A Plague Tale: Requiem è un videogioco che tutti, in un modo o nell'altro, stanno aspettando. E Asobo Studio, per chi non lo conoscesse, è uno studio di sviluppo francese che nel corso degli ultimi anni ha pubblicato alcuni dei videogiochi più avanguardistici del medium. È lo sviluppatore - tanto per citarne uno - di Flight Simulator, il celeberrimo simulatore che ha appassionato e intrattenuto moltissimi giocatori e che, ancora oggi, ne tiene altrettanti incollati allo schermo.
Oltre a questo, però, tra le tante produzioni di cui può vantare nel suo parco titoli, c’è un nome noto che abbiamo conosciuto meglio nel 2019, un nome che vorremo pronunciare con l’accento francese. Stiamo parlando di A Plague Tale: Innocence, una produzione indipendente che ha confezionato una delle storie più appassionanti, travolgenti e commoventi della storia del medium. Se da una parte c’era la volontà di creare una storia inedita, dall’altra c’erano tutte le motivazioni per proporre un’opera desiderosa di ritagliarsi uno spazio rilevante e proponendo una storia di maturazione e crescita.
Dalla Guerra dei Cent’anni fino ad A Plague Tale: Requiem
Se non altro, questo è un livello di sviluppo noto a tutti quelli che cercano nei videogiochi ben più di un gameplay appassionante e memorabile di cui godere, appassionandosi inevitabilmente alle sue sfumature. Tuttavia, quello che funzionava in A Plague Tale: Innocence, oltre alle reminiscenze che ricordavano The Last of Us, era il rapporto tra Amicia e Hugo, due fratelli contro un mondo disgraziato e privo di compassione, ancorato alle barbarie del Medioevo con le sue ipocrisie e privazioni. Il periodo storico, insomma, era uno dei peggiori: la guerra dei Cent’anni sferzava la Francia dei Capetingi ormai da diversi anni, con re Edoardo III d’Inghilterra sicuro di impossessarsi del trono del Paese dei Lumi in poco tempo, con la speranza di riconquistare Calais e la Normandia, e di sedere sull'ambito e conteso trono di Francia.
Nel frattempo, lontano dai campi di battaglia e dal sangue versato per la madrepatria, la famiglia De Rune viveva in pace, costretta a sopportare il peso delle privazioni causate dalla guerra e dalle vittorie di re Edoardo e dei suoi uomini, supportati dall’Inquisizione e dalla Chiesa di Roma. Per chi non lo sapesse, la storia di A Plague Tale: Innocence è ambientata nel 1348 durante la Peste Nera, una pandemia che colpì e annientò tre quarti della popolazione europea. Uno scenario sicuramente lugubre dove ambientare un videogioco, ma tutto è stato costruito perché avesse un senso e una densità storica, nonché una narrazione capace di amalgamarsi con la struttura di gioco.
Amicia e Hugo, costretti a lasciare il loro nido sicuro, abbandonano le sicurezze di una vita agiata, lasciandosi alle spalle ben più di un tetto sicuro e di una protezione assicurata. Mentre se ne vanno stanchi e privati della loro felicità, non guardandosi indietro seppure con il cuore affranto, sono ormai certi che il futuro sia il loro peggior nemico. Il grande merito di A Plague Tale Innocence, d’altronde, è aver costruito un racconto di formazione, dandogli un senso e confezionando una profondità narrativa che si evolve e coinvolge il giocatore costruendo una base solida per dare un senso all’intero racconto.
Se da una parte abbiamo il passato, composto dalla Macula, dall’altra ci sono Amicia con le sue paure, il suo smarrimento e tutto quello che la impensierisce e spaventa. La ragazza è costretta a compiere ogni mossa pensando alla salute cagionevole di Hugo. A Plague Tale: Innocence, in tal senso, ha esortato il giocatore a prendersi cura del fratellino della protagonista, curandolo, assistendolo e proteggendolo come era stato fatto soltanto da Naughty Dog con The Last of Us.
