La divisione italiana di Xiaomi ha incassato una multa di ben 3,2 milioni di euro per aver impedito ai suoi clienti di esercitare i diritti legati alla garanzia legale dei suoi prodotti. In Italia, la garanzia ha durata pari a 24 mesi, ma in caso di altri difetti (anche solo graffi superficiali), Xiaomi si sarebbe rifiutata di prendere in carico la riparazione, a meno che il cliente non avesse accettato di riparare anche i danni "fuori garanzia" e quindi a pagamento.
A seguito delle indagini, l'AGCM ha deciso di multare Xiaomi Technology Italy S.r.l. per la cifra di 3,2 milioni di euro. Ma quello delle mancate riparazioni in presenza di altri difetti non sarebbe l'unico motivo: l'AGCM ha rilevato un'ulteriore "scorrettezza" nell'operato di Xiaomi, che richiedeva il pagamento delle spese di restituzione e di verifica nel caso in cui non avesse riscontrato difetti di conformità in un prodotto inviato per la riparazione. La legge, al contrario, stabilisce che sia l'azienda a dover sostenere queste spese, non il cliente.
In più, Xiaomi Italia avrebbe protratto troppo a lungo le procedure di riparazione, costringendo il cliente a fare a meno del proprio device per troppo tempo. A tal proposito, la legge prevede che un dispositivo possa essere riparato solo se il processo può essere portato a termine nel breve periodo, altrimenti si deve disporre subito la sua sostituzione.
Xiaomi ha risposto tempestivamente alle accuse dell'AGCM difendendo la sua posizione:
"Abbiamo preso atto della decisione dell'AGCM e ci stiamo occupando di valutarne le motivazioni. Riteniamo che i nostri servizi post-vendita, compreso il servizio di garanzia, siano pienamente conformi alla legge italiana. Siamo impegnati a fornire un servizio post-vendita altamente soddisfacente ai nostri clienti in tutto il mondo".
Non è la prima volta che Xiaomi viene multata, ma è senz'altro la prima volta che la divisione italiana finisce nel mirino e per di più per una questione legata alla garanzia legale dei prodotti. L'ultima volta, ricordiamo, si trattò di un caso di presunta pubblicità ingannevole (ne abbiamo parlato qui).