Il caso battery gate fonda le sue radici nel 2014 con Apple chiamata in causa a rispondere di obsolescenza programmata per i suoi terminali iPhone 6, 6 Plus, 6s e 6s Plus con iOS 10.2.1.
Dopo tutto l'iter di verifica e controllo, nel 2018 si chiuse l'istruttoria con la società di Cupertino condannata a pagare 10 milioni di euro in Italia per aver condotto pratiche scorrette nei confronti dei consumatori.
Apple ha provato a difendersi ma nulla è valsa la documentazione allegata. Alla fine il TAR del Lazio ha deciso di condannare Apple per obsolescenza programmata, con anche la documentazione prodotta dell'Autorità Antitrust.
Nuovo giro, nuova corsa. Nelle scorse ore Apple è stata richiamata in causa dallo Stato dell'Arizona, con la partecipazione di altri Stati USA. La motivazione è sempre la medesima: iPhone 6, 6 Plus, 6s, 6s Plus che con iOS 10.2.1 hanno iniziato a perdere potere prestazionale e spingevano i clienti a cambiare il proprio smartphone.
Questa nuova inchiesta arriva dopo l'ennesima che è stata conclusa a maggio 2020, sempre in America. L'esito è rimasto il medesimo, Apple colpevole. In questo caso è stata decisa una sanzione pecuniaria di 500 milioni di dollari, al fronte di una class action. Non è bastato il correre ai ripari aggiungendo una nuova funzione all'interno dell'aggiornamento successivo di iOS, che calcolava lo stato di usura della batteria e spiegava cosa stava succedendo allo smartphone qualora si spegnesse anche improvvisamente.
Insomma, abbiamo ripercorso brevemente ciò che è successo ad Apple negli anni per la questione battery gate. E' ovvio che se le accuse dovessero rimanere le medesime, i precedenti danno poco scampo ad Apple che si vedrà costretta a pagare ancora - e ancora - le nuove multe che arriveranno.
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