Lo scheletro narrativo, come era ovvio, ha sorretto una storia convincente e appassionante, mettendo inevitabilmente al centro del racconto un rapporto travolgente che si evolve in modo tangibile e convincente. Procede con convinzione, non lascia spazio a ulteriori interpretazioni ed è potente dall’inizio alla fine, delineando con potenza il rapporto tra Amicia e Hugo, rendendolo più forte nonostante le avversità e i loro turbamenti.
Le emozioni, quando si tratta di videogiochi del genere, hanno una loro origine specifica e sono caratterizzati in modo percettibile e appassionante, offrendo una visione a trecentosessanta gradi di come si sviluppi una storia. Se Amicia si augura di sopravvivere con Hugo, il suo fratellino è sicuro di essere ormai destinato a una morte orribile. La sua malattia, collegata alle invasioni di ratti e alla Macula, è potente e ha origini lontane dalla logica e dal raziocinio umano, tanto da spingere entrambi a lasciare il nord della Francia occupato dalle truppe inglesi e dirigersi in un generico viaggio verso sud. L’intera trama di A Plague Tale: Innocence, se è per questo, attraversa con decisione questi stimoli e li affronta uno dopo l’altro, non accontentandosi e mostrando in generale una cura per le tematiche trattate al suo interno.
Amicia è un personaggio principale che matura stringendo per mano suo fratello e, nel frattempo, affronta i suoi fantasmi interiori, cambiando ed evolvendosi. Hugo è un bambino inconsapevole, inizialmente, che poi comprende cosa sta accadendo accorgendosi in un secondo momento di essere una minaccia per chiunque lo circondi. Non è solamente percettibile attraverso lo schermo e il pad, ma lo è soprattutto grazie ai dialoghi che sono stati sapientemente scritti dagli sceneggiatori di Asobo Studio.
Se il passato è un mistero, il futuro è ricco di incognite
C’è un collegamento, come è inevitabile, tra il passato e il presente di un videogioco. Con A Plague Tale: Requiem è logico pensare che il filone sia continuativo rispetto al passato, nonché più tondo e scritto meglio. Tre anni fa abbiamo lasciato Amicia e Hugo su quel carretto diretti chissà dove, e abbiamo ipotizzato quale potesse essere la loro meta del viaggio mentre ci domandavamo in che modo sarebbero cambiati. È inevitabile chiederselo, considerando le incognite che un seguito del genere porta con sé, ed è logico riflettere sul futuro effettivo della serie, qualora Asobo Studio decidesse di continuarla dopo il secondo capitolo.
È ovviamente presto per porsi già domande su un eventuale terzo episodio del franchise e sulla prosecuzione delle avventure dei due fratelli De Rune, sebbene ormai ci siano entrati nel cuore. Attualmente le intenzioni di Asobo Studio per le avventure Amicia e Hugo sono in ogni caso chiare e cristalline e sono collegate inevitabilmente al primo episodio. In che modo lo sono, però? Perché ci concentriamo su questi passaggi, invece di analizzare il gameplay del trailer esteso? Il team francese ha concentrato le sue forze perché il legame tra due fratelli fosse reso più forte dopo gli accadimenti turbolenti del primo episodio. Mentre vediamo Hugo spingere la sorella su un’altalena traballante legata a un albero, notiamo immediatamente che il piccolo è cresciuto di altezza e potrebbe avere sei o sette anni, seppure l’età, come sappiamo, sia un dato relativo quando parliamo di reietti in fuga dall’Inquisizione e dal passato.
La voce di Amicia, più matura e sicura di sé, sembra segnata e triste, come se della ragazza un tempo felice non rimanesse più nulla. Se non altro, questa è una scelta di narrazione che potrebbe espandere maggiormente il rapporto tra i due fratelli e metterli sullo stesso piano. Dal trailer esteso che abbiamo visionato più volte e dagli atteggiamenti di entrambi, si nota appunto una maturità che li costringe non soltanto a restare in guardia, bensì ad aspettarsi di tutto dal futuro e dai pericoli che non si sono affatto lasciati alle spalle.
