Bayonetta: una donna fatta di donne

Bayonetta rappresenta un vero unicum nell'universo dei personaggi femminili nel videogioco, anche e soprattutto grazie alle sue donne.

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a cura di Pietro Spina

Bayonetta è uno dei personaggi più carismatici del mondo videoludico, capace di instaurarsi in un universo prettamente orientato verso un pubblico maschile sia come bomba sexy che come icona di empowerment femminile. La sua forza e la sua eleganza, la sua irriverenza e la sua dolcezza, la sua bellezza e la sua brutalità: Bayonetta vive di contrasti e di equilibri, riuscendo a catturare l’affetto di tantissimi fan nel mondo che sono voluti andare oltre le prime, provocanti, apparenze.

Arrivati ormai al terzo capitolo della saga (potete leggere la nostra recensione qui), ci chiediamo se forse il successo di questo personaggio stia tutto nell’essere sì nato quasi per gioco - la scelta di avere un protagonista femminile fu quasi un caso - o anche nell’aver affidato tantissimi elementi della sua genesi a donne capaci di creare vera magia. E le battute sulle streghe qua non c’entrano.

Mari Shimazaki - Character designer

“Una protagonista femminile, una strega moderna, e capace di usare 4 pistole”. Queste erano tutte le informazioni che Hideki Kamiya aveva passato alla matita che avrebbe dovuto provare a dare forma all’eroina del suo nuovo stylish action game. Non molto per qualcuno che non lavora nel settore, ma più che abbastanza per dare via al processo creativo che avrebbe portato dare forma alla nostra strega preferita.

Mari Shimazaki, come buona parte dello staff PlatinumGames, aveva nel curriculum esperienze vissute sotto l’etichetta Capcom, in particolare il lavoro di Character Designer per il grazioso e onirico Okami. Dopo aver studiato alcune idee senza giungere al risultato desiderato, finalmente giunse alla finalizzazione del primo prototipo, che centrò il punto in tanti elementi rimasti definitivi.

Nell'adornare una strega, il colore principale non poteva che essere il nero, ma per dare un tocco extra alla caratterizzazione, Shimazaki ha pensato di rendere i capelli parte integrante dell’outfit, quasi fossero un vestito che avvolgesse il corpo di Bayonetta e potesse accentuarne la dinamicità dei movimenti.

Altro elemento centrale del design si ritrova nel fisico slanciato con braccia e gambe lunghe e affusolate, in netto contrasto rispetto a quelle che era la conformazione tipica dei personaggi femminili nei videogiochi, spesso tratteggiati come più esili e contenute proprio per dare contrasto con i personaggi maschili.

La curiosa pettinatura di Cereza è un’altra precisa scelta di Shimazaki, proposta con insistenza per tutto il periodo di creazione del personaggio. Essendo Bayonetta una strega, l’intenzione era di rievocare l’immaginario del classico cappello a punta, senza necessariamente utilizzarlo. L’ultimo tocco di classe è dato dagli occhiali, sotto precisa indicazione di Kamiya. Aggiungendo un tocco modaiolo e un evidente richiamo alle estetiche di personaggi come Madama Butterfly, ha preso dunque forma l’accessorio più caratteristico di tutto il design e, con questo, Bayonetta nella sua versione definitiva.

Shimazaki oggi è tra i character designer più apprezzati della scena nipponica, e ha continuato a offrire la sua arte sia per Bayonetta 2 che per il terzo capitolo, senza lasciarsi sfuggire altre occasioni per esprimere la sua creatività, come nel caso delle collaborazioni con Bandai Namco per i franchise di Tekken o Soul Calibur.

Ikumi Nakamura - Concept designer

Diventata una vera e propria icona del mondo gaming con la sua presentazione di Tokyo Ghostwire sul palco Bethesda durante l’E3 2019 (non fate finta di niente, la ricordate benissimo in posa mentre dice “Mitene!”), per tanti Ikumi Nakamura si è palesata come un volto nuovo per il gaming, quando in realtà aveva alle spalle già molta esperienza.

