In tutto ciò, però, c’è una cosa che continua a turbarci oramai da mesi: l’idea di prendere un videogioco, in questo caso Valhalla, ed utilizzarlo come contenitore di contenuti senza preoccuparsi di deviare troppo dalla formula originale e dai tratti distintivi, ci spaventa non poco. Tra combattimenti con lupi giganti e draghi, crediamo di averne viste davvero di tutti i colori nell’avventura di Eivor, e se da un lato siamo in parte contenti di avere costantemente degli stimoli per tornare a giocarci, dall’altra ci ferisce non poco il così spacciato abbandono degli elementi più tradizionali e canonici nella serie. Anche perché, e ci spiace assecondare la community in questi casi, sorge poi spontaneo chiedersi se stia o meno videogiocando un Assassin’s Creed.
Detto ciò, abbiamo passato un’intera giornata a testare l’ultimo DLC di Valhalla, e all’interno di questo articolo, che non è una recensione, vi diciamo cosa ne pensiamo e se ne suggeriamo il download, disponibile gratuitamente per tutti i possessori del gioco base.
Un viaggio nell’inferno
Come è ormai abitudine fare in Assassin’s Creed Valhalla, il tutto comincia sempre a Ravensthorpe, il villaggio del clan del Corvo. Un nuovo personaggio giungerà infatti nel nostro accampamento e comincerà a farneticare in merito ad alcuni, apparentemente improbabili, giochi mentali, in particolare alla possibilità di portare nel mondo reale un oggetto apparso in sogno. La cosa suonerà abbastanza sospetta alla veggente Valka, che si interesserà immediatamente all’accaduto e ci manderà in sogno mediante le solite pozioni che ci hanno teletrasportato ad Asgard e Jotunheim nelle precedenti avventure mitologiche. Fatto ciò, torneremo nuovamente ad impersonare i panni del Padre di tutti gli Dei, Odino, questa volta impegnato nella ricerca del figlio perduto, che vuole riportare indietro direttamente da Hel, esattamente come fatto dalla new entry a Ravensthorpe con un oggetto. Quanti tentativi saranno necessari per riuscire nell’impresa non sembra interessare al nostro avo, ed è in questo modo che Ubisoft introduce, almeno narrativamente, le meccaniche rogue-lite che i giocatori PlayStation hanno avuto modo di familiarizzare con titoli come Returnal o Deathloop. Prima del consueto salto della fede, però, il giocatore ha modo di esplorare, almeno parzialmente, quello che diventerà presto l’hub centrale del DLC, un luogo in cui fare ritorno dopo ogni morte, acquisire nuove abilità, acquistare dei bonus e cambiare set di vestiti. Catapultandoci nel primo stage, invece, inizia realmente la nostra esperienza, in un ambiente completamente innevato che ha il compito di farci sentire in un luogo freddo, in contrasto con ciò che vedremo qualche sfida più tardi man mano che ci avvicineremo al nostro obiettivo.
Piccola precisazione: nel momento in cui scriviamo questo articolo, fatichiamo ancora a capire se le mappe siano fisse o dinamiche dopo ogni morte, rielaborate per dare ad ogni restart la sensazione di star affrontando una challenge inedita. L’idea che ci siamo fatti è che a cambiare non è la conformazione degli scenari, bensì il loot e le tipologie di attività al loro interno, siano esse delle abilità, delle armi o delle rune da raccogliere; in sostanza, non le troverete più nello stesso posto. Questo loop di gameplay, però, nonostante possa dare l’idea di essere ripetitivo a causa della staticità degli scenari, si riprende grazie ad un level design e ad una conduzione artistica più che discreti, abbastanza intriganti. Una volta atterrati, infatti, ed equipaggiati gli strumenti quali spada, scudo e arco generati casualmente dal gioco ad ogni avvio, sarà fondamentale procedere con molta calma verso uno dei tanti punti di interesse, divisi - come dicevamo prima - in armi, rune e abilità. Sarà necessario approcciare il tutto con molta calma perché la salute del nostro Odino non potrà essere ripristinata con le razioni, come succede nel gioco principale, necessariamente una volta raggiunti degli altari che ritraggono un imponente cervo. In questo modo, il giocatore si sentirà costantemente in pericolo, e dovrà ponderare i combattimenti o gli assedi furtivi, decidendo se valga o meno la pena rischiare per l’ottenimento di un’arma o una runa che potrebbe facilitare non poco il temibile scontro con il boss collocato a fine stage.
In sostanza, è così che funziona, area dopo area, da fronteggiare sfruttando le medesime meccaniche di gameplay già viste nella main quest e nelle successive espansioni, inclusa L’alba del Ragnarok. Meccaniche che, proprio in questi giorni che abbiamo ripreso in mano anche altri capitoli di Assassin’s Creed per festeggiare il quindicesimo anniversario della serie, ci sono parse parecchio impacciate e forse non propriamente adatte a scontri così caotici o con maestose creature. Il combat system di Assassin’s Creed Odyssey, ad esempio, a nostro avviso il migliore e funzionale della serie, è molto più fluido e reattivo, quindi adatto a situazioni di questo tipo. Effettivamente, tornando nuovamente a chiacchierare di Valhalla, ci chiediamo ancora il perché, e non riusciamo a venirne a capo; non capiamo perché Ubisoft abbia deciso di appesantire e rallentare così tanto i movimenti del personaggio, le scalate, i tempi di schivata e contrattacco, e via discorrendo. Sì, impersoniamo un vichingo carico di armi ed equipaggiamenti, ma da quando è un problema? Non bisogna per forza renderlo pesantissimo e peggiorare la godibilità generale dell’esperienza, solamente per rendere più credibile il controllo del personaggio. Tutto questo per dirvi che potreste avere qualche grattacapo durante alcune situazioni un po’ concitate e negli incontri con i boss, che sono enormi e molto veloci. Precisiamo che la velocità di reazione del nostro personaggio è possibile incrementarla sbloccando alcuni talenti, le abilità, riciclate per la maggiore dal gioco principale e da sbloccare mediante una valuta ottenibile in-game, stage dopo stage, morte dopo morte, ma nemmeno dopo l’ottenimento di queste abilità riuscirete a scrollarvi di dosso la frustrazione dovuta ai lenti movimenti di Eivor.
Tirando le somme
Ci siamo divertiti? Torneremo a giocarci? Probabilmente sì, anche perché abbiamo ancora un conto in sospeso con un certo drago, dei vestiti da sbloccare e dei talenti da ottenere. E suggeriamo anche a voi di imbarcarvi in questa strana avventura, ancora una volta mitologica, ancora una volta inedita per il franchise, ancora una volta distante dagli elementi più canonici della serie.
Guardando al futuro, a quel gioco chiamato Infinity che potrebbe seriamente rappresentare una svolta epocale per la serie, speriamo tanto che l’idea di trasformare Assassin’s Creed in un gioco live service non diventi una scusa per deviare a più non posso dai capitoli più tradizionali, bensì un modo per abbracciare nuovamente alcune dinamiche oramai sepolte da tempo. Non vogliamo un gioco contenitore, insomma, solo un enorme hub all’interno del quale selezionare significative esperienze single player da vivere in Italia, in tutta Europa e nel mondo intero. Lo scopriremo, forse, questo settembre; nell’attesa, non ci restano che draghi da ammazzare e strane abilità da utilizzare per fronteggiare nemici che sembrano arrivare dall’ultimo God of War.