Quando una figura di spicco come Chris Avellone (Fallout 2, Baldur's Gate III, Pillars of Eternity, Dying Light 2, e stiamo solo citando una minima parte dei suoi lavori) decide di mettersi a disposizione per un nuovo progetto, c'è sicuramente da tenere vivo l'interesse; se poi questo progetto risulta essere italiano, abbiamo tutti i motivi per dedicargli totale attenzione e scoprire come Gamera Interactive - lo studio padovano dietro lo sviluppo - si stia preparando a mettere in scena un gioco di tutt'altra caratura rispetto al resto dei suoi titoli.
Gli affezionati di Dungeons & Dragons e dei CRPG (computer role-playing games) non tarderanno a trovarsi a casa con Alaloth: Champions of the Four Kingdoms, avventura nata sia dalle influenze classiche che ne hanno determinato la visuale isometrica nonché la lore incredibilmente vasta e dettagliata, sia da quelle più moderne come l'intramontabile Dark Souls o i lavori stessi di Obsidian Entertainment, di cui Avellone ha fatto parte, per quanto riguarda invece il sistema di combattimento in tempo reale tipico di un action-RPG.
Un gioco che non solo si presenta ricco e profondo ma soprattutto in ottima forma, a giudicare da quanto abbiamo potuto vedere in un hands-off nel corso della Gamescom: considerato che la data di lancio è prevista in un momento non ancora precisato del 2019, c'è tutto il tempo per rifinire un lavoro già di per sé valido. In particolare se si pensa che nonostante sia un piccolo studio indie, Gamera non si è lasciato vincere dalla fretta e ha trascorso dodici mesi in pre-produzione prima di dare il via effettivo allo sviluppo, curando con l'ausilio di un esperto quale Avellone tanto gli aspetti narrativi quanto di game design.
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Il tema centrale di quest'avventura dal gusto fantasy medievale è impedire il ritorno di quell'entità maligna che dà il nome al gioco stesso: Alaloth sta per scatenare la sua furia distruttiva sul mondo e sarà compito nostro, nel ruolo di uno dei quattro cosiddetti campioni, a rimandarlo nell'inferno dal quale proviene. Per farlo occorrerà attraversare in lungo e in largo i diversi regni alla ricerca delle chiavi che permetteranno l'accesso al suo dominio, in una corsa contro il tempo che ci vede in lotta sia contro altri giocatori nel caso si scelga il multiplayer sia contro un'intelligenza artificiale a quanto pare altrettanto determinata se si sceglie di vivere la sfida in solitario.
Questo perché i campioni potranno anche essere quattro, come il titolo suggerisce, ma soltanto il possessore delle chiavi potrà giungere al cospetto di Alaloth e questo porta a un'ovvia conclusione: arriverà il momento in cui eventuali alleanze si romperanno e i campioni si sfideranno a vicenda per rubarsi il prezioso bottino in una lotta contro il tempo che lascia spazio all'esplorazione ma non ci permette di adagiarci sugli allori.
Al di là dei giocatori umani che decideranno per loro la strategia più indicata da seguire, pare che l'intelligenza artificiale sia stata impostata affinché gli altri tre campioni agiscano con il preciso obiettivo di ottenere tutte le chiavi, pertanto non va dato scontato il fatto di poterle trovare tutte al loro posto come se non aspettassero altri che noi; è una competizione serrata che promette, se non altro su carta, un'esperienza coinvolgente sia in gruppo sia per i lupi solitari. Soprattutto ci pone il dubbio su quale sia la tattica migliore da seguire, correre alla ricerca delle chiavi sacrificando l'aumento dell'esperienza oppure rafforzarci con il rischio di vederci sottrarre quelle stesse chiavi?
La risposta potremo saperla solo a gioco completo ma le premesse sono senza dubbio interessanti. E in tutto questo non dimentichiamo Alaloth: il demone sta cercando di liberarsi dal regno in cui è confinato ma si fatto si è risvegliato, dunque far passare troppo tempo prima di affrontarlo significa lasciare campo libero alle sue buie orde che si riverseranno sul mondo in quantità sempre maggiore.
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Ciò detto, facciamo un passo indietro e torniamo all'inizio. Come qualsiasi RPG, Alaloth: Champions of the Four Kingdoms ci chiede di creare il nostro personaggio e qui interviene la chiara esperienza di Avellone: dovremo anzitutto scegliere la razza di appartenenza fra le quattro disponibili (umano, orco, elfo, nano), il nostro stile di combattimento che si divide in due mani, una mano o arma doppia, l'allineamento, la divinità cui siamo devoti (legata alla razza a all'allineamento stesso) e infine la casata alla quale giurare fedeltà. Ce ne sono dieci per regno, ciascuna con il rispettivo background, il motto, lo stemma e quant'altro, senza contare la possibilità di creare e personalizzare un proprio clan grazie alla "Legacy Mode" che sbloccherete dopo avere completato il gioco per la prima volta.
Cominceremo l'avventura con un equipaggiamento standard legato allo stile di lotta, naturalmente modificabile in base alle armi che decideremo in seguito di impugnare, e una sola abilità della razza. Come abbiamo scritto, l'obiettivo è fermare Alaloth ma per riuscirci dovremo prestare attenzione al mondo di gioco che vive e si evolve indipendentemente dalle nostre azioni: ciò significa che mentre siamo impegnati a fare qualcosa, altrove potrebbero accaderne altre che andranno a modificare l'andamento del gioco. La costante minaccia rappresentata non solo dal demone e dalla sua cerchia ma anche dagli altri tre campioni concorre a tenere viva l'atmosfera perché il raggiungimento del nostro obiettivo non è mai sicuro: dobbiamo cercare di entrare in possesso degli artefatti prima di chiunque altro o, nello scenario peggiore, strapparglieli prima che possano appressarsi all'end game.
