Sarò abbastanza sincero nei vostri confronti: dovessi scommetterci, punterei sul no. Credo, piuttosto, che il prossimo capitolo della serie sarà proprio il tanto chiacchierato Rift, esperienza nata prima sotto forma di DLC/espansione, e soltanto dopo traslata in gioco standalone capace di reggersi sulle proprie gambe. Vi ricordo inoltre che il protagonista, sempre stando ai vari rumor, dovrebbe essere Basim, personaggio secondario di Assassin’s Creed Valhalla (la nostra recensione) legato all’ordine degli assassini.
In questa rovente estate, tuttavia, voglio anch’io sognare e accendere la fantasia, immaginando un remake completo delle avventure (o disavventure) di Altaïr. Proviamoci, dunque: supponendo sia un avvenimento realistico, proviamo insieme ad immaginare le necessità e la realizzazione di un progetto del genere, ma non prima di aver messo sotto la lente d’ingrandimento la casa madre, quella Ubisoft che è tanto cambiata nel corso degli anni.
Ubisoft e i bei tempi andati
“I tempi cambiano”. Si dice così, giusto? Credo di sì, ma aggiungerei un bel “non sempre nel migliore dei modi.” E credo proprio sia il caso di Ubisoft, azienda ancora oggi in salute, con tanti franchise e un bel fatturato sulle spalle, ma incapace di soddisfare i giocatori più legati alla storicità di alcuni grandi nomi dell’industria e, in generale, di accontentare unanimemente la critica.
Ubisoft è cambiata, a vista d’occhio e in modo radicale, al punto che se facciamo un passo indietro e ripensiamo ad alcune idee, intuizioni, a dei concept dietro alcuni progetti, ci sembrano quasi appartenere ad un’altra azienda, alla Ubisoft che non esiste più, probabilmente. In genere non mi piace guardare troppo al passato e criticare aspramente il presente, ma dinnanzi ad una crisi produttiva di questo tipo, che snatura sensibilmente nomi storici a cui i giocatori restano tanto legati ancora oggi, vale la pena abbandonarsi alla nostalgia, perché se proprio devo smettere di sognare, preferisco continuare a farlo con l'immaginazione e pescando tra i ricordi di un tempo.
Perché dico questo? Perché sono capriccioso, sbatto i piedi per terra e chiedo a Ubisoft di tornare ad essere quella di un tempo? Assolutamente no. Ciò che chiedo e spero Ubisoft migliori nel giro di qualche anno, sono le idee dietro ai progetti, al momento troppo derivative e vicine ai trend del momento. Per carità, lo sappiamo tutti come funziona: parliamo pur sempre di un’azienda che deve fatturare e sente addosso la responsabilità di gestire migliaia di dipendenti; ma quello che non dovrebbe mai capitare, almeno dal mio punto di vista, è la totale assenza di qualunque ambizione creativa, di quei progetti lavorati prima con il cuore che con la testa. All’interno di una realtà così grossa, ci si aspetta eccome di vedere progetti rischiosi o creativi come il Valiant Hearts di qualche anno fa; oppure, tornando ancora più indietro, tutti quei progetti sì molto grandi e ricchi di investimenti, ma lontani dalle dimensioni di un Assassin’s Creed Valhalla, lontani dal contesto open world massivo.
Se tutto questo, Ubisoft, non riesci più a farlo, se non riesci a far convivere passato e presente, ad accontentare vecchi e nuovi appassionati... allora tanto vale tornare indietro e sviluppare il remake di Prince of Persia e Splinter Cell (che stai già lavorando da un po’ di tempo), e magari anche quello del primo Assassin’s Creed.
