In seguito all'arrivo di Android 15 lo scorso Ottobre, che ha imposto nuovi standard minimi per lo spazio di archiviazione, Google ha cambiato i requisiti minimi del suo sistema operativo. In un'era in cui app e software diventano sempre più ingombranti, il colosso di Mountain View ha deciso di alzare l'asticella richiedendo uno spazio minimo di 32GB per tutti i dispositivi che vorranno utilizzare la nuova versione del sistema operativo. Questa mossa, apparentemente tecnica, ha profonde implicazioni per il mercato degli smartphone economici, più che per l'esperienza utente in generale.
Secondo un rapporto dettagliato di Android Authority, la nuova politica di Google rappresenta un raddoppio rispetto ai precedenti requisiti di Android 13, che prevedevano un minimo di 16GB. La nuova normativa stabilisce inoltre che il 75% di questi 32GB debba essere dedicato al sistema operativo e alle app preinstallate, lasciando all'utente finale uno spazio effettivamente utilizzabile piuttosto ridotto. Questa decisione riflette la crescente complessità del sistema operativo e delle applicazioni Google, che richiedono sempre più risorse per funzionare correttamente.
L'applicazione di questa nuova regola avviene principalmente attraverso una strategia indiretta: Google non impedisce tecnicamente l'installazione di Android 15 su dispositivi con meno memoria, data la natura open-source di AOSP (Android Open Source Project), ma limita l'accesso ai Google Mobile Services (GMS) per i dispositivi che non rispettano i nuovi standard. Senza GMS, uno smartphone Android perde alcune funzionalità essenziali come il Play Store, rendendo di fatto impossibile un'esperienza utente completa.
Questa nuova politica colpisce principalmente il segmento ultra-economico del mercato, dove ancora si trovano molti dispositivi con soli 16GB di memoria. Tuttavia, anche in questa fascia, la tendenza è già verso una maggiore capacità di archiviazione. Il BLU View 5 Pro, per esempio, nonostante il prezzo estremamente contenuto di circa 50 dollari, offre già 64GB di spazio, il doppio del nuovo requisito minimo richiesto da Google.
Nella fascia medio-bassa del mercato, 64GB è ormai diventato lo standard minimo accettabile, con molti produttori che offrono configurazioni di base a partire da questa capacità. La nuova soglia di 32GB sembra quindi essere stata fissata per eliminare gradualmente dal mercato i dispositivi con archiviazione insufficiente, che offrono un'esperienza utente insoddisfacente.
Un aspetto interessante riguarda anche i cosiddetti "dumb phone", dispositivi che pur avendo Android come sistema operativo, puntano su funzionalità essenziali e ridotte. Anche questi dovranno adeguarsi al nuovo standard per continuare a offrire accesso al Play Store. Curiosamente, alcuni modelli come il Minimal Phone, progettato per ridurre le distrazioni digitali, offrono già 128GB nella configurazione base, ben oltre il nuovo minimo richiesto.
Nonostante la crescente dipendenza degli utenti dai servizi di archiviazione cloud, Google riconosce che i dispositivi necessitano comunque di un certo quantitativo di memoria locale per ospitare le applicazioni che facilitano l'accesso a questi servizi. Anche con foto, video e documenti spostati sul cloud, le applicazioni stesse continuano a crescere in dimensioni e complessità, richiedendo più spazio sul dispositivo.
Questa evoluzione dei requisiti tecnici minimi rispecchia una tendenza più ampia nel settore tecnologico: l'aumento della complessità software porta inevitabilmente a una maggiore richiesta di risorse hardware. Per gli utenti, questo significa dispositivi più costosi anche nella fascia economica, ma anche un'esperienza d'uso potenzialmente migliore, con meno limitazioni dovute alla scarsità di memoria disponibile per app e contenuti.