Un po’ come per Mari Shimazaki, anche Nakamura veniva da un passato a cavallo tra Capcom e la nascita di Platinum Games, arrivando allo sviluppo di Bayonetta nel ruolo di Concept Designer - con il compito quindi di dare vita al mondo di gioco in cui si svolgono gli eventi del primo capitolo, tra scenari e dettagli.

Un ruolo importante, cruciale verrebbe da dire, per settare il tono dell’esperienza. Trattandosi di una storia di streghe misteriose, le quali si trovano a rivivere i frammenti di un’era perduta, Nakamura ha approntato i suoi design sull’idea di passato, a partire dalle treasure box che richiamano delle antiche tombe (in cui i saggi di Lumen hanno intrappolato le streghe ribelli) per passare agli accessori che fanno trasparire elementi culturali provenienti da diversi lati del globo.

Per dare risalto alla protagonista, Nakamura ha scelto il contrasto tra personaggio leggiadro e sensuale con il mondo vasto, dalle architetture imponenti e a tratti opprimenti. Molto del suo lavoro passava dal confronto diretto con Kamiya, con cui aveva già avuto a che fare ai tempi di Okami, che lei racconta come un scontro di idee “oltraggiose”.

Sono tanti gli elementi caratteristici del titolo che sono emersi attraverso questa continua “sfida” al director, che aveva la strana abitudine di entusiasmarsi di fronte alle proposte che Nakamura riteneva meno convincenti. Alla fine, però, le tinte rosse e nere, la luna, il cerchio demoniaco e tutti gli altri dettagli che si trovano nel logo derivano proprio da questo contrasto creativo.

Oggi Ikumi Nakamura è a capo di un suo studio, Unseen, creato a seguito dell’abbandono di Tango Gameworks a seguito di alcune preoccupazioni in merito alla sua salute. Dopo aver lavorato come director per Tokyo Ghostwire, ora il suo obiettivo è creare progetti che non siano solo legati al gaming, lavorando con persone e aziende di tutto il mondo.

Maiko Uchida - mocap per la danza

Dopo aver parlato di donne con alle spalle una certa esperienza nel mondo del videogioco, è tempo invece di chiamare in causa una vera e propria outsider di successo, ovvero la persona che ha letteralmente dato vita alle sensuali e ipnotiche movenze della strega di Umbra.

Maiko Uchida, questo il suo nome, entra in gioco nel progetto Bayonetta in puro stile cinematografico, presentandosi ai provini con l'ingenua leggerezza (e un po' di imbranataggine) che ritroviamo nei film adolescenziali, in cui i protagonisti sperano di cambiare il proprio destino puntando a un ruolo da protagonista.

L’idea del team era che Bayonetta potesse unire in un solo personaggio l’expertise di diversi professionisti del settore, prendendo quindi le movenze di esperti di arti marziali per il combattimento, di atleti per le situazioni acrobatiche e di ballerini per ricreare le danze e le movenze più armoniose.

Uchida era tra le 8 ballerine che avevano passato la selezione iniziale, le quali vennero chiamate per effettuare un provino in studio davanti allo staff. A tutte venne anche fornita in anticipo una traccia musicale, per permettere loro di ascoltarla ed esercitarsi per tempo.

Dopo i primi provini, il team aveva praticamente già identificato una figura in grado di soddisfare i requisiti richiesti. Questo almeno fino all’arrivo dell’ultima candidata, che riuscì perfino a indispettire lo staff presentandosi in ritardo e dicendo di non aver ascoltato il pezzo come richiesto. Si trattava proprio di Uchida.

