Anthem Recensione

Dopo aver passato piu di cinquanta ore a sorvolare i cieli di Bastion, analizziamo nel dettaglio l'opera di Bioware nella nostra recensione di Anthem.

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a cura di Andrea Maiellano

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L'ultimo quinquennio videoludico ha visto una sostanziale crescita dei celebri Game as a Service, o Live Game che dir si voglia. Titoli sviluppati con il preciso obbiettivo di durare per un periodo prolungato di tempo attraverso il rilascio di costanti aggiornamenti atti a introdurre elementi di gioco nuovi per espandere l'esperienza finale. Merce comune fra gli utenti PC, che videro nel titanico World Of Warcraft l'esponente più famoso del genere, i Game as a Service attraversarono una diffusione esponenziale nel panorama console grazie a quel Destiny che, fra amore e odio, regalò al genere una seconda giovinezza e alle software house nuovi spunti per il futuro.

La creatura di Bungie, difatti, pur non essendo il primo esperimento del genere ad affacciarsi sul mercato delle console, fu sicuramente quello più celebre, in grado di generare in breve tempo una "corsa all'oro" fra gli studi di sviluppo più famosi per creare prodotti analoghi. E così dopo essere stati Guardiani, aver combattuto fra le fila della Divisione ed essere sopravvissuti ad apocalissi atomiche ci ritroviamo oggi a indossare uno Strale, l'avveniristica armatura che i ragazzi di Bioware ci mettono a disposizione per avventurarci all'interno di Anthem, il loro esponente del genere.

Vi anticipiamo subito, prima di addentrarci nel cuore della nostra analisi, che questa recensione tiene in considerazione l'offerta contenutistica proposta da Anthem nel momento del suo rilascio sul mercato, senza considerare il caos generato dall'attuale accusa di downgrade grafico, le critiche per l'assenza di un comparto competitivo o la longeva roadmap di aggiornamenti e novità presentata da EA nei giorni scorsi. La nostra analisi verterà sul prodotto che i giocatori potranno acquistare a partire dal 22 Febbraio, contestualizzandolo al genere a cui appartiene, provando anche ad affiancarlo ai suoi principali competitor. Vi consigliamo dunque un'attenta lettura delle -molte- righe successive, redatte con la scopo di provare a comunicare nel miglior modo possibile cosa la nuova creatura di EA e BioWare ha veramente da offrire, quali sono i suoi pregi e difetti, e soprattutto se al netto di tutte le considerazioni possa valere o meno l'acquisto.

In una galassia lontana lontana

Bioware ha da sempre viziato i giocatori con archi narrativi solidi, ispirati e ambientati in universi di gioco ricolmi di una mitologia ricca e affascinante. Con Anthem la tradizione si ripete fedelmente, immergendo il giocatore in un universo narrativo pieno di vita, leggende passate e una stratificata mitologia. L'Inno della Creazione è il fulcro dell'intero universo di Anthem, un incredibile potere in grado i plasmare i mondi, originariamente controllato dagli Dei e ora libero di agire indisturbato a causa della misteriosa dipartita dei suoi detentori. L'instabilità dell'Inno si è riversata nell'intero ecosistema di Bastion, il pianeta in cui si svolgeranno le nostre avventure, generando creature dall'aspetto mostruoso e cataclismi di varia natura.

In questo atipico scenario post-apocalittico il genere umano reagisce attraverso la creazione degli Strali, armature tecnologicamente avanzate costruite per poter difendere la popolazione dalle minacce imminenti. Un universo di gioco costellato di razze primitive, fazioni umane che lottano per il controllo del potere dell'Inno e cataclismi elementali dall'incommensurabile potere, faranno da palcoscenico per le gesta del nostro protagonista, un ex pilota di Strali che, vittima di un disastro climatico generato dall'Inno, lotterà per ricostruire il senso di fiducia del genere umano verso gli Specialisti, piloti temerari considerati in passato alla stregua di eroi leggendari.

