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Amnesia Rebirth, una formula in crisi d'identità | Recensione

Amnesia Rebirth è il nuovo gioco della serie basato su meccaniche di luce e ombra, proponendo un'interessante storia personale intrecciata a horror cosmico.

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a cura di Luca Salerno

All'epoca della sua uscita, il predecessore di Amnesia Rebirth poteva essere considerato un ottimo gioco horror di produzione indie che proponeva molte novità in un genere che in quel momento storico stava attraversando un periodo di gravi difficoltà. Nel corso di dieci anni, però, le meccaniche e le soluzioni di gameplay proposte da Amnesia The Dark Descent si sono infiltrate in tutto il genere horror con la stessa pervasività di quei striscianti sentimenti di angoscia e paura che il primo capitolo della saga distillava nel giocatore. La coronazione, in gran parte silenziosa, del successo del primo Amnesia è avvenuta con Resident Evil 7: il gioco horror tripla A, infatti, deve più a The Dark Descent e a tutte le sue filiazioni indie che ai precedenti episodi della stessa serie Capcom.

Nell'arco di questi dieci anni, però, è successo anche qualcos'altro. Il titolo successivo del team, Soma, apparso nel 2015, si è rivelato uno dei principali capolavori dell'horror di sempre. Proprio come i nemici che inseguono incessantemente i protagonisti dei giochi Frictional, lo stesso team di sviluppo è inseguito dai fantasmi di questi successi. Oltre che dalla misura del tempo che passa. Il risultato, lo abbiamo anticipato nei titoli: la formula di questo genere horror è ormai in crisi d'identità.

Amnesia Rebirth: vecchia formula e poche innovazioni

Il gameplay di Amnesia Rebirth mantiene tutti i tratti distintivi della serie. L'avventura è in prima persona, ci sono degli enigmi che richiedono di andare alla ricerca di qualche oggetto nelle ambientazioni e di risolvere i puzzle e ci sono nemici che non possono essere sconfitti ma dai quali è possibile sfuggire. C'è poi una meccanica invalidante come quella vista in The Dark Descent: quando la protagonista Tasi rimarrà per troppo tempo al buio potrà comunque vedere in maniera più o meno distinta intorno a lei, ma sarà preda di visioni che, a lungo andare, potranno farle perdere conoscenza. Ecco perché è fondamentale trovare fonti di luce e soprattutto crearle.

Nel corso del gioco, infatti, la protagonista troverà dei cerini con cui può accendere candele, lampade e fiaccole, e anche dell'olio per la lanterna. La presenza scarsa di queste risorse richiede una gestione molto simile a quella che viene fatta in altri titoli horror di pallottole e oggetti curativi. Sulla carta, però, questo sistema funziona meglio che nella realtà. Nelle fasi iniziali, quando si presuppone che sia necessario prendere confidenza con questo sistema, Amnesia Rebirth è fin troppo punitivo. I cerini sono sempre pochissimi, la lanterna non è ancora disponibile e si finisce in una sorta di paradosso del gameplay: i cerini sono troppo pochi e per trovarne altri bisogna esplorare le ambientazioni a patto di usare quei pochi che si hanno a disposizione.

Inoltre l'estrema velocità con cui si consumano i cerini e l'olio della lanterna (qualcosa, in questo secondo caso, quasi senza precedenti nei giochi horror) fa a pugni con quello che dovrebbe essere il ritmo dell'azione. Molto spesso, non basteranno ovviamente tutti i cerini per accendere le torce le candele disponibili, quindi in molti casi sarà più semplice fare tutto di corsa per evitare di non restare troppo tempo al buio. Questo sistema finisce per creare sì una certa tensione, ma allo stesso tempo anche non poca frustrazione perché raramente si dà respiro al giocatore permettendogli l'esplorazione degli ambienti.

A questo si aggiunga anche il fatto che le ambientazioni sono disseminate di documenti per avere maggiori informazioni sugli eventi che fanno da contorno. Con un numero così limitato di oggetti per l'illuminazione, però, è davvero difficile trovare la calma adeguata per apprezzare i pezzi di storia come si presuppone che si debba fare. E questo ci porta alla narrazione i questo Amnesia Rebirth. Oltre agli appunti, spesso si attivano degli intermezzi narrativi con un'illustrazione fissa e dialoghi. Il problema, soprattutto all'inizio, è che questi rappresentano delle interruzioni continue dell'atmosfera, diventando fin troppo invadenti.

