Nel corso del G20 di Osaka, gli Stati Uniti e la Cina hanno riaperto i negoziati sulla guerra commerciale arrivando a una tregua. Oltre a bloccare l’aumento dei dazi al 25%, il presidente Donald Trump ha affermato che le aziende statunitensi potranno continuare a vendere beni a Huawei. La concessione è relativa a “attrezzature che non rappresentano un grosso problema di sicurezza nazionale”.
Quindi, il produttore cinese è fuori dalla Entity List? No, o almeno non ancora. Sulla questione è intervenuto il presidente del Consiglio economico nazionale, Larry Kudlow, che ha tenuto a precisare che non si tratta di “un’amnistia generale” nei confronti di Huawei. La società di Shenzhen, infatti, continuerà a far parte della blacklist che include quelle aziende i cui scambi commerciali sono limitati in quanto rappresenterebbero un problema per la sicurezza nazionale.
La tecnologia statunitense che Huawei può acquistare deve essere costituita da componenti e software disponibili in tutto il mondo. Per esempio, alcuni chip venduti da società statunitensi sono disponibili presso altri fornitori in altri Paesi. “Tutto ciò che accadrà è che il dipartimento del commercio concederà alcune licenze aggiuntive in caso di disponibilità generale" per le parti necessarie all'azienda cinese.
A questo punto, un grande punto interrogativo si pone a proposito di Google e del suo sistema operativo Android utilizzato sugli smartphone Huawei. Mentre il robottino verde è open source, i servizi Google invece devono essere concessi in licenza dal gigante di Mountain View e non sono “ampiamente disponibili in altri Paesi”. Cosa succederà, dunque, in questo caso? Difficile dirlo. A prescindere da questo aspetto, comunque, Huawei continua a lavorare al famoso piano B che prevede lo sviluppo di un sistema operativo proprietario che possa sostituire Android.
Insomma, sono segnali positivi per Huawei ma le dichiarazioni di Trump hanno incontrato il disappunto di alcuni membri di Camera e Senato preoccupati che il produttore cinese possa avere stretti legami con le agenzie di intelligence di Pechino, accuse più volte respinte da Huawei stessa. Kudlow, infatti, ha affermato che l’accordo raggiunto ad Osaka “non è l’ultima parola” e che le preoccupazioni su Huawei saranno protagoniste delle prossime discussioni. La situazione è davvero complessa, staremo a vedere come si evolverà e cosa succederà dopo il 19 agosto, giorno in cui termina la proroga concessa da Trump.
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