Non vogliamo anticiparvi null’altro sull’arco narrativo principale di Anthem per non rovinarvi il piacere della sorpresa ma possiamo senza remore affermare che ci troviamo di fronte a una trama che seppur ben confezionata, non eccelle al livello delle opere precedenti di Bioware. I colpi di scena, seppur prevedibili, non mancano e in linea generale la storia funziona e mantiene alta l’attenzione del giocatore. Probabilmente dovuta alla tipologia di produzione di riferimento, possiamo notare una minor stratificazione degli accadimenti principali lasciandoci una sensazione generale, una volta conclusa la campagna, di aver assistito a una storia interessante all’interno di un mondo molto più vasto e attraente.

Nelle circa 15 ore necessarie per portare a termine la campagna principale, difatti, i documenti sparsi per il mondo di gioco, i personaggi secondari che popolano Fort Tarsis e gli oggetti che raccoglieremo sul nostro cammino, andranno ad aggiungere un numero sempre maggiore di testi all’interno del Cortex, una piccola enciclopedia nella quale perdersi leggendo un numero sempre maggiore di informazioni sull’universo di gioco e sui suoi abitanti. Al minutaggio necessario per  completare l’arco narrativo principale si possono aggiungere un’altra decina di ore abbondanti per completare ogni sotto trama connessa con i personaggi secondari, esplorare tutti i punti di osservazione presenti nel mondo di gioco e sviscerare tutti gli aspetti che separano il giocatore da quello che è l’effettivo “endgame” di Anthem.

Prima di addentrarci nel delicato argomento che è appunto l’endgame, vogliamo soffermarci su alcuni punti deboli riscontrati nella campagna principale. Primo su tutti la ridondanza con cui vengono gestite le dinamiche di gioco. Ogni missione della storia viene accomunata a una spedizione, il giocatore partirà da Fort Tarsis con il suo Strale, seguirà le vicende collegate alla trama, verrà portato a una schermata di risultati di fine missione e si ritroverà nuovamente al forte, dove tutti i personaggi secondari avranno qualcosa di nuovo di cui discutere per aumentare le nostre conoscenze sull’universo di gioco. Una volta parlato con tutti, si prenderà una nuova missione, accompagnata talvolta da una cinematica, e si ripartirà con il proprio Strale verso l’atto successivo. Se nelle prime ore di gioco questa formula risulta interessante, la costanza con cui viene proposta genererà un latente senso di tedio che porterà il giocatore ad atterrare a Fort Tarsis, passare alla quest successiva e ripartire, evitando ogni dialogo addizionale, cercando di non interrompere massicciamente l’azione di gioco.

Sempre in merito al rallentamento delle dinamiche di gioco non possiamo ignorare una gestione dell’interfaccia utente incomprensibilmente macchinosa e anacronistica. Una volta parlato con un personaggio che ci offrirà una missione, principale o secondaria che sia, quella diverrà automaticamente prioritaria, ovvero sarà la scelta predefinita quando partiremo da Fort Tarsis. Per cambiare l’ordine delle priorità dovremmo addentrarci nei menù di gioco, trovare la macro sezione in cui è presente la missione che preferiamo giocare, assegnarla come predefinita e finalmente lasciare il forte per lanciarci nell’azione. Se nelle prime ore di gioco questo macchinoso sistema non risulta tedioso, nel momento in cui il forte ci permetterà di accettare missioni principali, contratti e attività secondarie, l'impossibilità di concludere una serie di missioni prima di rientrare a Fort Tarsis, e l’interfaccia utente che risulterà macchinosa anche solo per leggere un documento o consultare la percentuale di conseguimento di una sfida, rallenteranno drammaticamente le dinamiche di gioco.

