ASTRO BOT: una dichiarazione d’amore ai platform | Recensione
ASTRO BOT è la produzione che non ti aspetti. Capace di sorprenderti e mostrare al mondo cosa voglia dire realizzare un'esclusiva di spessore.
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a cura di Andrea Maiellano
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Nel 1996 Super Mario 64 insegnò all’intero settore le regole base per realizzare un ottimo platform in tre dimensioni: comandi essenziali, immediatezza d’azione, libertà d’esplorazione, difficoltà che scala autonomamente in base alle capacità del giocatore e, soprattutto, il level design a fare da padrone di casa per l’intera esperienza.
Un insieme di dogmi che, in seguito alla rivoluzione dettata da uno dei giochi più importanti degli anni 90, furono abbracciati da un numero altissimo di software house, le quali riversarono sulle varie piattaforme di gioco, un numero abnorme di platform in tre dimensioni dalle più disparate qualità.
La prima, immortale, PlayStation fu la console che vide arrivare il maggior numero di queste produzioni, vuoi per la mole di console vendute globalmente, vuoi perché Sony sembrava essere alla costante ricerca di una mascotte che rappresentasse la sua nuova macchina da gioco.
Fu che così che produzioni quali Ape Escape, Croc, la trilogia di Spyro, i due sequel in tre dimensioni di Gex, Medievil e tantissimi altri, invasero la console di Sony, dando il via al boom dei Collect-a-Thon, ovvero i platform game in tre dimensioni basati sul far esplorare in lungo e il largo il giocatore per reperire decine e decine di collezionabili.
Come ogni moda, però, anche quella dei Collect-a-Thon iniziò a calare nel corso delle generazioni seguenti di console, vuoi perché le produzioni di quel genere, effettivamente di qualità, non erano poi così tante, vuoi perché PlayStation decise di crescere assieme ai giocatori, mutando la tipologia, e le tematiche, delle sue esclusive, allineandole con l’età dei suoi giocatori.
Sony abbandonò persino l’idea di cercare una mascotte, optando per un più sagace collettivo di icone videoludiche che rappresentassero i momenti più importanti della sua storia.
Venne da se che i platform in tre dimensioni divennero merce rara, con Nintendo che domina in quel genere da, oramai, diverse decadi. É vero! I platform non sono morti ma sono davvero poche le produzioni, davvero memorabili, realizzate da software house non di proprietà del Colosso di Kyoto.
Poi, nel 2018, accadde qualcosa di davvero inaspettato: uscì Astro Bot: Rescue Mission, un platform in tre dimensioni, realizzato appositamente per PlayStation VR, che mostrò a Sony che, fra le sue fila, c’era uno studio che non aveva mai dimenticato l’età dell’oro dei platform e che, sfruttando proprio il robottino che la stessa azienda creò in uno dei numerosi tentativi di realizzare una propria mascotte, produsse un titolo capace di estasiare la critica di tutto il mondo.
Astro Bot: Rescue Mission mostrava chiaramente che Team Asobi (lo studio che se ne occupò) aveva la totale consapevolezza di come realizzare un Collect-a-Thon di qualità, motivo per il quale Sony decise di affidargli un incarico decisamente ambizioso: realizzare un platform, di dimensioni contenute, che presentasse ai futuri possessori di una PS5, le potenzialità del Dualsense, l’avveniristico controller che avrebbe accompagnato la quinta console targata PlayStation.
Quanto sia emblematico il fatto che Astro’s Playroom sia stato, almeno fino a oggi, una delle esclusive migliori per PS5 è noto a tutti, ma Sony lo aveva già capito prima ancora di rilasciare sul mercato la sua nuova console, motivo per il quale già nel 2020, avendo compreso di avere fra le mani, finalmente, una mascotte tutta sua che potesse rappresentare PlayStation, commissionò a Team Asobi lo sviluppo di ASTRO BOT, un Collect-a-Thon che si è rivelato essere una fra le migliori (se non addirittura la migliore) esclusiva attualmente disponibile su PlayStation 5.
Stessa storia, nuovo giorno
La storia di ASTRO BOT è essenziale, esattamente come ci si aspetterebbe dal più canonico dei platform. Astro e i suoi amici sono a bordo della loro navicella spaziale, ovviamente a forma di PlayStation 5, quando si scontrano, sfortunatamente, con il temibile alieno senza nome già visto nelle iterazioni precedenti della serie.
Sorpreso dal fortuito incontro, l’alieno distrugge la PlayStation 5, ne ruba il processore e lascia cadere Astro, le centinaia di Bot a bordo della navicella e i resti di quest’ultima, nell’atmosfera.