Sfidando la pazienza di Kamiya, chiese di ascoltare una volta il pezzo, rimanendo immobile sul posto sotto lo sguardo stranito dei presenti. Una volta finito l’ascolto, iniziò un’esibizione che lasciò letteralmente senza parole gli spettatori, i quali dimenticarono le candidate precedenti in un soffio, convinti di aver trovato la vera Bayonetta. Non sappiamo oggi che piega abbia preso la carriera professionale di Maiko Uchida, ma sta di fatto che rappresenta l’elemento indeterminato e folle che ha reso la nostra strega davvero speciale.

Hellena Taylor / Atsuko Tanaka / Jennifer Hale - doppiatrici

Non possiamo far finta di niente: la recente polemica nata attorno alla mancata riconferma di Hellena Taylor come voce di Bayonetta ha creato un’atmosfera spiacevole attorno alla release del 3 capitolo, su cui pesano gli scambi di accuse via social e l’improponibile richiesta di boicottaggio del gioco che l’attrice ha rivolto ai suoi fan.

Indipendentemente da come siano andate le cose, è innegabile che Taylor abbia avuto un ruolo fondamentale nel puntellare la personalità della strega, offrendo un’interpretazione sensazionale che rimarrà nel cuore di tutti gli amanti della saga (nonostante tutto), segnando un solco evidente tra il "prima" e il "dopo".

In fase di creazione del personaggio, fu Kamiya a imporre la scelta di una voce inglese, perché a suo dire nessuna doppiatrice nipponica avrebbe potuto rendere giustizia alla visione che stava prendendo forma. Taylor grazie alla sua esperienza teatrale diede il giusto carisma a Bayonetta, mettendo nelle sue linee irriverenza e sensualità in egual misura, condite da quel tocco posh che la rende quasi insostituibile.

Tale era la bontà dei risultati che Taylor venne confermata per prendere parte a tutti i progetti collaterali al franchise, a partire da Anarchy Reigns per arrivare a Super Smah Bros. for Wii U e Super Smash Bros. Ultimate. Fu anche scelta per interpretare la voce occidentale di Bayonetta nel lungometraggio animato Bayonetta: Bloody Fate.

Ed è proprio grazie a Bloody Fate che entra in gioco Atsuko Tanaka, ad oggi la voce giapponese della strega. Con la release di Bayonetta 1 e 2 per Wii U, PlatinumGames e Nintendo decisero di introdurre per la prima volta il doppiaggio nipponico, e visto il successo del film di animazione tra i fan, Tanaka venne confermata come interprete anche nel videogioco.

Con l’uscita del terzo capitolo e gli eventi che tutti conosciamo, Taylor non è più la voce di inglese di Bayonetta, sostituita dall’apprezzatissima Jennifer Hale (Comandante Shepard in Mass Effect, per citare un ruolo). Il risultato finale è in linea con la qualità che Hale ha sempre garantito nella sua lunga carriera di doppiatrice, e questo le va riconosciuto, ma rimane inevitabilmente un passo indietro rispetto all'interpretazione di Taylor, estremamente più naturale e in character. Un vero peccato, ma da qui in avanti dovremo farcene una ragione.

Dopo questo breve viaggio nel passato di Bayonetta è curioso ricordare come questo personaggio sia stato il frutto di tante scelte curiose, esagerate, conflittuali e in alcuni casi assolutamente imprevedibili. Quando pensiamo alla creazione di una figura femminile a scopi commerciali, abbiamo sempre nella mente una produzione dettata da esigenze specifiche legate al pubblico maschile, ma questo ha rappresentato forse il primo caso nel videogioco a vedere una genesi quasi spontanea, frutto di contaminazioni e confronti.

La strega di Umbra è riuscita a ribaltare le convenzioni, scappando letteralmente dalle mani dei propri creatori per inseguire le idee e le performance che la hanno infine plasmata. Verrebbe da dire che un po’ di magia alla fine abbia realmente fatto parte dell’equazione, quasi che la protagonista - a modo suo - fosse riuscita a crearsi da sola muovendo i fili della realtà. Ricapiterà mai qualcosa di simile?

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