Bisogna riconoscere ai ragazzoni di PlatinumGames una certa qualità nell’arte del trollaggio, espressa in un trailer che ha tenuto in sospeso per diversi istanti chiunque non fosse al corrente dei “leak” che Nintendo stessa ha riversato sulla sua trasmissione poche ore prima, a causa di una leggerezza tecnica.
La scritta “Platinum” apparsa nei primi istanti invitava a sperare nell’apparizione di della strega di Umbra, ma la prudenza di chi vive di delusioni (un nintendaro tipo, quindi) ha messo il freno a mano all’entusiasmo, facendoci immaginare tutt’altro: forse è il progetto che dovrebbe concludere la trilogia supereroistica di Kamiya? O un inatteso sequel di Astral Chain? No dai, quel Lappy è talmente palese che non può che essere un cameo… attivazione del Witch Time.
Quello che è accaduto dopo potrebbe non avervi impressionato o potrebbe avervi reso incapaci di prendere sonno nelle ore immediatamente successive al Nintendo Direct. Ci sta, non tutti vivono allo stesso modo l’esposizione all’immensità, ma l’importante è rendersene conto e provare a ricostruirsi come gamer imparando dai propri errori.
Scherzi a parte, Bayonetta 3 si è schiantato sulle nostre aspettative, stagionate per quasi 4 anni, nell’unico modo possibile: stuzzicando i fan e mostrando tante novità quante se ne dispongono.
Salta immediatamente agli occhi il nuovo stile della nostra eroina, decisamente meno sfacciata nella sua sensualità che va ad avvolgersi di ricami e dettagli preziosi, celando il corpo senza disinnescarne il fascino. Il richiamo, evidente, è a “Cerezita”, la piccola Bayonetta che Balder usò nel primo capitolo per guidare il risveglio della strega. Outfit Promosso? A mio avviso sì, ma sono pronto a buttarmi nella mischia di chi volesse determinare col sangue a quale look debba andare la corona di migliore. I capelli corti del secondo capitolo hanno conquistato molti, ma non va sottovalutato neanche lo stile originale. Una bella lotta.
“Temo di essere un po’ in ritardo, ma sono pronta a darvi tutto ciò che desiderate”
Poche parole, in linea con la caratterizzazione, espresse però da un viso in cui ombretto e blush risultano più aggressivi che in passato. La battaglia della seduzione a questo giro si gioca sull’intensità, sul colore, senza abbandonare l’iconico habit di sistemarsi gli occhiali con la pistola. Chi non sta già urlando è avvisato, ora comincia il bello: un paio di colpi assestati, giusto per familiarità, e la scala della violenza va in breve ad impennarsi con le esecuzioni multiple.
Un grande potere, da verificare sul campo, perché i Torture Attack rappresentavano un elemento strategico su cui danzare con brivido e attenzione. Vederli dispensati in copiose quantità lascia presagire una Bayonetta assolutamente incontenibile - quale sarà il suo limite, però?
Incontenibile eccome, in particolare quando prende la forma di Madama Butterfly. Il patto col demone da sempre ha segnato poteri e abilità della strega, marcando presenza in ogni istante in cui fosse visibile la sua ombra: la sintonia tra le due ha segnato alcuni dei momenti migliori di Bayonetta 2 e questa “sinergia” viene portata all’estremo attraverso la Demon Masquerade, alzando l’asticella di quanto possa essere espresso in combattimento durante le combo. L’obiettivo è ottenere “un'azione di gioco collegata direttamente al cervello”, stando alle parole di Hideki Kamiya.
Gli screzi visti nel secondo capitolo non hanno lasciato strascichi tra la strega di Umbra e le sue evocazioni, anzi, in Bayonetta 3 questo dominio sembra rafforzato: ora è concesso invocare i mostri degli inferi in battaglia non solo come finisher, ma per partecipare attivamente alle risse con i mastodontici rivali verde e avorio (piccola nota: ad ogni colpo ricevuto, questi sputano fuori gli stessi “ominidi” che vengono affrontati come nemici “base”).