Dopo essere stato rianimato dal suo fido DualSense, e aver realizzato di essere precipitato in un pianeta desertico, Astro dovrà ritrovare i pezzi della sua navicella, salvare i 300 Bot sparsi per la galassia e sconfiggere il temibile alieno senza nome per recuperare il processore della sua PlayStation 5.
Per riuscire nella sua missione, Astro potrà fare affidamento sul suo DualSense volante, che gli permetterà di esplorare le galassie nei dintorni del punto in cui è precipitato, per recuperare i suoi amici e fare scorta di altri collezionabili che lo aiuteranno nella sua impresa.
Se tutto questo vi sembra fin troppo demenziale, ricordatevi che sono più di 35 anni che un idraulico baffuto salta a destra e a manca per salvare una principessa che viene rapita sempre dallo stesso soggetto… quindi non sottilizziamo.
Le regole di un buon platform
Team Asobi sembra aver seguito pedissequamente una checklist con scritte sopra le regole per realizzare un buon platform, visto che ogni aspetto che compone ASTRO BOT le rispetta perfettamente.
Astro può compiere quattro azioni base: saltare, effettuare una planata (capace di danneggiare i nemici), dare pugni e usare il power-up che, in alcuni livelli, gli verrà assegnato…. fine.
Team Asobi sa bene che non servono decine e decine di comandi per rendere “ricco” un sistema di controllo e infatti, ha puntato tutto sul level design e sulla varietà di situazioni che Astro dovrà affrontare nei vari livelli.
Difatti, non appena si va ad analizzare più approfonditamente il level design di ASTRO BOT, ci si rende conto che il lavoro svolto è letteralmente fuori scala. Per quanto gli obiettivi da portare a termini siano sempre gli stessi in ogni livello (salvare un numero definito di Bot, recuperare dei pezzi di puzzle e, in alcuni casi, trovare un portale per un livello segreto), sono il come, e il dove, li si porterà a termine che riescono a stupire costantemente il giocatore.
Vi ricordate che in Super Mario 64 ogni livello era, in realtà, una macro area tematica da esplorare in lungo e in largo per recuperare stelle e monete rosse? Ecco in ASTRO BOT la stessa formula viene applicata in livelli di dimensioni più compatte, per certi versi più lineari, ma caratterizzati da una densità e un’originalità di situazioni al limite del soverchiante.
Pur essendo suddiviso in mondi, o galassie se preferite, sarà davvero difficile trovare due livelli che presentino le stesse meccaniche. Ogni stage che compone ASTRO BOT è un micro-cosmo a se stante, con le sue regole e le sue peculiarità.
Potrete decidere autonomamente di percorrere in volata uno stage, impiegando una manciata di minuti per raggiungere il traguardo, oppure di spendere decine di minuti nello stesso livello per esplorarne ogni centimetro, cercando di recuperare tutti i collezionabili, scovarne ogni segreto e ammirando l’estrema cura del dettaglio che il Team Asobi ha infuso in ogni pixel della sua ultima opera.
L’aspetto più sorprendente è proprio quando si realizza in prima persona che ogni livello, apparentemente lineare e facile da portare a termine, nasconde al suo interno una pletora di biforcazioni, di piattaforme nascoste, di segreti e di situazioni peculiari, tutte collegate tra loro con una naturalezza, e un’armonia, che lascia, letteralmente, a bocca aperta.
Un grosso plauso va fatto anche ai Power-Up presenti in ASTRO BOT, i quali non vengono mai donati al giocatore in maniera casuale, ma vengono concessi solo quando si rivelano utili in termini di level design.
Questi ultimi spaziano da cani-razzo (capaci di sparare Astro in linea retta per qualche metro), a scimmie con mani prensili (che permetteranno al robottino di lanciare pietre di misure diverse, oltre che di arrampicarsi sulle pareti rocciose), fino al nostro preferito: un topo che permette di rimpicciolire Astro a piacimento, riuscendo a trasformare degli interi livelli in enormi playground dove giocare con le dimensioni del protagonista per scovare i segreti più remoti.
Ad adornare tutto questo ci pensa una sapiente implementazione del DualSense che, esattamente come già visto in Astro’s Playroom, in questa sede mostra tutto il suo potenziale.
Il feedback aptico viene utilizzato non solo per far percepire il passaggio di Astro sulle varie superfici, ma anche per risolvere dei simpatici puzzle ambientali; il motion control serve per spostarsi con il DualSense volante e per interagire con gli altri Bot una volta ritrovati; soffiare nel controller è richiesto per superare alcuni ostacoli, così come i grilletti adattivi compiono il loro lavoro quando è necessario aggrapparsi alle pareti o utilizzare qualche strumento meccanico.
