Pensare, a ormai pochi giorni di distanza dalla pubblicazione del suo terzo capitolo, che la serie di Bayonetta abbia rischiato di interrompersi già dopo il primo episodio fa decisamente strano. Eppure è così. È alla sua azione intensa e frenetica e alla sua strepitosa protagonista che gli appassionati dell'action guardano come riferimento assoluto per il genere tutto, ormai anche più che alla serie alla quale proprio Bayonetta deve molto, ovvero Devil May Cry.
L'idea dello stylish action, di un sistema di combattimento che sia tanto godurioso per i polpastrelli quanto spettacolare agli occhi, nasce proprio con la serie Capcom, e d'altronde lo stesso è il creatore, il geniale, istrionico, spigoloso, offensivo Hideki Kamiya. Ma le cose sarebbero potute andare in maniera molto diversa, e oggi forse il trono dell'action sarebbe vacante, perché all'atto pratico di produzioni di livello appartenente al genere ormai non se ne vedono più.
Lo sviluppo del primo Bayonetta venne finanziato da SEGA, che con PlatinumGames aveva stipulato un contratto per la realizzazione di quattro videogiochi: Infinite Line, gioco di ruolo sci-fi per Nintendo DS, che poi avrebbe cambiato nome in Infinite Space; MadWorld, truculento beat 'em up in bianco e nero (ma con secchiate di rosso sangue) per Wii; Bayonetta, appunto; un quarto videogioco, che poi sarebbe stato svelato essere quel capolavoro rutilante di piombo ed esplosioni che risponde al nome di Vanquish.
"Successo" non fa sempre rima con "séguito"
Tra questi fu proprio Bayonetta a ottenere il successo maggiore, quantificabile in circa un milione e mezzo di copie nei mesi immediatamente successivi alla pubblicazione. Paradossalmente, PlatinumGames non ritenne di aver centrato l'obiettivo commerciale prefissatosi, mentre evidentemente SEGA doveva essere contenta dei risultati raggiunti, visto che diede luce verde per la preproduzione di un sequel, da portare, come il primo capitolo, su PlayStation 3 e Xbox 360.
Cos'abbia portato SEGA a fare marcia indietro non è mai stato chiarito e probabilmente non lo sarà mai, rimanendo sepolto sotto quella mole di clausole di non divulgazione che accompagnano la creazione di un videogioco e regolano i rapporti tra publisher e team di sviluppo. Rimane il fatto che a un certo punto lo sviluppo di Bayonetta 2 venne interrotto, con la quasi certezza che mai più sarebbe ripreso, perché di soldi per portarlo avanti non ce n'erano.
Fu proprio allora che arrivò Nintendo a salvare la baracca. Quando Bayonetta 2 venne svelato, durante il Nintendo Direct del 13 settembre del 2012, i giocatori, per certi versi anche comprensibilmente, si irritarono per il fatto che il gioco fosse esclusiva Wii U. “Ma come”, dicevano, “abbiamo comprato Bayonetta su PlayStation 3 e Xbox 360, ne abbiamo decretato il successo e ora ci togliete la possibilità di tornare ad ammirare la splendida strega e di godere delle sue strepitose doti mazzuolatrici?” La risposta che arrivò per bocca di Atsushi Inaba, producer del gioco, spazzò il campo da ogni equivoco: “senza Nintendo Bayonetta 2 non sarebbe mai esistito.”
Ecco quindi che quello che sembrava quasi un furto ai danni delle altre piattaforme di gioco si rivelò per quello che realmente era. Nintendo era stata la sola a credere nel progetto (voci vogliono che il franchise fosse stato offerto anche ad altri), ci aveva messo i soldi e quindi Bayonetta 2 sarebbe stato un'esclusiva per Wii U: chiaro e conciso.
Che rischio che abbiamo corso
E per fortuna che arrivò Nintendo, perché cosa ci saremmo persi senza il suo intervento. Bayonetta 2 è sicuramente tra i migliori action di sempre, forse addirittura l'inarrivabile vetta del genere tutto. Fa tutto quello che fa il primo capitolo e lo eleva a potenza in maniera travolgente, forse anche eccessiva, perché si concede delle aggiunte e delle divagazioni che il suo predecessore non osava. Può capitare, allora, che discutendo tra appassionati su quale sia il migliore della coppia qualcuno ritenga che il primo capitolo gestisca nella maniera ideale il rigore di un impianto di combattimento spettacolare e caciarone certo, ma soprattutto calibrato al millimetro.
Bayonetta 2 se ne prende di libertà invece, eccome, infilando nel sistema di combattimento elementi che sono lì lì a un passo dal risultare sbilanciati, ma che nel tripudio di mazzate generato da un aumento del livello generale dell'azione hanno una coerenza assoluta, ludica quanto stilistica; ugualmente, si permette anche sconfinamenti in altri generi videoludici, con una noncuranza talmente naturale che ci si esalta e basta, senza minimamente pensare che possano risultare fuori contesto.
Quanto è bello che sia una produzione originariamente destinato all'oblio a sfoggiare picchi così elevati di perizia, stile, inventiva, carattere. Bayonetta 2 contiene quell'energia propria di chi è in cerca di riscatto, convogliata nella maniera migliore possibile: non al servizio di qualcuno (un ulteriore plauso Nintendo se lo merita infatti per non aver mai influenzato il lavoro di PlatinumGames), ma al servizio di se stessi. È una bella storia, quella del gioco, e tra pochi giorni ne potremo accogliere l'evoluzione: non vediamo l'ora.