Dal punto di vista della storia, però, Frictional Games ha dimostrato di essere a un livello superiore rispetto alla media dei titoli del genere, e non solo indie. Il team, ancora una volta dopo Soma, propone nel nuovo titolo delle tematiche inedite per i videogiochi e lo fa con scelte estremamente coraggiose e impopolari (nell'accezione positiva del termine) che possono essere accolte soltanto con favore. Anche il doppiaggio si dimostra su ottimi livelli, nonostante i continui commenti di Tasi facciano perdere gran parte di quel senso di solitudine e raccoglimento necessario per godersi un titolo horror.

Amnesia Rebirth: atmosfere poco horror

A questo punto ci sembra giusto sottolineare come l'ultimo titolo di Frictional Games davvero con molta difficoltà si possa ascrivere al genere degli horror. L'idea generale è più quella di un Tomb Raider dal forte accento sul soprannaturale e con qualche elemento horror. La stessa meccanica principale che nella serie dovrebbe creare forti emozioni, ovvero il nascondersi da nemici che ci inseguono, è tutto sommato implementata in maniera deludente.

Innanzitutto perché gli incontri sono davvero pochi. In secondo luogo, nella maggior parte dei casi, si tratta di fuggire lungo un percorso e mai di nascondersi e cercare di attraversare le stanze senza farsi vedere (questo accade in appena un paio di occasioni). Questo è anche connaturato con lo stesso level design del gioco: quasi mai viene richiesto, infatti, di fare del backtracking, che è un presupposto indispensabile per una corretta implementazione di un nemico stalker. Resident Evil 2 e 7 sono la dimostrazione più emblematica di questo, con Mr. X e Jack Baker che riescono ad essere efficaci e non frustranti proprio perché entrano in gioco quando già si conosce la configurazione degli ambienti. E non è un caso se, quando questo avviene all'interno di ambienti di cui il giocatore non ha una mappa mentale (a causa anche delle meccaniche del buio di cui sopra), tutto riesce molto poco efficace.

Insomma, alla luce di un'evoluzione della formula come nei giochi appena citati e dopo aver sperimentato un perfezionamento dell'intelligenza artificiale in Alien Isolation, vedere una presenza dei nemici così scarsa e così poco efficace in Amnesia Rebirth ci è sembrata un'occasione mancata considerato che la serie, per prima, aveva introdotto questa formula. Inoltre il fatto che una volta catturati dai nemici si venga portati al punto che si voleva raggiungere o che questi scompaiano del tutto, sembra penalizzare molto la percezione di rischio che si ha da parte del giocatore.

Questo non toglie che Amnesia Rebirth abbia delle sequenze emozionanti. L'incontro con il primo nemico ha sicuramente una costruzione piena di inquietudine ed è un peccato che le dinamiche successive non si discostino più di tanto da questa introduzione. Alla luce di tutto questo sembra quasi che il team, che ha raggiunto una notevole maturità per temi trattati e storia, sia troppo cresciuto per la formula di gioco e forse per il genere horror che non sembra essere più quello adatto ad ospitare questo tipo di costruzione narrativa. Elementi, poi, risalenti al primo gioco come la possibilità di prendere ogni singolo oggetto, che oggi appare superflua e non più un divertissment tecnico come nel 2010, o come il fatto che gli stessi oggetti, una volta impugnati, vengano visualizzati come illustrazioni o oggetti fluttuanti, appaiono come dei peccati di gioventù accettabili dieci anni fa ma fuori luogo nel 2020.

Amnesia Rebirth: un gioco in penombra

Quello del buio e dei pericoli che si nascondono nell'ombra è un luogo comune che è alle fondamenta del genere horror. In pochi si sono avventurati però nella direzione opposta, ovvero evocare paura e terrore non in zone buie ma inondate di luce. Questo tipo di ambientazione, inedita, trova un perfetto palcoscenico in un luogo come il deserto, disorientante nella sua vastità, impietoso nel suo essere battuto da sole, alieno nel suo essere allo stesso tempo familiare. Resident Evil 5 ci aveva provato con la sua ambientazione africana e, per quanto ovviamente non sia un titolo horror, Assassin's Creed Origins era riuscito a ricreare nelle parti del deserto alcuni momenti piuttosto inquietanti.

Ecco perché i primi momenti di Amnesia Rebirth sono stati particolarmente promettenti e carichi di sviluppi. La protagonista Tasi, che partecipava a una spedizione, si ritrova dispersa nel deserto e da quel momento si mette alla ricerca dei suoi compagni di spedizione attraverso grotte e vecchie costruzioni coloniali. A prova dell'importanza dell'ambientazione in superficie, uno dei suggerimenti all'inizio del gioco non rinuncia a segnalarci come, stando troppo esposti alla luce solare, la nostra protagonista subirà delle conseguenze. Lo spunto è interessante perché sembra voler controbilanciare la meccanica relativa alla permanenza nell'oscurità.