Insieme è meglio

Il ventaglio di tipologie di gioco offerte per affrontare tutte le attività presenti in Anthem, infine, siamo sicuri che farà storcere il naso a un’elevata fetta di utenti dedita alla fruizione dei contenuti narrativi all’interno di un gioco. La modalità predefinita di gioco offrirà un matchmaking casuale con il quale altri tre giocatori potranno giocare e affrontare assieme a noi ogni modalità di gioco presente. Se questa funzione si potrebbe rivelare utile in fase di endgame, oltre a permettere di sfruttare maggiormente l’ottima stratificazione del gameplay offerto da Anthem, durante la campagna principale vi potrebbe far unire a degli utenti che tenderanno a terminare rapidamente le attività impedendovi di godere appieno del mondo di gioco e dei dialoghi fra i personaggi facendovi immancabilmente perdere parte dello stupore che solo le prime ore di gioco all’interno di Bastion potranno regalarvi.

Si potrà ovviamente affrontare la campagna principale in solitaria, chiudendo l’accesso alla propria squadra e godendosi la narrativa senza interruzioni di sorta, ma questa soluzione farà rapidamente mostrare il fianco alla ripetitività dell’azione di gioco offerta dalle missioni di Anthem. L’assenza di compagni di squadra, difatti, renderà meno interessanti le sinergie fra i differenti strali immergendovi all’interno di una formula che vi farà andare dal punto A al punto B riempiendo di proiettili i nemici che si porranno sul vostro cammino mossi quasi unicamente dal voler comprendere la piega che prenderanno gli eventi all’interno dell’arco narrativo. 

La soluzione migliore per godersi l’esperienza offerta da Anthem a 360 gradi rimane quindi quella di giocare assieme a degli amici, incrementando il livello di difficolta per affrontare una sfida stimolante e iniziando a padroneggiare le sinergie fra i vari Strali per avere a disposizione tutta una serie di meccaniche di gameplay che renderanno meno ridondanti le dinamiche delle missioni che andrete ad affrontare. 

Nel blu, dipinto di blu

Analizzando il gameplay di Anthem non possiamo che affermare di trovarci di fronte al punto di maggiore forza dell’intera produzione di Bioware. I primi momenti all’interno del vostro Strale, spesi sorvolando la vegetazione di Bastion, saranno in grado di rapire e convertire anche il più scettico degli utenti. I movimenti risulteranno sempre fluidi e armoniosi, la risposta dei comandi ottimale e girovagare per il pianeta restituirà sempre un senso di appagamento che difficilmente abbiamo provato in altri esponenti del genere. La verticalità offerta dai controlli dello Strale e dagli ambienti di gioco apre ad approcci sempre diversi in termini di esplorazione della mappa e orchestrazione degli scontri a fuoco. Dispiace notare che al momento questa pregevole meccanica venga sfruttata poco dagli avversari sviluppandone flebilmente l’immenso potenziale che potrebbe esprimere durante le fasi di shooting.

Il "gunplay" è quello tipico a cui ci ha abituato nel corso degli anni Bioware con uno stampo tipicamente arcade, a discapito di una fisica maggiormente realistica delle armi, e hitbox sempre precise e affidabili. L’impostazione degli scontri a fuoco, per quanto maggiormente incentrata sull’azione frenetica, richiamerà costantemente quella dei giochi di ruolo con numeri utili a indicare il danno effettuato e una pletora di abilità da concatenare fra di loro per massimizzare la quantità di dolore inflitta ai vostri malcapitati avversari. Il sistema di abilità presente in Anthem ci offre tre differenti azioni, oltre l’immancabile corpo a corpo, tutte utilizzabili rispettando i tempi di ricarica e selezionabili a proprio piacimento da un ventaglio di opzioni davvero invidiabile. A queste abilità si aggiunge una mossa finale, differente per ogni tipologia di strale, atta a massimizzare i danni e renderci invulnerabili per alcuni secondi.

L’ottima realizzazione degli Strali offre, inoltre, approcci completamente differenti all’esperienza di gioco. Cominciando dal Guardiano, bilanciato in tutte le situazioni, passando per i potentissimi attacchi elementali del Tempesta, che però pecca sensibilmente in resistenza ai danni, fino all’atipico Colosso con il suo scudo ideato per assorbire i danni dei nemici più agguerriti; ognuno degli Strali presenti sarà in grado di restituire una risposta realistica in termini di fisicità e abbracciare lo stile di gioco della maggioranza dell’utenza. Le varie sinergie in grado di crearsi, concatenando le differenti abilità, inoltre, apriranno ulteriormente il ventaglio di soluzioni offerte dal gameplay di Anthem, che vi permetterà di trovare costantemente soluzioni differenti per annientare i nemici che vi si pareranno di fronte.

