Alone in the Dark, l'orrore dal passato sta tornando | Anteprima

La nostra anteprima di Alone in the Dark, un ritorno inaspettato di un grande videogioco del passato in una forma completamente nuova

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a cura di Nicholas Mercurio

La serie Alone in the Dark è tra le più celebri e riconosciute del panorama dei videogiochi. Stiamo parlando di un franchise che è stato capace di offrire delle esperienze interessanti e sfaccettate, arrivando in un momento dove c’erano tante produzioni horror, con molte idee che si sono concretizzate negli anni ’80 attraverso dei titoli incredibili che hanno proposto parecchie riflessioni. A riguardo, Alone in the Dark fu una delle prime produzioni che utilizzò la telecamera fissa per ricreare un certo tipo d’atmosfera.

Persi nell’oscurità e smarriti nel silenzio, affranti nel dolore e consapevoli che un errore, seppure minimo, potesse decretare una morte lenta e dolorosa, Alone in the Dark andava in una direzione opposta alle richieste di mercato dell’epoca. Pubblicato nel lontano 1992, si mostrò al grande pubblico in tutta la sua magnificenza, facendosi conoscere come un’avventura dinamica dal grande carattere. Poi arrivò Resident Evil, la celeberrima saga creata da Shinji Mikami, uno degli autori più apprezzati del nostro medium preferito che, al contrario di Infogrames, seppe sfruttare con intelligenza le costruzioni narrative, tessendo delle trame che andassero ben oltre le storie di Leon Kennedy e Claire Redfield, definendo di conseguenza il genere.

Prima e dopo Alone in the Dark

In tal senso, molti di noi si erano dimenticati di Alone in the Dark, specie nell’ultimo periodo, nonostante i tanti reboot pubblicati durante questi anni. Il genere horror, che è sempre più complesso da innovare, ormai è saturo di opere tutte uguali. Tuttavia, però, siamo stati sommersi anche da produzioni ottime come il terrificante Outlast o l’inquietante The Evil Within, non contando lo spaventoso e claustrofobico Alien Isolation, che al momento è stata forse l’opera che più di tutte ci ha spaventati. In questo grande insieme di cose, ovviamente, non mancano i videogiochi più discutibili, quelli con problemi seri, e di esempi ne potremmo fare tanti. In questo grande insieme di cose, ovviamente, non mancano i videogiochi più discutibili, quelli con problemi seri: il caso più eclatante è Agony.

Come accennavamo prima, l’horror è attualmente un genere complesso da innovare e proporre, perché tutti sognano qualcosa che spaventi davvero e abbia un gameplay più trascinante. Il dibattito, infatti, riguarda nello specifico il videogioco horror di Hideo Kojima che tutti attendono, anche se non esiste affatto. Si era già fatto conoscere, ai tempi, con la demo giocabile su PlayStation 4 dell’incompiuto P.T, scomparso non soltanto dai radar dei giocatori, ma anche dalle penne dei giornalisti di settore, oltre che dai piani di Sony e dello stesso Hideo Kojima. Come siamo giunti, però, a questo punto? In che modo Alone in the Dark, a differenza di altre serie più attese, ritorna in pompa magna, pronto come un tempo a ritagliarsi uno spazio importante in un genere che ormai vede Resident Evil primeggiare a oltranza, tra scenari e situazioni raccapriccianti?

Se da una parte, infatti, pensare ad Alone in the Dark potrebbe riportare alcuni di noi indietro nel tempo, dall’altra alcuni - vuoi perché troppo giovani - non si sono mai interfacciati con la serie. Sì, neanche con i reboot, che potrebbero aver incantato e lasciato i giocatori più stagionati con ricordi  memorabili, nonostante non abbia mai brillato proprio a causa dei suoi capitoli successivi a quello del 1992, perché alcuni si presentavano con grossi difetti di game design e altri non avevano una storia trascinante e convincente.

Alone in the Dark, però, è comunque importante per l’industria dei videogiochi perché ha ispirato dei colossi del genere, contribuendo involontariamente a creare ulteriori produzioni. Non stiamo parlando di una serie inutile e inferiore rispetto alle altre che potrebbero essere proposte sul mercato ma, nel caso di Alone in the Dark, è meglio spiegare in maniera esaustiva cosa abbiamo di fronte e perché ne stiamo parlando.

Nonostante tre capitoli ambientati negli Stati Uniti degli anni ’20, una quarta iterazione nell’epoca contemporanea, di un film in home video e addirittura di un fumetto, le avventure dedicate a Edward Carnby sono state accantonate fino a oggi. In questi ultimi giorni siamo stati ospiti di un evento dedicato alla stampa specializzata dove sono state mostrate delle nuove produzioni THQ, in uno showcase durato circa quaranta minuti dove il primo annuncio è stato proprio il reboot di Alone in the Dark, sviluppato da Pieces Interactive, celebri nel panorama dei videogiochi per le espansioni di Titan Quest.

