Alla (ri)scoperta di… Driver!

Vi ricordate di Driver? Un gioco di guida eccezionale, del quale purtroppo si sono un po' perse le tracce: ripercorriamo la sua storia!

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a cura di Michele Pintaudi

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Il momento in cui la chiave gira e il rombo del motore ti riempie le orecchie: è quello l’istante in cui tutto l’adrenalina va a mille, e premere l’acceleratore significa entrare in un mondo completamente a parte. Emozioni come questa sono qualcosa che gli amanti dei motori conoscono molto bene, e alle quali spesso e volentieri abbiamo avuto la fortuna di assistere anche nel mondo dei videogiochi.

Alcuni titoli non riescono però, purtroppo e per una grande serie di motivi, a raggiungere tutto il successo che forse meritano. Questa rubrica tratta proprio videogiochi del genere, e dopo avervi parlato di The Movies cambiamo dunque completamente genere spostandoci su un gioco di guida (ma non solo), capace di catturare il cuore di molti di noi verso l’inizio del nuovo millennio: vi ricordate di Driver?

Detective John Tanner a rapporto!

Cominciamo con un salto indietro nel tempo, fino ai nostri amatissimi anni Novanta: un decennio che gli appassionati del medium videoludico ricordano certamente con molto affetto, e la cui influenza riecheggia ancora oggi all’interno di questo settore così particolare. Quante grandi software house vi vengono in mente pensando a quel periodo? Probabilmente tantissime e di molti generi diversi: da LucasArts a id Software passando per 3DO Company, Maxis e innumerevoli altre.

Tra queste troviamo Reflections Interactive, realtà nata nel 1984 nel Regno Unito che nella decade seguente porterà un grosso contributo nella storia del videogioco. L’azienda di Newcastle darà infatti vita a perle come Shadow of the Beast, Destruction Derby e il divertente Brian the Lion. Tutte esperienze molto valide che, però, mostravano ampi margini di miglioramento sotto un punto di vista in particolare: a livello tecnologico, di base, l’asticella poteva essere alzata ancora di più.

Nacque perciò l’esigenza per il team di realizzare qualcosa di più raffinato, adatto a sfruttare la potenza che la neonata PlayStation poteva offrire sotto diversi aspetti. Dopo uno sviluppo durato un paio d’anni nel giugno 1999 esce Driver, un titolo capace di rendere ulteriormente interessante un’annata già ricca di uscite spettacolari.

Il gioco ci mette nei panni di John Tanner, ex pilota automobilistico e attuale detective in forza alla polizia di New York City. Il nostro protagonista verrà inviato sotto copertura per indagare su un sindacato criminale capeggiato dal temibile Castaldi, in un viaggio che lo porterà a calcare le strade di quattro grandi città americane: Miami, San Francisco, Los Angeles e appunto New York.

Definire Driver un gioco di guida sarebbe forse riduttivo: il giocatore sarà infatti sempre alla guida dell’autovettura di Tanner, ma all’interno di un’esperienza dove l’aspetto in questione appare quasi secondario. A farla da padrona è infatti una marcata e frenetica azione di fondo, che caratterizzerà con costanza la nostra avventura dall’inizio alla fine. Il gameplay è infatti molto semplice, ma non per questo meno efficace: spesso ci troveremo a dover raggiungere un determinato punto in un dato lasso di tempo, o a perderci in folli inseguimenti per arrestare un sospetto connesso all’organizzazione di Castaldi… Il tutto ammirando allo stesso tempo l’America in una veste del tutto unica, con un’atmosfera realizzata davvero con cura nei minimi particolari.

Accanto alla modalità storia troveremo poi una serie di minigiochi, uniti alla possibilità di esplorare liberamente le location del gioco vivendole in tutto il loro splendore. In tutto ciò Driver vanta comunque una durata di 12 ore, risultando perciò anche un’esperienza longeva e appagante considerando il tipo di gioco di cui stiamo parlando. Reflections era dunque riuscita ad alzare la famigerata asticella, per un gioco capace di raccogliere il plauso congiunto di critica e pubblico. Tutto perfetto insomma, oppure no?