Pimp my Strale

Le molteplici opzioni messe a disposizione del giocatore per la personalizzazione e l’equipaggiamento dei differenti tipi di Strale ricoprono sicuramente il secondo aspetto più interessante di Anthem. L’intero comparto di personalizzazione è stato sapientemente diviso in aspetto, dedicato all’estetica della vostra corazza, e assetto, che si riferisce all’equipaggiamento che opterete di utilizzare durante le vostre spedizioni. Sul versante dell’aspetto troveremo una moltitudine di materiali differenti con i quali rivestire le varie parti della nostra armatura, dopodiché potremmo passare alla verniciatura individuale di ognuna di esse prima di applicarci un vinile, accomunabile alle decalcomanie, con il quale terminare la personalizzazione della nostra corazza. In aggiunta a questa elevato livello di scelte potremmo inoltre cambiare l’estetica del nostro Strale con design differenti che potremmo acquistare nel negozio dedicato a Fort Tarsis in cambio di monete ottenibili svolgendo quasi la totalità delle attività disponibili o utilizzando le schegge, una valuta acquistabile tramite microtransazioni.

Sul versante dell’assetto verte, invece, la quasi totalità dell’endgame di Anthem in quanto, una volta raggiunto il livello 30 con il vostro specialista, vi ritroverete a dover migliorare il potere del vostro equipaggiamento attraverso la canonica formula del loot randomico. Inizialmente riempirete gli undici slot disponibili con gli oggetti più potenti che otterrete, in seguito però vi ritroverete a cercare maniacalmente gli equipaggiamenti che offriranno la giusta sinergia fra armi, abilità attive, passive e tecniche di supporto in grado di cucirvi addosso un ruolo specifico all’interno della squadra, dotato di combinazioni d’attacco e tipologie di danno ben precisi e in grado di esser efficienti quando congiunte alle abilità degli altri specialisti presenti nella vostra squadra.

Oltre la fine

Giudicare l’endgame di Anthem non è semplice, la soluzione proposta da Bioware a tratti risulta anacronistica e le motivazioni che dovrebbero portare l’utenza a “grindare” per periodi davvero lunghi potrebbe non appagare le esigenze della totalità dei giocatori affini a questa tipologia di prodotto. Ogni attività presente nella nuova creatura di Bioware può essere affrontata in sei livelli di difficoltà crescenti. Oltre ai canonici facile, normale e difficle, disponibili fin dal principio della vostra avventura, troveremo inoltre tre livelli rinominati Gran Maestro, disponibili una volta raggiunto il livello 30 e che vagamente riportano alla mente il sistema dei Tormenti di Diablo.

Il giocatore, per potersi costruire una build che lo soddisfi, dovrà quindi potenziare il proprio equipaggiamento affrontando le stesse attività di gioco a difficoltà sempre maggiore, rinvenendo oggetti di rarità sempre più elevata e con caratteristiche che si innestino correttamente con il resto dell’equipaggiamento. Vien da se che, considerando gli undici slot disponibili, e la varietà di abilità e combo di cui ogni strale può dotarsi, le ore che si dovranno spendere per ultimare una build saranno davvero tantissime e, considerando che tutte le attività saranno disponibili fin da subito, diventa prevedibile fin da ora che il tedio potrebbe cogliere la maggior parte dei giocatori all'ennesima roccaforte che affronteranno cercando una tipologia di granata epica che possa amalgamarsi con il resto del proprio equipaggiamento.

