Sanzioni contro Cina un errore, dice la Segretaria USA

Sanzioni e controlli all'esportazione non fermeranno la produzione di chip in Cina, il ban è un errore.

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a cura di Luca Zaninello

Managing Editor

In un'inversione di tendenza rispetto alla strategia finora adottata, la Segretaria al Commercio degli Stati Uniti, Gina Raimondo, ha espresso scetticismo sull'efficacia delle sanzioni e dei controlli alle esportazioni imposti alla Cina per limitarne lo sviluppo nel settore dei semiconduttori. Secondo Raimondo, la strada maestra per mantenere la leadership tecnologica non è ostacolare Pechino, ma investire massicciamente nell'innovazione e nello sviluppo interno.

"Cercare di bloccare la Cina è una missione inutile" ha dichiarato la Raimondo. La Segretaria ha sottolineato come il CHIPS and Science Act, il piano di investimenti da 52,7 miliardi di dollari varato dall'amministrazione Biden per incentivare la produzione di chip sul suolo americano, sia uno strumento ben più potente delle restrizioni commerciali.

L'affermazione giunge in un momento cruciale, con gli Stati Uniti che cercano di rafforzare la propria filiera dei semiconduttori, riducendo la dipendenza da Taiwan e altri produttori asiatici. L'anno scorso, grazie al CHIPS Act, gli investimenti statunitensi nelle infrastrutture per i chip hanno superato la somma di quelli degli ultimi 28 anni. Ciononostante, l'amministrazione Biden ha continuato a imporre blocchi alle aziende cinesi nell'acquisto di chip avanzati (come quelli per il 5G) e di macchinari per la produzione di semiconduttori provenienti dagli Stati Uniti e dai Paesi Bassi.

Quest'ultimo punto riguarda in particolare la società olandese ASML, l'unica al mondo a produrre macchine per la litografia a ultravioletti estremi (EUV), essenziali per la fabbricazione dei chip più avanzati. Senza la possibilità di acquistare queste macchine, il principale produttore cinese di chip, SMIC, si affida a macchinari DUV (Deep Ultraviolet Lithography) di vecchia generazione, limitandosi a produrre chip a 7nm.

"L'unico modo per battere la Cina è rimanere un passo avanti a loro" ha ribadito Raimondo. "Dobbiamo correre più velocemente, innovare più di loro. Questo è il modo per vincere"

La Segretaria ha guidato gli sforzi per trasformare il Dipartimento del Commercio nell'agenzia di punta per l'espansione dell'industria dei chip negli Stati Uniti.

Le sanzioni, secondo Raimondo, sono solo "rallentamenti" che non impediscono alla Cina di raggiungere il suo obiettivo finale: dominare la tecnologia a livello globale. La Segretaria ha citato l'esempio del Huawei Mate 60 Pro, lanciato l'anno scorso mentre lei si trovava in Cina. Il dispositivo, il primo smartphone Huawei con un chip 5G progettato internamente dal 2020, è stato interpretato da molti come la dimostrazione che i controlli alle esportazioni statunitensi non sono riusciti a limitare l'industria tecnologica cinese.

Raimondo, tuttavia, ha una visione diversa. Ha sottolineato che il chip del Mate 60 Pro utilizza un processo produttivo a 7nm, ormai obsoleto rispetto ai 3nm utilizzati per l'A17 Pro che alimenta l'iPhone 14 Pro, definendo lo smartphone Huawei "non un granché".

SMIC e Huawei stanno lavorando per sviluppare un'alternativa alla litografia EUV, ma la strada è in salita. Raimondo, che lascerà l'incarico a breve, dovrà affrontare un probabile cambio di rotta con l'insediamento della nuova amministrazione Trump. L'ex Presidente, infatti, ha già criticato il CHIPS Act, proponendo di sostituire i sussidi con tariffe "così alte da costringere le aziende di chip a venire a costruire le loro fabbriche da noi, senza spendere un centesimo".

Il problema di questo approccio, però, è che le tariffe sono tasse sulle importazioni che colpiscono solo le aziende e i consumatori americani, senza alcun impatto diretto sulla Cina. Un danno reale potrebbe verificarsi solo se le tariffe distruggessero l'economia statunitense al punto da far crollare gli scambi commerciali tra i due Paesi, facendo perdere affari agli esportatori cinesi. Ma in questo scenario, l'economia americana si troverebbe nel pieno di una recessione.

SMIC, ora il terzo produttore di chip al mondo dopo TSMC e Samsung Foundry, è attualmente limitata alla produzione di chip non più avanzati di 7nm. Il blocco da parte di Stati Uniti e Paesi Bassi della vendita di macchinari EUV alla Cina non ha fermato gli sforzi cinesi per sviluppare tecnologie alternative per competere con gli smartphone dotati di chip più veloci ed efficienti dal punto di vista energetico.

La partita per la supremazia tecnologica si gioca ora più sul campo dell'innovazione che su quello delle restrizioni. Resta da vedere se la prossima amministrazione seguirà questa linea o tornerà a una politica più aggressiva basata su sanzioni e tariffe, con il rischio di danneggiare l'economia americana senza ottenere risultati concreti. Il futuro dell'industria dei chip, e più in generale degli equilibri tecnologici globali, dipenderà in larga misura dalle scelte che verranno fatte nei prossimi mesi.

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