Intanto Amicia, come nel primo capitolo, stringe la mano del fratellino con forza, dimostrandosi nuovamente una sicurezza. Hugo, seppure cresciuto nella consapevolezza della sua malattia, accetta le attenzioni della sorella senza fare storie o fuggire via, come era accaduto in più occasioni nel primo videogioco del franchise. In certi momenti di A Plague Tale: Innocence, il piccolo sperava di chiudere gli occhi per fare un favore alla sorella e al mondo intero, lasciandosi così alle spalle un mondo che non lo accettava e lo vedeva come una minaccia.
Il peso delle scelte di A Plague Tale: Innocence, insomma, sembra tornare nuovamente in A Plague Tale: Requiem, e non nel modo scontato che ci aspetteremmo. Mentre li vediamo raggiungere la chiesa, il gameplay di gioco non appare troppo diverso dal passato. Come accennavamo prima, è il rapporto tra Amicia e Hugo il punto cardine dell’intera esperienza e potrebbe esserlo nuovamente con tutte le diramazioni che una storia del genere potrebbe prendere, approfondendo maggiormente non solo il loro legame ma anche la Macula, di cui ancora conosciamo poco. Sappiamo che è collegata a Hugo ed è una maledizione che peggiora non soltanto la sua salute, ma anche l’invasione dei ratti, cui essa è misteriosamente collegata.
Il motivo del loro viaggio verso sud riguarda la Macula e non solo questo, perché entrambi stanno fuggendo dall’Inquisizione e dalle sue spietate mire. Mentre il mondo sembra peggiorare, con gli inglesi ormai a un passo dalla conquista della Francia, a unirli davvero è il ricordo del padre e della madre che li hanno amati, perduti durante la fuga.
Come si scrive una storia di coraggio? E ancora, come può svilupparsi quando tratta dei protagonisti così giovani, inesperti e spaventati dal mondo? Intanto né Amicia né Hugo possono considerarsi tali, dopo gli avvenimenti del primo capitolo del franchise e gli orrori che hanno affrontato. Secondo, seppure sia stato un trauma per loro vedersi portare via i genitori dalle lame dell’Inquisizione, ormai ha già rinforzato entrambi. Terzo, una storia di coraggio e speranza si scrive attraverso i suoi protagonisti, perciò non sembra esserci molto altro da ipotizzare.
Tuttavia, è importante sottolineare che A Plague Tale: Requiem, come il predecessore, concentra ogni sua energia sul racconto, la scrittura della trama e la sua evoluzione. Nonostante qualche passo falso compiuto in passato con A Plague Tale: Innocence, questo seguito potrebbe andare nella direzione opposta, cercando un equilibrio tra il sovrannaturale e la fedeltà storica, non eccedendo troppo né da una parte, e tanto meno dall’altra. Potrebbe in effetti considerarsi una via di mezzo tra le due sinergie, che sarebbe in grado così di proporre un’opera ancora più sfaccettata.
Dal passato non si può sfuggire…
Non è una frase casuale e non è neppure scontata, se pensiamo a quello che hanno affrontato Amicia e Hugo. Se prima entrambi trovavano un porto sicuro ripensando ai loro genitori, quello che hanno passato li ha portati ad allontanarsi definitivamente da quei ricordi felici. Era inevitabile che accadesse, e non solo perché quanto hanno passato è un vero incubo e quello che potrebbero vivere è imprevedibile e inaspettato, ma perché ormai hanno accettato il loro fato e da esso non possono più scappare, se non abbracciarlo come un tempo stringevano i loro genitori. È questa la costruzione su cui si basa il collegamento tra il primo e il secondo capitolo del franchise, e che spiega la potenza narrativa che lega i fratelli De Rune e le tristi e inaspettate vicende.
Sono sfortunati eventi al pari di quelli dei fratelli Baudelaire, con la sola differenza che i De Rune sono braccati dall’Inquisizione, dai loro agenti e persino dagli inglesi, i loro alleati più fedeli. Se dal passato non si può sfuggire, dunque, si potrebbe invece avere speranza dal futuro e dalle sue incognite. È quanto abbiamo notato negli occhi di Amicia, che si augura ben altro per suo fratello e per lei, magari un destino migliore e diverso, sebbene sappia tutto del suo futuro. Come i ratti che è costretta a evitare, non può fare altro che scorrere via, cercando però di non diventare una vittima degli eventi e provando a tenere al sicuro Hugo quanto l’è possibile.