Senza interrogarci troppo sul perché il team svedese abbia deciso di riportare in vita Alone in the Dark dopo che lo avevamo dato per morto, da una parte non nascondiamo la nostra curiosità, ma dall’altra non possiamo che porci delle domande sull’effettivo scopo del progetto. Sappiamo, però, che Alone in the Dark è un videogioco in sviluppo da quattro anni e che non si cataloga come il quinto capitolo del franchise, bensì come una nuova riedizione, immaginata ispirandosi all’esperienza originale. Come dichiarato dal team, si tratta di una lettera a cuore aperto al capostipite della serie, che fu il più amato ed apprezzato.

Una scelta che ci spaventa ma sorprende al tempo stesso, perché quanto abbiamo visto in parte ci ha lasciato buone impressioni, in particolare su quella che potrebbe dipingersi come una storia dell’orrore classica che non vuole strafare ma andare dritta al sodo, facendosi scoprire senza andare esageratamente di fretta. In tal senso, abbiamo visto una parte introduttiva che non ha lasciato spazio a ulteriori interpretazioni e ci ha fornito preziose informazioni su questo nuovo ma vecchio capitolo del franchise, nello specifico sulla sua ambientazione.

Uno spaventoso ritorno al passato

Il periodo storico è quello dei ruggenti anni ’20 successivi alla Prima Guerra Mondiale e all’influenza spagnola, in un periodo di grandi cambiamenti sociali dovuti alla formazione di nuovi schieramenti politici. Non siamo in Europa, bensì di nuovo negli Stati Uniti, in un classico manicomio che risponde al nome di Derceto Manor, costruito nel 1881 da un uomo chiamato Elijah Pickford. Ci sembra che il team abbia preferito andare sul sicuro, ritornando in tal senso a un periodo antecedente all’epoca contemporanea che conosciamo tutti, non giocando troppo con le date ma rimanendo fedeli al loro obiettivo, che ci è parso più tondo e meglio definito.

Impersoneremo nuovamente Edward Carnby, l’iconico personaggio principale della serie: un detective attento ed esperto, un uomo fermo sulle sue posizioni ma pronto a tutto per uscire dall'inferno del maniero. La novità che però abbiamo più apprezzato, sebbene fosse già un’opzione nel videogioco del 1992, è che il gioco permetterà di vestire i panni di Emily Hartwood, l’altra protagonista.

Oltre a dare la possibilità di approfondire meglio il gioco, potrebbe darci modo di affrontare l’esperienza con due percezioni e sensibilità distinte, dando così la preziosa opportunità di capire meglio delle evoluzioni narrative meglio definite e degli approcci diversi. Pieces Interactive ha scelto una data comoda e il periodo migliore dove potersi esprimere, perché è proprio all’interno del Derceto Manor che la serie ha raggiunto il suo apice qualitativo per via delle sue ispirazioni alla letteratura dell’incubo, ormai fondamentale per tante case di sviluppo alla ricerca della storia dell’orrore perfetta. Mentre visionavamo il trailer, ci è stato impossibile non ritrovare dei riferimenti a Lovecraft e a Edgar Allan Poe, di cui abbiamo parlato abbondantemente qualche settimana fa esaminando il trailer di The Last Case of Benedict Fox.

A differenza di quest’ultimo, però, Alone in The Dark – come suggerisce il titolo – ci appare ancora più cupo e tetro, scegliendo di conseguenza un approccio classico, che potrebbe sposarsi in maniera convincente con l’obiettivo del team, il quale ci è parso sicuro di sé ed entusiasta di questo nuovo progetto, da scoprire alla Gamescom (dove, infatti, sarà possibile giocare a una piccola ma rilevante porzione di gioco).

Non resta che domandarsi come si svilupperanno le vicende, quali differenze ci saranno dal videogioco originale e come verrà trattato, almeno dal punto di vista narrativo, la storia che circonda Edward Carnby ed Emily Hartwood, due personaggi da impersonare soltanto in single player. Tornando infatti su questa scelta di game design, la possibilità di offrire un doppio risvolto di trama potrebbe non soltanto aumentare la rigiocabilità, ma intrattenere maggiormente il giocatore a vivere l’esperienza nella sua interezza, scegliendo così un approccio ancora più profondo.

E cosa dire del contesto e delle ambientazioni, invece? Guardando il trailer, ci siamo immersi nei corridoi e nei cortili di questo luogo uscito da un altro secolo, pronto tuttavia ad aprirci le sue porte, felice di darci il benvenuto in un orrore senza fine che non attende nient’altro che manifestarsi. Abbiamo visto luoghi chiusi e sporchi, con pareti ammuffite e singolari personaggi che hanno interagito con i nostri protagonisti, dicendo loro con voce sibilante “Benvenuti nel manicomio”.