Ci tenevo particolarmente ad affrontare questo argomento, prima ancora di raccontarvi nello specifico l’ipotetico remake del primo Assassin’s Creed. Il motivo? Beh, è presto detto: abbiamo affrontato molte volte, durante gli ultimi anni, l’argomento remake, e spesso con accezione negativa, urlando alle case di sviluppo di volere delle IP nuove, non gli stessi giochi del passato. Però, ogni tanto sbagliamo, e se guardiamo anche solamente per un attimo a software come Capcom, ad esempio, capiamo che operazioni di questo tipo possano anche ripulire a nuovo un nome, cambiare l’opinione generale e farti tornare ad essere una casa di sviluppo amata. Certo, Capcom lo ha dimostrato anche con altri titoli, non solamente con i remake di Resident Evil; ma per Ubisoft, un futuro del genere, potrebbe essere un vero e proprio toccasana, a patto di non abusarne e di continuare a sfornare anche dei nuovi titoli, magari anche ambiziosi come sembrerebbe esserlo il tanto rumoreggiato Assassin’s Creed Infinity.
Assassin’s Creed Remake: ha senso, ma è un’operazione impegnativa
Proprio in questi giorni, dopo l’annuncio da parte di Sony del remake di The Last of Us (il nostro articolo a riguardo), è esploso nuovamente il dibattito: remake sì, oppure no? A proposito del primo Assassin’s Creed, nonostante ci creda poco nell’operazione, la mia risposta sarebbe sì. Il tanto ambizioso, primo capitolo della saga degli assassini, è invecchiato molto male, ma non tanto nell’aspetto grafico, bensì nelle meccaniche di gioco e nel quest design. Quindi, il solo pensiero di poterlo rivivere ammodernato e disponibile sulle nuove console, mi manda il cervello in brodo di giuggiole. Ma come me lo immagino, esattamente?
Abbastanza classico, un prodotto Ubisoft sì moderno da un punto di vista tecnico e con un gameplay svecchiato e rivisto da zero, ma fedele fino al midollo ai concept originali. E dico questo perché l’idea di avvicinarlo alle più moderne e massive produzioni Ubisoft, sarebbe davvero una follia, nonché uno schiaffo a tutta la community. Tuttavia, considerata la Ubisoft attuale, rimane pur sempre una considerazione da non scartare. Detto questo, Assassin’s Creed era e rimane ad oggi un gioco che merita rispetto, sia dalla casa di sviluppo, nel caso in cui volesse farne un remake, sia dagli appassionati. E lo merita perché nel 2007 è stato un progetto davvero avanguardistico nella tecnica, nelle atmosfere e nei toni utilizzati nel racconto, che restano ancora oggi insuperati all’interno della saga. Addentrarsi nella Gerusalemme del 1191, scorgerne i pericoli, udire le richieste di aiuto da parte di civili soggiogati...oggi come ieri, sorprende ed emoziona, come riescono ancora a fare i confronti tra Altaïr e il suo maestro Al Mualim, scritti con una maestria che non passa di certo inosservata. Come dimenticare, poi, le tematiche, capaci di raccontare uno spaccato della religione davvero oscuro, un vero e proprio brainwashing, una setta che agisce seguendo dei principi specifici.
Ne sono certo: tra di voi ci saranno sicuramente tanti estimatori del primo Assassin’s Creed, ma ce ne saranno altrettanti che lo hanno detestato a causa di una certa ripetitività di fondo. Ecco perché, tutto sommato, voglio credere in questo remake, perché vorrei tanto che chi lo ha accantonato ai tempi lo riscoprisse in una nuova veste, e chi lo ha già apprezzato e ne ha scorto l'unicità e il potenziale, riceva finalmente un’esperienza in grado di esprimere appieno tutte le idee presenti nel concept originale. Un Assassin’s Creed, insomma, che ci racconti sì la storia che abbiamo amato quindici anni fa, ma che lo faccia con un linguaggio registico differente e più attuale, e seguendo uno schema di missioni meno ripetitivo e scontato, potenziando a dovere tutte le meccaniche di gioco. Una simile operazione, se realizzata nel modo giusto, potrebbe persino spingere Ubisoft a riprendere tante delle idee scartate riguardanti la Terra Santa e Altaïr per sviluppare una vera trilogia per le nuove console, come accadde con Ezio Auditore. In definitiva, quindi, ci voglio credere: ne beneficerebbe Ubisoft e noi appassionati.