Akihabara: la "capitale del videogioco" sta scomparendo? Ecco la nostra analisi

Akihabara è da sempre la capitale del videogioco, ma negli ultimi anni sta perdendo quello smalto che l'ha resa unica. Ecco la nostra analisi.

Avatar di Luca Romagnolo

a cura di Luca Romagnolo

Se Parigi è la capitale della moda ed Hollywood quella del cinema, anche il videogioco ha un luogo che viene generalmente riconosciuto e associato a esso, un piccolo quartiere di una immensa metropoli in estremo oriente, Akihabara, Tokyo, Giappone.

Akihabara come la conosciamo oggi è una zona commerciale che sorge intorno all’omonima stazione, nata nell’immediato dopoguerra come luogo dedicato alla vendita di componenti elettronici, nel corso dei decenni si è lentamente trasformata, o meglio, adattata all’evolversi del mercato, tanto che a partire dalla seconda metà degli anni 80 è diventata la zona in cui si concentravano decine di negozi in cui non solo si vendevano videogames ma erano anche numerose le sale giochi.

Una passeggiata per Akihabara parte sicuramente uscendo dalla stazione dei treni e prosegue in direzione nord verso Ueno seguendo il grosso stradone che la taglia a metà. Oggigiorno ci sono diverse tipologie di negozi, per non parlare di quelle catene che nel corso degli ultimi anni hanno cambiato il tipo di prodotti in vendita; oltre ai già citati negozi di videogiochi, sia per le console attuali che quelle più vecchie, arcade center tradizionali e non, negli ultimi anni sono spuntati come funghi i negozi che vendono prodotti di tutti i generi dove torme di turisti, spesso cinesi e del sud-est asiatico, fanno frenetici acquisti in nome del “tax free” che permette di risparmiare il 10%, il valore dell’IVA nel paese nipponico (tra l’altro aumentato di recente, lo scorso 1 Ottobre).

Ed è proprio questo recente aumento di negozi che nel corso degli ultimi 7-8 anni ha un po’ cambiato l’aspetto di quello che è sempre stato considerato il “quartiere elettronico”, come recita la scritta all’uscita delle stazioni, se non addirittura il “paradiso dei videogiochi”. Purtroppo al giorno d’oggi questo paradiso ha perso molto smalto, se non addirittura è stato stravolto, considerato che chi ci andava alla ricerca di retrogame ora si trova a vedere prezzi che quasi sono più cari di quelli in vendita su siti come Ebay...

Faccio un piccolo salto temporale per rendere l’idea ai lettori di come sia lentamente cambiato molto ad Akihabara.Venni in Giappone la prima volta nel 2003, l’epoca in cui PS2 dominava il mercato ed il videogioco sfruttava ancora la scia del boom avvenuto un decennio prima con la discesa in campo di Sony. Girare per Akihabara era davvero come stare nel paradiso dei videogiochi, negozi ovunque, una grandissima offerta e prezzi decisamente bassi per l’acquisto di vecchi giochi, mentre per quelli recenti il top lo si raggiunse intorno al 2007 quando complice un cambio euro-yen vantaggiosissimo, 167 yen per 1 euro (oggi siamo a 119...), si potevano fare affaroni.

A partire dall’inizio di questo decennio il governo nipponico promulgò una serie di leggi volte a promuovere il turismo dall’estero e nel giro di pochi anni questa scelta si rivelò vincente. Naturalmente anche Akihabara divenne ancor più meta turistica di quanto non lo fosse in passato e con l’introduzione dal 2014 del tax free ci fu una radicale svolta di quello che i negozi vendevano nel “quartiere elettronico”.

Solitamente le grosse catene promuovono al piano terra gli articoli che vanno di più e si è passati dagli stand della PS2 a quelli del DS e PSP per poi accogliere i giochi per Wii fino all’esplosione degli smartphone; ma se i cellulari sono comunque prodotti utilizzati anche per giocare, con l’estensione del tax free ad un più ampio ventaglio di prodotti, ad Akihabara si è assisto ad una svolta epocale: al piano terra dei negozi si iniziano a vendere prodotti come cosmetici, profumi, igiene personale, preda di quelle torme di turisti cinesi, indonesiani, malesi che vengono quotidianamente scaricati dai pullman; il loro obiettivo è recuperare quegli articoli che nei loro paesi sono più cari e niente hanno a che fare con l’aspetto elettro-tecnologico che aveva caratterizzato per circa 50 anni il quartiere di Akihabara.

Ormai girare tra le strade e viette del “distretto tecnologico” non è molto diverso dal farlo in altre locazioni, Shinjuku, Ikebukuro, Shibuya; alle decine di negozi di videogiochi, sale giochi, si sono affiancati, se non addirittura sostituiti, negozi tax free e gastronomici. Ricordo perfettamente il primo anno in Giappone il problema di rifocillarsi, persino i conbini (i minimarket aperti 24 ore su 24) erano, e sono, scarsi, mentre adesso passeggiando sullo stradone principale dal lato destro ogni giorno è possibile vedere una nutrita schiera di turisti seduti sul marciapiede intenti a rifocillarsi.