Quale futuro per Driver?

Il successo di Driver portò Reflections alla realizzazione di diversi sequel, per un’opera che poco alla volta riuscì a raccogliere un pubblico sempre più ampio: i primi due capitoli della serie, ad esempio, vantano la bellezza di più di 12 milioni di unità vendute nel mondo. Numeri certamente molto interessanti, che riflettono la bontà di un prodotto nato proprio con l’intento di portare una ventata d’aria fresca in un genere ancora non esplorato a dovere.

E fu proprio quest’ultimo fattore a condizionare, forse, il futuro di una saga che era partita così bene sotto moltissimi aspetti. Dopo dei primi capitoli ad altissimi livelli, Driver iniziò piano piano a perdere quel qualcosa che lo rendeva eccezionale: i vari spin off, ad esempio, rasentano spesso una qualità poco più che mediocre e risultano oggi esperienze del tutto dimenticabili.

L’ultima comparsa della serie risale al 2011, con quel Driver: San Francisco che riuscì solo in parte a catturare l’attenzione del pubblico senza però lasciare le stesse tracce del primissimo capitolo del franchise. Nel mentre il mondo dei videogiochi è cambiato e anche di molto, con tantissime esperienze non uguali ma molto simili a ciò che il titolo di Reflections poteva offrire. Pensiamo all’esplosione di Need For Speed: saga nata anche prima di Driver ma che con gli anni ne risulterà sempre più influenzata, andando persino a migliorare alcuni aspetti della stessa. O anche a The Crew, Burnout, Driveclub e tanti altri prodotti sì diversi, ma figli di quel filone che Driver ha contribuito a plasmare in una certa maniera.

In uno scenario del genere, dove peraltro Reflections è stata acquisita da Ubisoft ed è tuttora al lavoro su progetti di tutt’altra natura, è ben difficile immaginare un ritorno di Driver. L’interesse del pubblico potrebbe anche esserci, così come dimostrato dai tanti “grandi ritorni” di questi ultimi anni, ma si tratterebbe di un’operazione da curare davvero con moltissima attenzione. Stiamo infatti parlando di un brand che vanta ancora uno zoccolo duro di fan di vecchia data, i quali non vogliono certo vedere uno dei loro giochi preferiti fare una brutta fine venendo riproposto con un prodotto di bassa qualità. Ecco, un remake (e/o reboot) fatto come si deve potrebbe essere la strada giusta: si tratterebbe di rendere i giusti onori a un gioco straordinario, riuscendo al contempo ad attirare una nuova generazione di videogiocatori che ancora non hanno avuto la fortuna di incrociare Driver sulla propria strada. Senza tralasciare il fatto che, a onor del vero, la versione originale del gioco avrebbe in ogni caso bisogno di una svecchiata in quanto non del tutto adatta al pubblico di oggi.

Voglio chiudere questo articolo citando un particolare momento del gioco che molti, moltissimi di voi ricorderanno con (poco) affetto: il primissimo livello, una sorta di tutorial dove imparare a maneggiare il volante nel modo corretto. Tanner si troverà in un garage con una lista di manovre da compiere - tra derapate, piccole prove a tempo e diavolerie di vario genere - e… Nient’altro. Esatto: il giocatore si trova letteralmente catapultato nel bel mezzo del gioco senza troppi fronzoli né istruzioni, e se non dovesse riuscire a completare la lista in un dato lasso di tempo finirà pure col prendersi parole poco carine. Se lo ricordate starete probabilmente sorridendo, in caso contrario vi invito ad armarvi di tutta la pazienza del mondo: pronti a sfrecciare per le strade degli Stati Uniti?

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