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Pro
- Narrativamente eccelso
- Un'opera autoriale che pone la sua identità prima di tutto
- Meccaniche di gioco sempre fresche e intelligenti
- Complesso, stratificato e artisticamente ispiratissimo
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Contro
- L'elemento casuale diventa solo un disturbo nelle fasi avanzate dell'avventura.
Il verdetto di Tom's Hardware
Ai giorni nostri, con la frenesia che ammanta questo mondo fatto di social, trend temporanei e contenuti che diventano vecchi ancor prima di averli finiti di guardare, parlare del 2016 sembra di citare un passato remoto e, oramai, dimenticato. In quell'anno, però, il protagonista di questa storia, tale Tonda Ros, cominciò a gettare le basi per un videogioco ispirato all'opera più importante di Cristopher Manson, ovvero Maze: solve the world's most challenging puzzle. In merito al libro di Manson, vi lasciamo in pasto al web per farvi scoprire uno dei fenomeni letterari di metà anni '80; per quanto riguarda, invece, il progetto di Tonda Ros, si chiama Blue Prince, è uscito in questi giorni e, oltre ad aver rapito dalle scene il suo creatore per otto, lunghi, anni, è diventato immediatamente un fenomeno di massa in virtù delle sue immense qualità.
L'opera prima di Dogubomb, questo il nome della software house di Tonda Ros, si spinge oltre i confini del semplice puzzle game, proponendo un'opera capace di ingannare i giocatori più "superficiali" e regalare enormi soddisfazioni a quelli che, invece, decideranno di osservare, più e più volte, l'opera di Ros da diverse angolazioni, scoprendo ogni volta qualche elemento in più, cercando di risolvere questa versione digitale del "puzzle più sfidante d tutti i tempi".
Siamo sicuri che, dopo aver letto questo cappello, molti di voi staranno già pensando che si tratti "del solito puzzle game con qualche guizzo"... bene, non fate l'errore di giudicare Blue Prince superficialmente perché Dogubomb non è stata solo capace di mescolare Roguelike e Puzzle game in maniera magistrale, ma grazie al supporto d artisti come lo stesso Cristopher Manson, è riuscita a realizzare una produzione talmente sfaccettata, e complessa, da poter ambire, senza problemi, a conquistare numerosi premi durante il corso di questo, sempre più affollato, 2025.
Una storia che non si può narrare
Simon P. Jones, il protagonista di questa storia, riceve in eredità dal suo prozio un'immensa magione che sovrasta il villaggio di Reddington. L'unica condizione per poter ottenere questa mastodontica eredità, è quella che il giovane dovrà riuscire a raggiungere la stanza numero 46, una camera che sembra essersi persa nei meandri dei labirintici corridoi che caratterizzano, e delineano, le architetture dell'enorme tenuta.
Questa "sfida", però, ha alcune regole ben precise da dover rispettare: il futuro erede non può introdurre alcun oggetto dall'esterno per aiutarsi nella sua impresa, così come non può portare fuori dalla magione alcunché; infine gli è assolutamente proibito spendere la notte all'interno della tenuta, visto che quest'ultima resetta completamente la sua architettura ogni mattina all'alba. Un evento che, al netto del risultare inspiegabile, costringerà il futuro erede a ripartire dal principio ogni giorno, ricominciando la planimetria della magione alla ricerca dell'ambita stanza.
Se vi state chiedendo come mai abbiamo aperto questo paragrafo dicendo che questa storia "non si può narrare", il motivo è molto semplice: con il passare dei giorni ogni stanza che si parerà di fronte al protagonista (vi spieghiamo fra poco cosa intendiamo con questa frase) non diventerà più, solamente, un altro passo verso la misteriosa "stanza 46", ma diventerà uno strumento per narrare una storia molto più ampia, capace di mettere in discussione lo stesso giocatore, e le sue convinzioni, riuscendo a rompere con delicatezza quella, tanto celebre, "quarta parete".
Una storia che, ve lo diciamo subito, passa per ogni singolo oggetto, documento, soprammobile o elemento distintivo che si reperirà, o incontrerà, in ogni stanza. Ognuno di questi aspetti, visita dopo visita, tentativo dopo tentativo, creeranno un'immagine d'insieme sempre più complessa da decifrare e che richiederà ben più di "una run" per far venire tutti i nodi al pettine.
