Huawei continua a crescere nonostante ban e virus

Nei primi sei mesi del 2020, Huawei ha messo a segno un fatturato pari a 64,24 miliardi di dollari con un incremento del 13,1% su base annua.

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a cura di Lucia Massaro

Huawei ha annunciato i risultati finanziari relativi ai primi sei mesi del 2020. Nonostante le difficoltà che ha dovuto affrontare, il colosso cinese ha messo a segno un fatturato pari a 64,24 miliardi di dollari con un incremento del 13,1% su base annua. La società asiatica è riuscita ad aumentare anche il suo margine di profitto netto passando dall’8% al 9,2%.

I Business Group Carrier, Enterprise e Consumer di Huawei hanno realizzato rispettivamente un fatturato di 22,58 miliardi, 5,14 miliardi e 36,19 miliardi di dollari. Per il momento, però, non sono stati rilasciati dettagli in merito alle singole cifre riportate. Dati comunque interessanti alla luce delle difficoltà incontrate da Huawei: Covid-19 da una parte e divieto statunitense dall’altra.

Durante il periodo di pandemia, infatti, le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni sono diventate uno strumento cruciale sia per combattere il virus che per la ripresa economica. È questo infatti uno dei settori che ha contribuito alla crescita del colosso di Shenzhen.

Ad ogni modo, Huawei continua a crescere ma a un ritmo più lento dello stesso periodo dello scorso anno quando nei primi sei mesi del 2019 è cresciuta del 23,2% su base annua. Con le poche informazioni disponibili, è difficile dire se il rallentamento è causato dalle tensioni con gli Stati Uniti o dallo scoppio della pandemia che ha avuto un impatto su tutti i settori.

Il comunicato stampa della società si conclude con la promessa di Huawei di “continuare ad adempiere ai propri obblighi nei confronti di clienti e fornitori e di sopravvivere, andare avanti e contribuire all'economia digitale globale e allo sviluppo tecnologico, indipendentemente dalle sfide future che l'azienda dovrà affrontare.” Il pensiero non può che andare alla questione aperta con gli Stati Uniti e ad altri Paesi europei, come la Gran Bretagna, che intendono chiudere le porte al colosso cinese.

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