Insomma il DualSense brilla letteralmente di luce propria durante tutta l’esperienza, ma Asobi è stata molto intelligente nel non renderlo indispensabile. Non vi piacciono i motion control? Potete disattivarli e usare l’analogico. Non volete soffiare? Potete, in alternativa, sfruttare l’aria generata da un pugno caricato di Astro. Siete parte di quei giocatori che disattivano la vibrazione? Gli enigmi basati sul feedback aptico mostrano anche un suggerimento visivo quando toccate la parte giusta dell’ambientazione.
Vi potrebbe sembrare assurdo il fatto di escludere un’insieme di feature così caratteristiche, e perfettamente implementate nel game design, ma è solo che encomiabile il fatto che Team Asobi abbia pensato a tutte le potenziali tipologie di giocatori presenti nel Mondo e al fatto che, molti di loro, siano ancorati a sistemi di controllo più tradizionali.
Tantissimo da fare ma mai ripetitivo
Come avrete capito, giunti a questo punto, ASTRO BOT è a tutti gli effetti uno dei milgiori esponenti del genere dei Collect-a-Thon. Per progredire nella storia principale, difatti, sarà sempre necessario avere ritrovato un numero minimo di Bot che permettano ad Astro di accedere ai livelli successivi.
Da buon platform “vecchia scuola”, portare a termine l’avventura senza curarsi di recuperare tutto, vi impegnerà per meno di una decina di ore, ma nel momento in cui deciderete di raccogliere ogni singolo collezionabile, la durata del gioco aumenterà vertiginosamente, garantendovi tra le 20 e le 30 ore di gioco (in base alla vostra affinità con il genere).
In ogni livello base, sarà presente un numero di Bot definito, qualche pezzo di puzzle e qualche volta un portale dimensionale che vi permetterà di accedere a degli stage segreti.
La cosa sorprendente è che Team Asobi è riuscito a rendere interessante la ricerca di ogni singolo collezionabile. I Bot, oltre a permettervi di accedere alle aree successive, vi serviranno per poter ottenere altri collezionabili all’interno del Campo Base (ovvero il pianeta dove Astro precipiterà a inizio gioco).
I pezzi di puzzle, invece, serviranno per sbloccare delle stazioni di servizio proprio all’interno del Campo Base, le quali vi permetteranno di spendere le monete ottenute nei vari livelli, per acquistare degli oggetti cosmetici. Questi sono ripartiti in: colorazioni per il DualSense volante, costumi per Astro, oggetti unici che permetteranno di sbloccare dei segreti nel Campo Base e una pletora di strumenti da donare ai Bot dedicati all'universo di PlayStation.
Il fatto che ASTRO BOT riesca a scalare la difficoltà in maniera naturale, senza bisogno di selezionarla da un menù, è un'immenso punto di forza. Il gioco, difatti, riesce a non risultare mai eccessivamente semplice, nemmeno per chi mangia pane e platform da oltre trent’anni.
Abbiamo apprezzato la scelta degli sviluppatori di non mettere alcun numero di vite. Una decisione che permette di non rallentare mai il ritmo del gioco. In ASTRO BOT si muore, e si rinasce, in una manicata di secondi, senza dilatare troppo i tempi di attesa.
Per un giocatore alle prime armi i livelli base offrono una curva della difficoltà armoniosa e mai troppo ostica; per quelli più navigati, la ricerca dei Bot, e dei vari segreti sparsi nei livelli, diventa sempre più impegnativa a ogni stage, mentre per i giocatori esperti, ci pensano i livelli segreti a far sudare quel tanto che basta da non far mai sembrare ASTRO BOT una passeggiata in riva al mare.
Volendo appuntare quello che, forse, rappresenta l’unico difetto dell’ultima produzione di Team Asobi, è l’impossibilità di gestire manualmente la telecamera. Manca una funzione apposita e quando si sposta l’analogico destro per sistemare la camera, in modo tale da ottenere l’angolazione migliore per superare le sfide più ostiche, dopo pochi secondi ritorna dietro alle spalle di Astro, andando a generare dei fastidiosi momenti da trial and error nei livelli più complessi.
L’essenza di PlayStation
ASTRO BOT è un'enorme celebrazione all’essenza di PlayStation. Non alle sue esclusive, non alle sue icone proprietarie ma a tutte quelle produzioni che, nel corso di tre decadi, hanno permesso a PlayStation di assumere il significato di “console da gioco”.
