Atlas Fallen | Recensione - Un guanto per dominarli
Dopo i The Surge, Deck13 ci riprovano con Atlas Fallen, action GDR dotato di un interessante sistema di combattimento.
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a cura di Giacomo Todeschini
Editor
Ci deve volere davvero coraggio a lasciare una strada conosciuta e potenzialmente redditizia per imboccarne una nuova. Una decisione non certo facile, che si porta dietro di sé un’infinità di dubbi e timori, ma che Deck13 ha deciso di prendere con Atlas Fallen. Dopo averci regalato dei soulslike più che convincenti come i The Surge, lo studio tedesco ha infatti deciso di lasciare la strada maestra tracciata da From Software, cimentandosi con l’action GDR in uscita il 10 agosto 2023.
Atlas Fallen è, insomma, un cambio tutto sommato netto con il passato. Per scoprire se la decisione presa da Deck13 si sia rivelata vincente o meno, l’abbiamo messo sotto torchio nell’ultima decina di giorni. Sarà riuscito a convincerci?
Abbiamo recensito il gioco con il seguente PC:
- GPU: Zotac RTX 3070 Twin Edge OC
- MOBO: Asus ROG STRIX Z370-F
- RAM: G.Skill Trident Z RGB 16GB DDR4 3200MHz
- CPU: Intel i5 8600k 3.6 GHZ
- SSD: Sabrent SSD 2TB Rocket NVMe PCIe M.2 2280
- Tastiera: Corsair K70 LUX LED Rosso Cherry MX Brown
- Mouse: Fnatic Flick 2
- Cuffie: Logitech G930
- Monitor: Samsung C27HG 70 Quad HD 144Hz HDR
Un pianeta da salvare
Atlas Fallen è ambientato in un mondo che, seppur non ancor post-apocalittico, è decisamente sulla buona strada per diventarlo. Un potente e decisamente poco benevolo dio ha infatti messo sotto il proprio giogo l’intera popolazione, costringendola a lavorare per lui e minacciandola con delle pericolose e misteriose creature che prendono il nome di spettri. Dove una volta vi erano floride foreste e fiorite pianure ora non c’è altro che un arido deserto, diventato habitat naturale dei minacciosi spettri. A rendere il tutto ancor peggiore sono infine delle inquietanti strutture dedite al controllo ancor più maniacale della popolazione e un'enorme torre dove risiede la divinità corrotta.
L’unica speranza di questo morente mondo è un misterioso guanto, in grado di conferire poteri sovrannaturali a chi lo indossa e di utilizzare a proprio favore l’essenza, un prezioso minerale di cui è pregno il pianeta. In veste di attuali possessori di tale miracoloso artefatto saremmo quindi chiamati a detronizzare la malvagia divinità e a salvare il mondo. La classica normale amministrazione, insomma.
Alla prova dei fatti la trama non racconta nulla di veramente nuovo e si rivela priva di particolari spunti. Personaggi e motivazioni non riescono infatti a colpire nel segno, con la narrativa che si rivela alla fine dei conti tutt’altro che memorabile. Attenzione, non stiamo certo parlando di un qualcosa di malvagio o mal scritto, bensì di un’opera sotto tale punto di vista sufficiente, che non eccelle né delude particolarmente. Un qualcosa, insomma, di passabile; il giusto accompagnamento agli altri aspetti del gioco.
Il potere di un guanto
L’aspetto migliore di Atlas Fallen, inutile girarci troppo intorno, è senza ombra di dubbio alcuno il sistema di combattimento. Deck13 è infatti riuscita a imbastire per l’occasione un action di ottimo livello, non troppo complesso da apprendere ma anche sufficientemente profondo.
Le tre armi a disposizione del giocatore e le svariate abilità, oltre che il grande dinamismo del personaggio, rendono infatti decisamente bene alla prova dei fatti. Non si arriva ovviamente al virtuosismo di un Devil May Cry qualsiasi, ma il panorama complessivo è comunque decisamente roseo e riesce a non deludere neanche gli amanti del genere dal palato più fino. A concorrere in tale direzione è la scelta di dotare gli spettri più potenti di parti del colpo differenti da colpire, proprio come succede in un Monster Hunter, andando così ad arricchire la vena strategica di Atlas Fallen.