Per riuscirci dobbiamo spostarci da un luogo all'altro della mappa del mondo, visitare i diversi regni e i loro insediamenti per parlare con cittadini, guardie, locandieri e commercianti al fine di trovare le informazioni necessarie al nostro viaggio: ciascun dominio ha la propria capitale, una grande città e cinque piccoli villaggi dove esplorare, senza contare i punti di interesse e naturalmente i dungeon nei quali potrebbe essere racchiuso ciò che stiamo cercando. Le quattro chiavi (frammenti, a voler essere precisi) sono distribuite casualmente all'inizio di ciascuna partita, dunque non si può sapere in anticipo dove siano.
Il movimento sulla mappa è del tutto libero ma soggetto all'area lungo cui ci stiamo muovendo: per dire, percorrere una strada sarà più facile che arrancare in una palude, e per velocizzarci possiamo anche contare su alcuni tipi di cavalcature o determinate abilità - questo è da tenere particolarmente in considerazione se state giocando con l'obiettivo di portare a termine la missione principale, poiché i restanti campioni faranno lo stesso. Inoltre, le icone contrassegnate da araldiche sono unità in movimento che potrebbero attaccare o, al contrario, essere attaccate da voi.
A proposito di attacco, ecco che arriva il piatto forte di Alaloth: Champions of the Four Realms - le cosiddette "Fighting Areas", zone di estensione variabile (piccola, media, grande) che rappresentano gli effettivi dungeon del gioco nei quali metterci alla prova e aumentare il nostro livello, processo slegato dall'ottenimento di punti esperienza e invece gestito da un sistema di progressione simile alle "milestone" di Dungeon & Dragons.
Non è possibile accedere all'inventario una volta entrati in queste Fighting Areas, né abbandonarle, l'unica scelta è sopravvivere eliminando il boss o morire nel tentativo, ma prima di ciascuna area c'è una zona sicura dove riposare e salvare la partita. Solo qui, oltre alla taverna, potrete gestire il vostro personaggio, l'arsenale e salvare la partita, dunque pianificate la strategia con cura prima di lanciarvi in battaglia.
Se avrete successo, accederete a un forziere il cui bottino è variabile e, se siete fortunati, può contenere uno degli agognati frammenti. Se al contrario doveste essere uccisi verrete riportati alla mappa del mondo, diventata totalmente grigia (come in Ultima Online) e cercare un tempio per chiedere agli dei di riportarvi in vita. Inoltre, e qui comincia a sentirsi la prima influenza Dark Souls, il vostro corpo rimarrà nei pressi della Fighting Area con tutto l'equipaggiamento che avevate con voi prima di morire, alla mercé di chiunque passi per quella zona. Completando con successo una di queste aree pianterete il vostro stendardo su di essa, rendendola inaccessibile: ciò significa che per scoprirle tutte serviranno più partite giocate con una razza diversa, poiché verosimilmente anche gli altri campioni conquisteranno aree a loro vicine.
Come abbiamo accennato, non esiste il level-up tramite il classico sistema dei punti esperienza: si sale di livello conquistando le Fighting Areas, per la precisione una volta ogni due. Per ciascun livello dovete scegliere un'abilità di razza più un'altra speciale legata alla professione che avrete scelto fra nove disponibili, raggruppate in tre gruppi da tre chiamati Ways: Way of Arms, focalizzata come il nome suggerisce sul combattimento; Way of Gods, legata al sacro; infine Way of Magic, focalizzata sulla manipolazione degli elementi. Ogni manipolazione conta quattro abilità uniche per un totale circa di cinquantaseimila combinazioni possibili. Delle nove professioni nel dettaglio vi parleremo in futuro quando potremo provare, o direttamente recensire, il gioco.
Da ultimo, le abilità hanno un proprio tempo di cooldown, alcune possono addirittura richiedere un minuto - e se siete pratici di questo tipo di giochi, capite bene quanto sessanta secondi siano una vera eternità dalla quale può persino dipendere l'esito dello scontro. A far spiccare Alaloth: Champions of the Four Kingdoms è proprio la cura infusa nelle animazioni e nei movimenti soprattutto durante il combattimento, che sviluppandosi secondo il genere action-RPG (parate, schivate, combo) appare estremamente fluido e vario, differente da quanto ci si potrebbe aspettare di norma da un videogioco di ruolo isometrico.
Conclusioni
Nel complesso dunque, il gioco di Gamera è promettente sotto ogni punto di vista, caratterizzato da aspetti che lo distinguono da qualsiasi altro titolo sullo stesso genere. Attenzione ai dettagli, lore, comparto artistico, tutto si muove nella giusta direzione lasciando solo due dubbi: la longevità delle singole partite e l'eventuale fretta che le meccaniche strutturali potrebbero imporci. La ricerca degli artefatti sarà davvero limitante in termini di esplorazione o lascerà più liberta al giocatore? Questo è un aspetto che potremo considerare soltanto gioco alla mano e non vediamo l'ora di poterlo fare. Alaloth: Champions of the Four Realms ha tutto ciò che serve per diventare uno dei titoli migliori del 2019 non solo nell'ambito dello sviluppo indipendente, ma persino del genere di appartenenza.
In attesa di giocare ad Alaloth: Champions of the Four Realms è disponibile Dark Souls: Remastered per ingannare il tempo.