L’assenza inoltre di un’attività “ultima” che richieda un determinato livello di potere per poter essere affrontata, attenua quasi totalmente la corsa agli armamenti che sorregge l’intero endgame di Anthem, ridimensionando le ore di grinding alla mera costruzione di una build che soddisfi il giocatore e lo prepari ad affrontare attività future. Se a questa grossa lacuna aggiungiamo la ciclicità ridondante con cui si svolgono le missioni, l’intero endgame risulta attualmente scialbo e poco attraente. Dagli eventi globali che appariranno casualmente durante le esplorazioni libere, fino alle tre roccaforti, che ricoprono qui il ruolo dei canonici dungeon, il Leitmotiv sarà sempre lo stesso: andare dal punto A al punto B, eliminare tutti i nemici che si incontreranno, presidiare qualche zona circoscritta resistendo a brevi ondate di avversari, combattere eventualmente un boss al termine dell’attività, raccogliere il bottino e ricominciare. 

È presumibile che proprio il voler inserire un matchmaking in ogni attività di gioco, abbia ridotto sensibilmente la potenziale varietà di attività che si sarebbero potute sviluppare attorno al gameplay di Anthem. Riflettendoci attentamente un’incursione stratificata con degli enigmi ambientali più complessi di quelli attualmente presenti, che si limitano a riprodurre figure presenti sulle mura di fronte a noi, avrebbero richiesto obbligatoriamente una squadra organizzata rendendo meno impattante la scelta di poter condividere ogni attività di gioco con utenti uniti casualmente, ma resta indubbio che al momento sembra di trovarsi di fronte a un prodotto che non esprime appieno il suo potenziale, peccando proprio nella parte in cui dovrebbe intrattenere maggiormente.

Tecnicismi imperfetti

Concludendo analizzando il comparto tecnico di Anthem, ci troviamo nuovamente di fronte a una produzione in grado di convincere a metà. Graficamente Bastion non ha rivali, ambientazioni incredibilmente dettagliate, animate da continui mutamenti climatici e popolate da razze animali che seppur non variegate in quantità si rivelano piene di carisma e di particolarità che mostrano un lavoro svolto in maniera attenta. Gli strali sono un puro godimento per le pupille grazie alla mole di dettagli di cui sono ricoperti e la fluidità delle animazioni dei loro movimenti. Sorvolare o correre all’interno del mondo di gioco risulterà sempre un’esperienza incredibilmente appagante per i vostri occhi grazie a un comparto grafico che, in questo frangente specifico, setta un nuovo standard per il genere dei Game as a Service. 

Differente il discorso quando ci si addentra all’interno di Fort Tarsis dove, seppur il dettaglio grafico rimane incredibilmente elevato, tutta una serie di sbavature vanno ad affliggere l’esperienza finale durante le nostre visite al forte. I movimenti del protagonista, che in questo specifico frangente passa a una visuale in prima persona, risultano pesanti, legnosi, a tratti innaturali. Tutti i personaggi secondari, indifferentemente dal momento del giorno o della notte, restano impassibili nelle loro ubicazioni, con le stesse animazioni ricorrenti e con una pletora di animazioni facciali che, rispetto alle cutscene d’intermezzo all’interno della campagna principale, risultano più vacue e afflitte da una minore espressività. Quella che viene chiamata “Quality of Life” all’interno di Anthem, e che passa per la maggior parte attraverso i vicoli di Fort Tarsis, risulta l’aspetto più debole di tutto il comparto tecnico proprio a causa di una minore cura dei dettagli, una sensazione di pesantezza in ogni azione che viene effettuata e un eccessiva macchinosità delle interfacce di gioco.

Altresì lodevole il comparto audio grazie alle maestose orchestrazioni di Sarah Schachner che riescono a cucirsi perfettamente sulle ambientazioni e le atmosfere che Anthem vi offrirà ora dopo ora. Completa il pacchetto un doppiaggio Italiano recitato magistralmente, che viene sporcato soltanto in alcuni rarissimi casi da alcune linee di dialogo tradotte in maniera frettolosa, generando un effetto di ilarità dato dall’udire frasi che risultano quasi totalmente slegate dal tema delle conversazioni che intratterrete a Fort Tarsis.

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