, verranno implicati nell’ennesima ricerca alla tecnologia Eridiana, coinvolgendo personaggi alcuni originali e la maggior parte degli iconici Cacciatori della Cripta.

Tra tutte le comparse più significative, è impossibile non ricordarsi dell’eroe più grande di tutti: Scooter. Figura essenziale per l’assistenza ai cacciatori, ha sempre aiutato attraverso la messa appunto dei veicoli di Sanctuary e del fantastico sistema Catch-A-Ride. Un pazzo genio della meccanica amante dei motori e delle belle donne formose, schietto ma intimamente chiuso, tanto generoso quanto ignaro. L’ultima sua prodezza è stata quella di produrre un razzo spaziale di fortuna assolutamente necessario per la salvezza dei protagonisti di tutto Borderlands.

Eppure, nonostante la sua indiscutibile bravura, ci fu un intoppo nel bel mezzo dalla missione e solamente un meccanico forgiato nell’avversità di Pandora aveva gli attributi necessari per uscire dalla cabina, riparare il guasto e far sganciare il modulo prima che la falla risultasse fatale anche per tutti gli altri passeggeri. Scooter era l’unico uomo per poter compiere tale gesto, un eroe vero e proprio che non ha esitato nel momento dell’estremo bisogno, sacrificandosi per il bene di tutti.

La sua morte è d’impatto per due ragioni: la prima è principalmente scenografica, il team ha infatti svoltoun lavoro eccezionale nel creare la giusta commistione tra eventi predeterminati e interazione del giocatore. La scelta di poter decidere il messaggio con cui coronare la memoria di Scooter è stata essenziale per rendere questo momento un’istanza corale all’interno della community, favorendo la condivisione e dando l’idea di essere personalmente coinvolti nella costruzione narrativa del futuro del franchise.

La seconda ragione è ascrivibile allo stesso fenomeno esaminato con Bloodwing. Scooter è sempre stata una voce presente all’interno delle comunicazioni destinate al giocatore, che fossero tutorial o dialoghi di trama. Al pari di Claptrap e l’Angelo della situazione, il meccanico ha un valore non indifferente nell’immaginario del giocatore e ciò ha permesso all’ex-team di sviluppo TellTale di calare duro e lasciare che il proprio prodotto imprimesse un marchio indelebile nei ricordi dell’utente.

Il problema di questa operazione, specialmente nella prospettiva di Borderlands 3, sarà quello di aggirare i vari dettagli variabili delle scelte multiple, cercando di includere la morte di Scooter come memoriale indipendente dalla precedente produzione e dalle manifestazioni individuali. Rhys, nel trailer recente, sembra essere cresciuto molto dall’ultima volta che lo abbiamo visto, ma non vi è dubbio sul fatto che nel suo cuore mantenga ancora vivo il ricordo del suo amico dalla chiave inglese facile, come lo ha fatto anche il giocatore. See you, Space Cowboy.

La Caduta del Principe Jeffrey – Borderlands 2: Tiny Tina’s Assault on Dragon Keep

Il DLC Fantasy richiamante Dungeons & Dragons e tutta la tradizione fisica/digitale degli RPG è largamente considerato il miglior contenuto aggiuntivo di qualsiasi Borderlands. All’interno dello scenario fantastico fatto di castelli, foreste incantate e segrete infestate, le citazioni a qualsiasi opera del genere si sono sprecate e tutte meriterebbero di essere integrate in questa lista.

Tra queste però, quella più memorabile è la divertente scena legata alla famosa serie Il Trono di Spade, o Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco per i puristi, la quale era in piena esplosione proprio durante il periodo dell’uscita del DLC. Verso l’area finale del gioco è infatti possibile entrare in una grande sala in cui un NPC di nome Principe Jeffrey siede su un trono fatto di fucili. All’arrivo del Cacciatore della Cripta, vi farà attaccare dai nemici nella sala, per poi sguinzagliare le sue due guardie del corpo dai nomi palesemente simili a quelli del Mastino e della Montagna dell’opera originale.

Una volta uccise le due caricature di guerrieri in armatura, si preparerà lui stesso alla battaglia, presentandosi come uno dei tanti Boss del livello. A differenza degli altri, appena subirà qualsiasi danno correrà via e si nasconderà dietro il trono in preda alla codardia acuta. Si tratta nient’altro che di una chiara presa in giro dell’omonimo personaggio della serie, il quale è largamente odiato da qualsiasi spettatore o lettore lo abbia visto comparire almeno una volta.

Ciò che colpisce di questo Easter Egg non è tanto la sua presenza - di per sé interessante per l’analisi della popolarità della serie - quanto il modo in cui venga inserito all’interno del gioco come una vera e propria missione con tanto di nemici, Boss, dialoghi doppiati e riferimenti da parte di tutto il cast della serie (escluso Mordecai che non è al passo con i tempi). E in Tiny Tina’s Assault on Dragonkeep questo comportamento risulta la norma, sottolineando come il team di sviluppo di Gearbox sia abile nella trattazione dell’umorismo più vicino al giocatore come elemento esterno allo scenario della propria produzione.

Allo stesso tempo sottolinea anche la sempre più centralità o bisogno per questi media di rompere la quarta parete, lasciando che il cast interagisca con elementi relativi al mondo reale e non prettamente provenienti dalla dimensione fittizia. Sebbene lo scopo sia prettamente umoristico, c’è anche l’intento di suscitare una vicinanza culturale con il giocatore, facendolo sentire meno osservatore di una realtà distaccata e puntando sul tenere alta l’attenzione con dei richiami sapientemente posizionati. Borderlands in questo è un maestro e probabilmente sarà uno stile che non vedremo per niente abbandonato nella prossima avventura, già molto richiamante delle tendenze attuali.

Eppure l'umorismo sempre calzante e presente in questo DLC è usato per nascondere la vera natura della storia dietro di esso: l'elaborazione del dolore di Tiny Tina per la perdita del suo amico Roland. I riferimenti come il principe Jeffrey, i giocatori di Dark Souls e Stallone da Culo sono tentativi enormi da parte della piccola voce narrante di andare avanti, di riuscire a sopperire alla mancanza di una persona cara con le risate smodate, così tanto fragorose da sopperire alle cattive sensazioni. Per fortuna, Tina non è sola e proprio questo DLC ci ricorda quanto sia importante rimanere uniti nel momento del bisogno.

La saga contiene molti altri momenti topici, ma questi cinque rappresentano alcune delle sensazioni chiave che più rimangono nei ricordi degli appassionati. Certo, ci potrebbero essere un’infinità di momenti che ci riportano alla mente ricordi significativi legati a Borderlands e questo fenomeno è la naturale conseguenza di una produzione tanto ricca quanto curata come quella in questione. Continuare a meravigliare il proprio pubblico e a creare scene davvero memorabili diventa via via più arduo più aumentano i capitoli della serie. Eppure, se già dai due trailer si è riusciti a evocare una vasta gamma di emozioni nei loro spettatori, le possibilità di stupirci ancora risultano più che rosee nel futuro Borderlands 3.

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