Un gameplay semplicemente brillante
Blue Prince si comporta, principalmente, come un enorme gioco da tavolo: ogni nuovo giorno Simon entrerà nella tenuta e inizierà a posizionare le stanze, una alla volta, in una planimetria 5X9. Ogni volta che il protagonista varcherà una nuova stanza, gli verranno proposte tre camere casuali tra le quali scegliere la successiva nel tentativo di proseguire.
Ogni giorno, però, Simon si addentrerà nella magione con un quantitativo di passi limitato, che dovrà gestire al meglio per esplorare le stanze che gli si pareranno davanti. Ogni nuovo accesso a una camera consumerà un passo e una volta che i passi termineranno, Simon dovrà obbligatoriamente ritirarsi per la notte, lasciando che la magione si resetti inevitabilmente.
Ogni stanza cela al suo interno enigmi, porte bloccate e numerosi segreti da svelare, molti dei quali pensati per narrare le decine di sottotrame che caratterizzano l'enorme comparto narrativo di Blue Prince. Sarà necessario raccogliere chiavi di ogni sorta, pregando di aver fatto bene i conti per non ritrovarsi a dover tornare indietro in una stanza precedentemente visitata, consumando preziosi passi.
Letto così capiamo che tutto possa sembrare molto semplice: si piazza una stanza, si risolve un'enigma, si posiziona la prossima camera e si va avanti. La realtà dei fatti, però, è molto diversa. Vuoi per la conformazione delle stanze, vuoi per il dover ragionare attraverso una visuale in prima persona, vuoi per gli elementi casuali, vuoi per il fatto che, almeno inizialmente, sembra facile raggiungere il centro della spirale, ovvero quella "stanza 46", saggiamente posizionata al centro della planimetria, non ci vorrà molto per comprendere che Blue Prince è un profondissimo iceberg, capace a ogni nuovo tentativo di stravolgere le regole, narrative e di gameplay, portando il giocatore quasi a dimenticarsi che il suo obiettivo e raggiungere quella tanto agognata camera.
Giorno dopo giorno, difatti, fra libri, lettere, documenti, nuove stanze, ambientazioni inedite e nuovi misteri, Simon si troverà ben presto a interagire con l'intera magione, sia all'interno che all'esterno, ampliando così tanto l'offerta di Blue Prince, da renderla persino soverchiante. Una volta terminata una delle tante "trame principali" (che vi anticipiamo già potrebbe tenervi impegnati per decine di ore), la mole di contenuti venuti alla luce durante il conseguimento di questo obiettivo, porterà il giocatore a ricominciare per portare alla luce nuovi misteri, sottotrame inedite e storie caratterizzate da tematiche sempre interessanti e coinvolgenti.
Un'opera "non per tutti"
Blue Prince è una perfetta mescola fra puzzle game, goco da tavolo e roguelike. Tutto funziona divinamente e ogni aspetto del gameplay è fortemente votato a far emergere la potente autorialità dell'opera. Proprio questo voler essere "autoriale", però, ha portato l'opera prima di Dogubomb a proporre alcune scelte stilistiche che potrebbero rendere la produzione "non per tutti".
Innanzitutto, la totale assenza di un diario "in-game", costringerà praticamente chiunque a dover prendere costantemente delle note su storie, enigmi, posizioni ed elementi importanti presenti nei vari documenti. Non farlo vuol dire semplicemente ritornare costantemente indietro a rileggere libri, appunti e documenti, per ricordarsi gli elementi importanti. Sappiamo bene che è un aspetto che potrebbe far storcere il naso a molti, ma fa parte della peculiarità, e della potenza, dell'intera esperienza, motivo per il quale più che accusarla di "essere un difetto" preferiamo farvela notare prima che vi andiate ad approcciare con leggerezza a Blue Prince.
Un altro aspetto, che normalmente non consideriamo ma in questo caso risulta indispensabile far notare, è che Blue Prince non è localizzato in Italiano, motivo per il quale è richiesta una buona conoscenza della lingua di Albione per poter proseguire al suo interno.
Infine la casualità delle stanze, per quanto indispensabile per caratterizzare l'imprevedibilità della magione, non risulta mai, realmente, controllabile dal giocatore, nemmeno nelle fasi più avanzate. Questo aspetto, che forse si mostra come l'unica sbavatura evidente del titolo, tende a generare dei chiari momenti di frustrazione, specialmente nelle fasi avanzate dell'avventura, quando i vari elementi a disposizione per provare a controllare la casualità delle camere, risultano inutili in quelle, seppur rare, circostanze dove il sistema RNG mostrerà al giocatore come, alla fine, è sempre lui a comandare.