Questa meccanica dei danni dovuti alla permanenza sotto il sole è esemplificativa di qualcosa che si nota nel corso di tutto il gioco. A parte nelle fasi iniziali, questa non verrà più riproposta e non sarà inserita praticamente in nessun'altra fase. La domanda è quasi naturale: perché i programmatori hanno deciso di implementare una meccanica valida essenzialmente per i primi cinque minuti del gioco e forse in altre due occasioni, brevi, di tutta l'avventura? L'idea è che sia qualcosa che risale alle fasi iniziali di sviluppo ma che è stata poi cancellata, rimanendo semplicemente una bozza.

Ci siamo dilungati su questo aspetto perché proiettando la stessa riflessione sull'ambientazione complessiva. Se gran parte della prima parte del gioco è ambientata nel deserto algerino con alcune delle sezioni migliori di Amnesia Rebirth, più avanti ci si ritrova in tutt'altro tipo di ambientazioni a nostro avviso anche meno riuscite. L'ambientazione del deserto con le sue grotte, con i suoi avamposti, con le antiche rovine, con il suo folklore locale riesce a dimostrarsi un'efficace mappa per un titolo del genere, le diverse ambientazioni che appaiono più avanti e che definiamo "sotterranee" per non rovinare l'effetto sorpresa, cambiano totalmente atmosfera.

La stessa sensazione di idea appena abbozzata e poi abbandonata la si ha con un'altra nuova meccanica. Grazie a un talismano, Tasi è in grado di aprire dei varchi per un'altra dimensione dopo averli trovati usando l'artefatto come se fosse una bussola. Se questa meccanica risulta essere ricorrente nelle prime fasi del gioco, andando avanti viene quasi del tutto abbandonata con sporadici utilizzi. Stratificazioni come queste, tra meccaniche sottoutilizzate e un'ambientazione iniziale che cambia costantemente sino a quasi essere sostituita, danno l'impressione di un gioco che sia nato con determinate premesse e sia approdato a ben altre conclusioni.

Questo non toglie che sia nel caso dell'ambientazione algerina che di quella parallea, Amnesia Rebirth sia in grado di regalare degli scorci splendidi: che si tratti di vecchie rovine nel deserto immerse in un sole crepuscolare, di grotte dalle quali filtra della luce o di ambientazioni dall'architettura aliena, il gioco rivela una grande ricerca artistica e alcune delle zone più suggestive che ci sia capitato di vedere recentemente in un videogioco. Il motore di gioco, certo, sembra ormai vicino alla pensione ma è difficile fare i puntigliosi di fronte ad ambientazioni create con una grande maestria artistica.

Voto Recensione di Amnesia Rebirth - PC


7

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • + Ambientazione nel deserto ben riuscita

  • + Stile artistico superbo

  • + Temi maturi e originali

Contro

  • - Ambientazione sotterranea poco originale

  • - Pochi elementi horror

  • - Meccanica di luce e oscurità spesso frustrante

Commento

Amnesia Rebirth è un buon titolo ma come rappresentante del genere horror lascia a desiderare se confrontato con il primo episodio e con Soma, sempre di Fricitonal Games. L'ambientazione del deserto algerino, per quanto interessante e promettente, viene sviluppata solo in parte lasciando la precedenza a locazioni che, per quanto artisticamente valide, non riescono a ricreare la stessa atmosfera di tensione. Le nuove meccaniche di gameplay basate su illuminazione e buio sono molto valide sulla carta, la scarsezza di oggetti consumabili costringe, però, troppo spesso a limitare l'esplorazione in favore di un'avventura eccessivamente lineare nel suo sviluppo. Nonostante la serie abbia per prima introdotto l'inseguimento dei nemici senza possibilità di contrasto, l'implementazione di questa meccanica nel nuovo capitolo risulta un po' deludente limitando il tutto a semplici inseguimenti e senza reali ricerche di via di fuga da parte del giocatore. La storia propone comunque delle tematiche molto mature e mostra le capacità narrative del team di sviluppo che forse cominciano a diventare troppo strette per una formula che, introdotta dieci anni fa, si è evoluta nel corso del tempo. Un'evoluzione, però, a cui il team di sviluppo non sembra essere riuscito a tenere il passo.

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Amnesia Rebirth - PC

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