Fiore all’occhiello dell’intero sistema di gioco è sicuramente la barra dell’impeto, che ruota attorno al guanto in possesso del protagonista e alle sue customizzazioni. Tale barra è infatti divisa in tre slot differenti, che si riempiono man mano che colpiremo i nemici, senza farci al contempo prendere dagli attacchi avversari. Ogniqualvolta si riuscirà a colmare una parte della barra, sarà possibile avere accesso ad abilità e skill passive della successiva, fino a sbloccare le complete potenzialità del nostro personaggio.
Considerando come a ognuna delle tre sezioni della barra siano assegnabili fino a tre differenti abilità passive e una attiva tra un ventaglio di scelta decisamente ampio, è evidente come il tutto sia particolarmente valido. Oltre a essere significativamente numerose, tali abilità sono poi tra di loro decisamente varie e anche potenziabili, riuscendo a rendere la costruzione del proprio personaggio un punto importantissimo in Atlas Fallen. Siamo infatti pronti a scommettere che passerete decine e decine di minuti a decidere che poteri e abilità portare con voi.
Il climax ascendente della barra dell’impeto non si esaurisce però con l’avere accesso a sempre più attacchi e poteri, ma si arricchisce con tutta una serie di altre peculiarità in grado di premiare i giocatori più talentuosi. Più cresce la barra dell’impeto, ad esempio, più le nostre armi diventeranno grosse e potenti, aumentando ancor di più quella che è la frenesia del gioco.
Da non dimenticare è infine il fatto che è possibile imbarcarsi in Atlas Fallen in compagnia di un amico, con il quale affrontare i vari pericoli del gioco e sbizzarrirsi con le più svariate tattiche e combinazioni. Se aggiungete a tutto ciò una velocità di gioco sostenuta, fino a tre dash consecutivi e la possibilità di ingaggiare battaglia in aria, diventa chiaro come il lavoro svolto da Deck13 sul piano del gameplay sia di assoluto valore.
Non sempre al top
I formidabili poteri del guanto si rivelano fondamentali non solo durante i combattimenti, ma anche per quella che è l’esplorazione di Atlas Fallen. Grazie a essi potremo infatti arrampicarci su delle montagne, scalare edifici in rovina e, anche, oltrepassare imponenti dirupi. Da non dimenticare è poi quella che è la meccanica più scenografica del gioco, ossia la possibilità di scivolare sulla sabbia in totale libertà e completa velocità.
Non mancano poi neanche delle piccole meccaniche alla metroidvania, con i poteri che otterremo man mano nel gioco che si riveleranno utili per ottenere oggetti e scoprire percorsi segreti anche nelle aree precedenti del titolo. Perché, ebbene sì, Atlas Fallen non è un open world, ma un gioco contraddistinto da una manciata di zone differenti più o meno ampie.
Una scelta fatta molto probabilmente da Deck13 per poter utilizzare ambientazioni tra di loro diverse, che sarebbe stato decisamente complesso rendere tra di loro coese in un’unica zona più grande. Proprio sulle zone di gioco, che si sviluppano spesso e volentieri in verticale per consentirci di sfruttare le varie peculiarità del gameplay di Atlas Fallen, è cosa buona e giusta soffermarsi un attimo. Alcune di esse, come ad esempio la città inabissata, sono infatti particolarmente riuscite ed evocative, mentre altre risultano tutt’altro che ispirate. Un saliscendi qualitativo costante, dovuto anche alle ampie distese desertiche che contraddistinguono molte di loro, e che non consente ad Atlas Fallen di ambire a risultati maggiori.
Voto Recensione di Atlas Fallen
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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Gameplay avvincente e profondo
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Alcuni scorci niente male
Contro
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Narrativamente nulla di che
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Level design non sempre convincente