Non poteva che essere la danza il mezzo attraverso cui ammansire e dominare queste creature, una danza ormai iconica che in questa occasione però non svela le nudità di Bayonetta - e qualche fan s’è già risentito in merito venendo immantinente redarguito dallo stesso Kamiya - tradendo un po’ l’idea della magia del capelli che rivestono il corpo e possono essere allo stesso tempo indossati o usati come armi.
Curioso invero, ma non distraetevi: il “marchio della bestia” a questo giro è un tatuaggio, che segna la schiena della strega indicando quale creatura ella stia controllando. Il potere della strega, sfruttato per le esecuzioni nel primo capitolo o l’Umbran Climax nel secondo, determina il tempo massimo per cui è possibile sfruttare i “Demon Slave”, dando l’impressione di una relazione diretta tra input immessi e colpi inferti ben più soddisfacente dei goffi teatrini visti nei set pieces di Bayonetta 2.
Allora, cosa preferite? La nudità o un kaiju al vostro comando?
In un soffio il trailer si conclude, chiudendo su uno spettacolare scontro aereo tra Gomorra e un gargantuesco nemico, per poi concedere il sipario ad un misterioso figuro dal canuto capello corto - per favore no, non è Vergil - armato di katana il cui pendaglio è nient’altro che Cheshire, la bambola di pezza della piccola Cerezita. Sapremo qualcosa in più del passato di Bayonetta?
Qui la curiosità si mischia al timore, in quanto la trama dei due precedenti episodi si è ripiegata su sé stessa ricorrendo ad un escamotage non certo originale, ma di sicuro effetto, il cui principale punto debole risiede nel poco spazio lasciato a nuove linee narrative.
Inferno, paradiso, purgatorio, conditi di mitologie anche dissonanti, si sono intrecciati nella storia delle Streghe di Umbra e dei Saggi di Lumen per giustificare nascita e consacrazione della protagonista, riscrivendo interi piani dell’esistenza attraverso le sue stesse azioni.
Ogni elemento narrativo trovava il suo innesco in Bayonetta stessa e molto verosimilmente in questa occasione non sarà diverso, tanto che i richiami al suo passato sono così palesi da lasciare pochi dubbi. Affascina molto però la prospettiva sul personaggio, il cui stile potrebbe essere indicazione di un’era diversa o di una - definitiva - presa di coscienza del proprio io, dopo due capitoli in cui memorie frammentarie e paradossi temporali hanno giocato con la lucidità e la risolutezza della nostra eroina.
Possiamo immaginare un ritorno all’innocenza, con marginale attenuazione degli aspetti più provocatori, o prima di impugnare i forconi vogliamo considerare l’outfit più morigerato (nella scala di Bayonetta, lo è) e la nuova capigliatura solo come una nuova messa in discussione dell’estetica di Cereza da parte degli artisti di PlatinumGames?
Bayonetta ha imposto con forza standard stilistici e caratteriali che da sempre ribaltano il senso comune, stuzzicando in maniera irridente le convenzioni e le direttive. L’ha sempre fatto però con coerenza, in ogni suo elemento. Proprio per questo che ora c’è grandissimo interesse verso quei personaggi che non abbiamo ancora potuto ammirare e l’assenza di Jeanne è quasi criminale nella sua spietatezza.
Di certo sappiamo attraverso le parole di Yusuke Miyata, Director del titolo, che nulla è stato lasciato al caso durante l’ideazione di Bayonetta 3, andando a pescare non solo (ovviamente) dai predecessori ma anche spulciando tutto il materiale prodotto a livello editoriale che fosse collegato all’universo creato dall’allora Team Little Angels. Il confronto con Kamiya, inevitabile, sta scandendo passo passo l’esordio alla direzione del talentuoso leader del Production Group 4, attualmente impegnato col suo team ad espandere e rifinire il core gameplay.
Dobbiamo aspettarci dunque una release che guarda ad un 2022 inoltrato piuttosto che incastrarsi nella prima metà dell’anno tra gli altri annunci del Nintendo Direct? Possibile, ma quantomeno, finalmente, abbiamo rivisto in faccia la nostra Cereza. Let’s Dance Boys.