Volevamo escludere a priori questa parte per non rovinarvi la sorpresa, ma visto che già nei trailer di presentazione si vedono numerose comparsate di “volti celebri”, abbiamo deciso di parlarvene facendo il minor numero di spoiler possibile.
In ASTRO BOT, più della metà dei Bot che salverete, saranno delle caricature di personaggi di videogiochi famosi. Ognuno di loro rappresenterà un titolo, first party o di terze parti, che ha reso famosa la console di Sony. Non ci sono solo i protagonisti delle esclusive PlayStation Studio, ma qualunque personaggio abbia aiutato a rendere celebre il nome della console in tutti questi anni.
Ognuno di loro, inoltre, avrà a disposizione degli oggetti cosmetici esclusivi, i quali potranno essere ottenuti nel Campo Base e che permetteranno di rappresentare al meglio il loro gioco di provenienza, garantendo un livello di fan service davvero enorme.
Se tutto ciò non bastasse, Team Asobi ha avuto la geniale pensata di selezionare alcuni di questi personaggi e di cucirci attorno dei livelli che rappresentino, e riproducano in forma parodistica, il gioco da cui provengono.
Non vi anticipiamo nulla in merito, perché sarebbe da veri criminali, ma sappiate che vi ritroverete a giocare delle micro versioni di altri titoli, realizzati con una cura talmente maniacale da portarvi a volerne di più o, addirittura, da sperare che Team Asobi realizzi un gioco di Astro interamente strutturato in questa maniera.
Laddove siamo sicuri che i giocatori degli anni 80 e 90 ricorderanno praticamente tutte le comparse presenti in ASTRO BOT (alcune ci hanno sbloccato dei ricordi incredibili di opere di cui non ci rammentavamo più), siamo curiosi di scoprire le reazioni dei giocatori più giovani, i quali con molta probabilità non conosceranno la provenienza di molteplici citazioni.
Tecnicamente fuori scala
Potremmo iniziare un lunghissimo paragrafo per raccontarvi quanto sontuoso sia il comparto tecnico di ASTRO BOT, ma diventerebbe lungo quanto il resto dell’analisi che state leggendo, motivo per il quale ci limiteremo a dirvi che si tratta di un lavoro semplicemente fuori scala.
Tecnicamente parlando, non ci sono cali di framerate (sempre ancorato a 60 fps), nessun episodio di input lag, gira a una risoluzione di 4K upscalati e, semplicemente, è una delle produzioni più pulite, e meglio ottimizzate, a cui abbiamo messo mano in questo 2024.
Sul versante artistico, la cura dei dettagli è, anche li, oltre misura. In più di una situazione abbiamo ritrovato la stessa cura che Nintendo ripone in ogni sua opera. Ogni ambientazione, ogni personaggio, ogni dettaglio, ogni animazione... tutto è curato in maniera maniacale.
Le ambientazioni sono vive, costantemente in movimento e ci si può perdere per interi minuti a guardare cosa succede attorno ad Astro. Volendo parlare della fisica del gioco, al netto di una interattività ambientale non elevatissima (per quanto tutto quello che venga toccato da Astro si muova leggermente), quando inizieranno a piovere cocci, frutti, pixel e qualsivoglia oggetti di piccole e grandi dimensioni, ci si potrà dilettare nel lanciarlo, spingerlo e spostarlo con una naturalezza davvero difficile spiegare a parole.
Senza contare lo stupore nel notare che, anche quando a schermo ci sono centinaia di elementi interattivi, il comparto tecnico di ASTRO BOT non mostra mai il fianco, riuscendo a mostrarci, finalmente, una produzione Next-Gen (anche se dopo 4 anni non ha più senso chiamare così l’attuale generazione di console).
L’unica sbavatura che abbiamo constatato, per quanto sappiamo sia completamente soggettiva, è una colonna sonora che non riesce sempre a proporre delle tracce memorabili. Alcuni brani sono dei veri e propri tormentoni, mentre altri sembrano giusto dei pigri accompagnamenti realizzati per necessità... ma stiamo parlando di un’inezia se confrontata all’enorme qualità di ASTRO BOT.
Voto Recensione di ASTRO BOT
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
-
Level design sopraffino
-
Gameplay minimale ed essenziale
-
Ricchissimo di contenuti
-
Curato in ogni dettaglio
Contro
-
Assenza di una telecamera manuale nelle fasi più complesse
-
Alcuni momenti eccessivamente Trial and Error
Commento
Informazioni sul prodotto
ASTRO BOT