Se in A Plague Tale: Innocence il senso di impotenza era qualcosa che avvertivamo quasi in ogni occasione, sembra che l’esperienza di Amicia e Hugo, al contrario, li abbia formati per quello che potrebbero affrontare nel loro futuro in queste nuove terre di cui sappiamo ancora poco. In tante occasioni abbiamo ipotizzato che si tratti del sud della Francia, anche se ci aspettiamo addirittura che i due fratelli potrebbero averla abbandonata per raggiungere la Spagna in cerca di risposte sulla Macula. Di sicuro, lo sapremo soltanto quando stringeremo il pad tra le dita e affronteremo il secondo viaggio scritto per noi da Asobo Studio.
A Plague Tale Requiem: quando il gameplay è funzionale al racconto
Ci sembra importante sottolinearlo, specie per chi sente parlare per la prima volta di A Plague Tale: si tratta di un videogioco d’azione dove è la storia la reale essenza dell’opera. Il gameplay, in tal senso, non è un riempitivo o un pretesto, ma è semplicemente funzionale e si amalgama in questo insieme creando per l’appunto il videogioco che conosciamo, con i suoi innegabili punti di forza e le sue problematiche.
Se non altro, il game design del primo, per quanto non fosse originale, era piacevole da vivere e il secondo capitolo del franchise, in tal senso, sembra andare verso quella direzione con pochi reali cambiamenti nella sua struttura ludica. Un altro punto interessante, tuttavia, riguarda l’approccio di Asobo Studio alla storia, che è di fatto il perno dell’intero videogioco. Questo è accaduto in passato con The Last of Us, che non ha mai offerto un sistema di gioco memorabile e ha concentrato tutto sulla storia, accentuando le emozioni e dando loro molta più importanza.
Naturalmente, A Plague Tale non nasce con lo scopo di essere un The Last of Us nel Medioevo, ma si interfaccia con un sistema già finemente collaudato e che funziona, collocandosi nel mercato senza snaturarsi ma proponendo un’altra storia, altre sinergie e un legame diverso. Stiamo parlando di videogiochi che, nel loro percorso evolutivo, hanno sempre dimostrato una sicurezza ulteriore e una cura differente quando si trattava di proporsi al grande pubblico.
Alle volte, giustamente, pretendiamo che un bel racconto sia supportato da un ottimo gameplay; è logico aspettarlo, se ci interfacciamo con il medium videoludico. Tuttavia, ogni studio di sviluppo ha la sua autorialità, nonché il suo modo di trattare i propri videogiochi per restare fedele alla sua visione. Quella di Asobo, semplicemente, non è poi tanto diversa da molte altre, ed è peraltro una scelta ludica che funziona e riesce a convincere, tanto da tenere il giocatore incollato allo schermo, confezionando, come nel caso di A Plague Tale: Innocence, delle opere di qualità, sia dal grande spirito empirico e astratto quanto reale e tangibile pad alla mano, andando ben oltre i classicismi di cui a volte ci lamentiamo.
La morale di questa storia è la sua formazione
Se la storia di Hugo e Amicia ci ha insegnato qualcosa, mentre la giocavamo e la assorbivamo, è che la loro maturazione è collegata alle classiche opere di formazione. Ci sono libri, film e fumetti che trattano la crescita in modo azzeccato e calzante, e in questo caso A Plague Tale è il videogioco che più si avvicina a questa filosofia, definendola a modo suo.
In questo caso la storia dei fratelli de Rune è crudele e spietata, priva di momenti di reale compassione. Se un tempo non erano tali, se un tempo erano amati e supportati, adesso Amicia e Hugo hanno davanti un mondo imprevedibile e spietato, che non ha regalato loro niente che non fosse diverso da un pugnale dritto nel cuore o dietro la schiena. È il racconto di un legame, il più profondo che esista, in uno scenario terribile, in un momento storico brutale e con un deterrente narrativo ben più spietato di quel che immaginiamo. È una storia di speranza, in tutto e per tutto.