Si è perso quindi nel corso degli anni quel clima di quartiere dedicato ai videogiochi in favore di una Akihabara che strizza più l’occhio al turista occasionale e generico, sono spariti quei negozi che a volte proponevano la demo giocabile di qualche gioco in uscita a breve (ricordo ad esempio un test di Shikigami no Shiro 2 per Gamecube proposto da Messe Sannoh, negozio che purtroppo ha chiuso e che era conosciuto ai più perché era uno dei pochi che vendeva gli sparacchini 2D dei produttori indipendenti, oggi li chiamiamo indie, o i superplay di quelli più commerciali e famosi).

Se ormai sullo stradone principale Akihabara propone di tutto e di più, nelle due stradine parallele sul lato sinistro rimane ancora un po’ di quella “magia” che c’era un tempo, oltre naturalmente alla parte intorno e sotto il ponte dei binari del treno dove ancora si trovano i negozietti di elettronica, quelli da dove partì tutto oltre 50 anni fa.Se avete bisogno di condensatori, chip, saldatori e così via, o se volete soltanto vedere come è “nata” Akihabara, consiglio di fare un giro tra questi negozi che sono microscopici ed essendo attaccati alla stazione sono immediatamente raggiungibili. Certo, ormai con internet tutto è alla portata di un clic del mouse ma girovagando in questo dedalo di bancarelle si respira un po’ il profumo di quel vecchio Giappone che faticosamente cercava di rialzare la testa dopo le distruzioni della guerra.

La diminuzione dei negozi di giochi è invece figlia di quella maggiore diffusione che il prodotto videoludico ha avuto nel corso dell’ultimo decennio, i negozi ormai si trovano in molti più esercizi commerciali rispetto a 15-20 anni fa per cui si è un po’ perso quell’interesse nel cercare il gioco al prezzo più vantaggioso. Sono rimasti i negozi di retrogame certo, dal più famoso Super Potato a Mandarake a Beep, quest’ultimo che propone PC e console di 30 anni fa come l’MSX, ma negli ultimi anni i prezzi sono aumentati a dismisura, figli di quel boom turistico che ha colpito il quartiere, e non è più assolutamente conveniente comprare qualcosa relativo al retrogame ad Akihabara.

Sempre in queste stradine si incontrano ancora dei negozi di elettronica, in questo caso parliamo proprio di punti vendita ampi e con un’offerta dettagliata, e recentemente c’è stato un aumento anche di quelli al mondo del PC, tanto che se siete appassionati di customizzazione vi invito caldamente a visitare: si trova di tutto, da qualsiasi tipo di componente fino a semplici ventole o connettori molex, periferiche di ogni tipo e naturalmente tutto quello che riguarda il tuning.

Un’ultima menzione che mi sento di fare è per quei 2-3 negozietti che vendono memorie e pendrive usb, quando vi serve qualcosa se vi recate da loro non solo troverete sicuramente qualcosa di interessante ma a prezzi più bassi di qualsiasi altro negozio, non solo del circondario ma rispetto anche a catene commerciali di livello nazionale; del resto la calca di gente che si incontra in questi negozi è proprio lì a dimostrare la bontà e convenienza dei prodotti in vendita.

Non le ho ancora citate, ma ad Akihaba ci sono naturalmente le sale giochi, anche se la maggior parte di esse (quelle poche rimaste a dire la verità) sono le classiche multipiano SEGA e Taito, che hanno oltre ai videogiochi i tipici ufo catcher, alcuni anche i “purikura” (macchinette fotografiche con vari effetti speciali amatissime dalle ragazzine), ma per i puristi o gli amanti degli arcade classici resiste la HEY, non proprio la migliore di tutte ma senz’altro regala soddisfazioni se siete amanti dei classici anni 80 e 90, sparacchini 2D, tutti i tipi di piacchiaduro usciti negli ultimi 25 anni e persino diversi giochi di guida.

Insomma Akihabara nonostante la pesante trasformazione che ha avuto nel corso dell’ultimo decennio merita ancora di essere visitata, specie se si vuole assaporare quella cultura “otaku” che dagli anni 90 in poi ha conquistato l’occidente. Diciamo che ora è appunto molto più commerciale e molto meno videoludica, se sperate di recarvici per acquistare qualche titolo d’importazione retro a buon prezzo lasciate perdere e rivolgetevi altrove, come detto in precedenza i prezzi hanno raggiunto livelli astronomici.

Un’ultima curiosità, se ne avete la possibilità vi consiglio di visitarla la domenica, e per un semplice motivo: nel pomeriggio il traffico sullo stradone principale viene chiuso per cui passeggiare tra le due ali di palazzi permette non solo di apprezzare meglio quella che se è stata la capitale dei videogiochi rimane comunque quella della “subcultura pop” (come dicono i giapponesi), ma anche di osservare il vasto corollario di persone che affollano i vari negozi o che gira disperata alla ricerca di improbabili affaroni.

Leggi altri articoli