Un augurio che, insomma, ci ha dato molto su cui riflettere, in particolare su come potrebbe evolversi la vicenda. Di sicuro, il team svedese potrebbe accennare qualche elemento di trama, costruendo una propria storia; o, in alternativa, preferire un approccio fedele, come potrebbe effettivamente accadere, considerando la presenza di Edward ed Emily. Ognuno di loro, infatti, è un protagonista rilevante e diverso: entrambi, al di fuori di questo luogo, lavorano in ambiti differenti e si occupano di tutt’altro. Eppure, si ritrovano nel bel mezzo di una situazione che potrebbe risultare ben più che spaventosa e inaspettata, ma persino inevitabile e imprevedibile, con degli avvenimenti che potrebbe coinvolgerli e colpirli in maniera spietata, non dando loro tregua. È questo che potrebbe rappresentare il vero punto di forza della produzione, che mette le basi per offrire un gameplay non particolarmente innovativo ma sicuramente ben implementato.

Più classico e prevedibile: il game design che ha reso celebre Resident Evil

Senza dilungarci troppo, la struttura ludica di Alone in the Dark non ci appare diversa dal passato. Muoviamo il personaggio con una visuale tridimensionale tra i corridoi del maniero, interagendo con l’ambiente e risolvendo enigmi di varia natura. Come abbiamo più volte ripetuto, Alone in Dark non sembra differenziarsi da altre produzioni horror, dandoci la sensazione di un prodotto che preferisce non rischiare.

Il team ha parlato dell’esplorazione, che potrebbe risultare fondamentale per scoprire tutti i segreti all’interno di questo luogo maledetto. Sarà infatti necessario prepararsi per affrontare le fiere che ci daranno il benvenuto, nascoste magari dietro le porte, in uno scantinato dimenticato o in una soffitta oscura. I movimenti, mentre osservavamo il trailer con il gameplay esteso, ci sono apparsi verosimili e reali. Se da una parte l’esplorazione sarà fondamentale, dall’altra lo sarà la risoluzione di enigmi: il team li renderà sempre più complessi e difficili da risolvere man mano che si avanzerà nell’incubo.

Come accennavamo prima, Alone in the Dark prende ispirazione dalla letteratura dell’orrore, e questa è davvero una grande notizia: le creature ci attaccano con spietatezza e si differenziano nel design, una caratteristica che potrebbe fare del bene all’intero videogioco. Ma a convincervi è il sistema di shooting che, a parte per qualche necessaria correzione, ci è apparso comunque ben implementato. Se non altro, non vediamo l’ora di provare il gioco pad alla mano per confermare il nostro giudizio, ma per questo temiamo ci voglia ancora un po’ e, considerando le polemiche, è meglio cercare di mantenere basse le aspettative.

D’altronde, come potremmo dichiararci sorpresi, vedendo semplicemente un gameplay del genere? Di sicuro, a convincerci sono le atmosfere create dal team svedese, che per l’occasione ha inserito delle sequenze che riportano con la mente a Resident Evil 7, il capitolo più inquietante e sanguinolento del franchise di Capcom. Se non altro, esplorare diventerà un piacere soprattutto per approfondire le diverse sfumature della produzione, che potrà soltanto stupire. Ad averci convinto del trailer è la grafica, che però deve ancora essere ottimizzata a dovere in vista dei test e della pubblicazione. Al netto di questo, però, possiamo dire che ci ha convinto, specie per l’illuminazione ambientale e il level design, che ci sembra assolutamente ben implementato.

Cosa aspettarsi da Alone in the Dark?

Giunti a questo punto, viene inevitabile porsi la classica domanda che ormai prende il sopravvento quando assistiamo ad eventi del genere: cosa potrebbe effettivamente offrire Alone in the Dark? E ancora, arriverà al suo obiettivo? In realtà sono due domande e non una, perché diventa inevitabile farsene quando dal passato ritorna un videogioco con una nomea leggendaria. Siamo nel 2022 e dal 1992 è passata un’era geologica: c’erano altri standard qualitativi ma i videogiochi continuavano a essere complessi da sviluppare per qualunque casa sviluppatrice.

In questo caso, però, sembrano esserci tutte le potenzialità che offrono diverse visioni d’insieme, da approfondire però più avanti. Al momento stiamo parlando di un horror classico con un gameplay di gioco estremamente semplice ma con un contesto che potrebbe fare gola a chiunque sia rimasto incantato da Raccoon City e dalla stazione di polizia di Resident Evil 2, e che mangia pane e horror da sempre. Alone in the Dark è questo, al momento: un horror classico che però, in un modo o nell’altro, ha saputo intrigarci e attirarci a sé, come solo le migliori storie dell’orrore sanno fare. E chi siamo noi per rinunciare a un simile invito?

Alone in the Dark uscirà su PC, Xbox Series X/S e PlayStation 5 in un momento ancora da definire. Pronti a entrare al Derceto Manor?

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