In piena estate abbiamo riportato la notizia di uno studente italiano, Cesare Mencarini, che ha sviluppato un piccolo reattore basato sulla fusione nucleare. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Cesare per capire meglio come è giunto a questo risultato e quale è stato il suo percorso.
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Dopo ho partecipato a un camp di ingegneria a Cambridge. Mi sono trovato molto bene con la città; volevo già tornare in Inghilterra da un po', ma non avevo mai concretizzato l'idea. Mi ha detto che c'era una scuola che stava aprendo un nuovo campus, il Cardiff Sixth Form College, che nonostante il nome è a Cambridge, e non a Cardiff. Ho frequentato quella scuola per altri due anni.
Ho fatto i miei A-Levels e ho ottenuto 5 A+, il massimo punteggio possibile. Ora devo decidere cosa fare: o andare a Torino per studiare ingegneria spaziale all'Università, oppure, se riescono a inviarmi un contratto in tempo, lavorare per un anno a Bristol, all'università, come tecnico. Lì potrei lavorare su reattori a fusione nucleare e sviluppare nuovi progetti. Dopo quest'anno, farei di nuovo richiesta a Cambridge, visto che quella dell'anno scorso è stata rifiutata, e con un po' di fortuna e impegno spero di riuscire a entrare.
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Mi sono appassionato ancora di più quando mi sono integrato con un gruppo di dottorandi all'università di Cambridge, che mi hanno spiegato tantissime cose, sia sui reattori a fissione nucleare, sia sui modelli Monte Carlo per la neutronica. In pratica, si tratta di simulazioni di neutroni attorno a un reattore. Questa passione per l'ingegneria, però, l'ho avuta fin da piccolo.
Mio padre è ingegnere elettrico, mentre mia madre è designer, quindi sono cresciuto in un ambiente molto scientifico e tecnologico.
Il mio primo vero incontro con la robotica è avvenuto quando avevo circa 10-12 anni. Mio padre portò a casa una scheda elettronica (Arduino). Con quella scheda si può programmare, creare circuiti, gestire sia l'hardware che il software, permettendo di sperimentare e divertirsi. Si possono fare tantissime cose, dai piccoli robot all'uso di sensori, ed è un modo fantastico per avvicinarsi e immergersi nel campo.
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Quando mi hanno spiegato l'EPQ, mi hanno detto che potevo scegliere tra scrivere un testo lungo di circa 5000 parole oppure fare un progetto materiale fisico e poi scrivere un report più breve su quello. Ovviamente ho scelto di sviluppare un progetto fisico e di scrivere un report su quello. Una sera, mentre guardavo YouTube, mi è apparso un video che ha attirato la mia attenzione.
Dato che ho molti interessi legati all'ingegneria, mi sono imbattuto in un video che parlava di "fusori", reattori a fusione nucleare che, non dico facilmente, ma possono essere sviluppati anche a livello domestico. Quello che mostrava nel video era molto rudimentale, ma era un buon prototipo per dimostrare la tecnologia.
Dopo aver fatto ulteriori ricerche, ho scoperto cos'è un fusore e mi sono immerso nel campo della fusione nucleare. Così ho deciso di sviluppare questo progetto per il mio EPQ.
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Questa griglia viene sospesa al centro del reattore, e si applica un voltaggio di circa -30 kV. Di solito questi reattori operano a questa tensione, anche se per generare plasma bastano -5 kV. Ovviamente per ottenere una differenza di potenziale così elevata servono fonti di corrente molto potenti e costose. È proprio questo componente critico che mi manca per poter creare la fusione e generare neutroni.
In un mondo teorico, avresti la griglia a -30 kV e il guscio esterno del reattore a 0. Ogni molecola all'interno del reattore verrebbe ionizzata, diventando un catione, ossia uno ione positivo, che verrebbe attratto dalla griglia carica negativamente. Le cariche opposte si attraggono, quindi queste particelle vengono accelerate verso la griglia.
Le particelle possono fare diverse cose: possono collidere con la griglia, mancare la griglia e proseguire dall'altra parte, oppure collidere con un altro ione. Se due ioni collidono con sufficiente energia, possono fondersi. Ci sono moltissimi aspetti di fisica, tra cui quella quantistica, che entrano in gioco, come la barriera di Coulomb e il tunnel quantistico. Sono tutti fenomeni che contribuiscono a questo processo, ma in termini semplici, è così che funziona.
Altri reattori, come ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), utilizzano un dispositivo chiamato Tokamak, che ha una forma simile a una ciambella. In questo caso, si usano magneti per confinare il plasma, e una volta confinato, si può ottenere la fusione in maniera più stabile.
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Università come Cambridge offrono corsi di ingegneria generale, che sarebbero perfetti per me perché mi permetterebbero di esplorare diversi campi dell'ingegneria. Quello che voglio fare è appunto approfondire vari settori, in modo da poter poi combinare diverse tecnologie. Ad esempio, si possono usare tecnologie nucleari per la propulsione di dispositivi spaziali, unendo così ingegneria nucleare e aerospaziale. Questo è ciò che immagino per il mio futuro.
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L'unico problema è che l'incidente di Chernobyl non è stata un'esplosione nucleare, ma un'esplosione di vapore e acqua. L'acqua all'interno del reattore ha raggiunto il punto di ebollizione, facendo esplodere l'intero reattore. Le radiazioni rilasciate provenivano dai cosiddetti "fission products", cioè i prodotti della fissione nucleare, come il cesio. Il cesio ha un'emivita molto lunga, il che significa che impiega molto tempo a decadere e nel frattempo rilascia radiazioni ionizzanti, che sono estremamente pericolose, soprattutto perché possono essere trasportate nell'atmosfera dalle correnti d'aria.
La fusione nucleare, invece, è molto più sicura. Perché? Perché richiede un ambiente quasi perfetto per confinare il plasma e generare la fusione nucleare. Se, per esempio, si spegnessero i magneti che confinano il plasma, quest'ultimo si dissolverebbe immediatamente. Andrebbe a sbattere contro le pareti del reattore e rilascerebbe energia termica contro di esse, ma non causerebbe problemi enormi. Basterebbe sostituire quella parte danneggiata e il reattore tornerebbe operativo senza conseguenze gravi.
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La seconda cosa importante è lavorare su progetti, perché ti permettono di costruire una rete di contatti molto utile. Da quando ho iniziato il mio progetto in Inghilterra, ho sviluppato una rete di contatti enorme, soprattutto con esperti dell'università di Cambridge. Queste connessioni ti aiuteranno nel futuro, quindi è davvero importante impegnarsi in progetti ambiziosi, come il mio, per conoscere persone esperte nel campo e imparare molto di più.
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